Volo libero

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VOLO LIBERO

 

Stamane, volo alto.

Dopo essermi staccato dal suolo, sfrutto le correnti d’aria, che arrivano dalle montagne, e plano, lungo i dirupi e le valli, in gole strette, che si aprono a nuovi orizzonti, mentre dimentico il peso del corpo e resto a mirare orizzonti infiniti.

Sono libero.

Laggiù, verso la terra bruciata, rimasta incolta, in mezzo alle città grigie e arroccate, scoscese e incrostate di bruttezza, vili grappoli di silenzi osceni, che non prestano attenzione al pianto di nessuno.

Intravedo aborti, venduti per civiltà, ma capisco che è la civiltà della morte e della sciatta chiusura alla vita.

Medici, con camici bianchi, che mostrano le grinze oscure dell’etica negata, ma capisco che trattasi di anime indurite, attraverso percorsi di formazione ove l’obiettivo è la propria carriera.

Scienza, partorita in cattività, che oscura i raggi del sole, per contarne i riflessi in una stanza buia, ma capisco che è morta la vita e la gioia di svegliarsi in un letto profumato di rose.

Una chiesa, con pareti asfaltate di peccati, come cemento, per unire pezzi di miracoli rotti dalla banalità e dalla menzogna, ma capisco che si tratta di officine della tortura per offuscare la bellezza di questo paradiso.

La Legge, come prostituta impura, che si aggira nei bordelli delle paure ammantate e dei diritti, arrogantemente proclamati, ma capisco che è la sifilide dei tempi che ci impedisce di cantare tutti insieme felici.

La guardia di finanza, che arruola ragazzi di famiglie povere per scagliarli con cattiveria contro il loro padri, ancora sudati di fatica e madidi del sudore della morte, dopo una vita stentata, ma capisco che si tratta di santità ancora nel bocciolo del risveglio delle coscienze.

Finanzieri grassi, che mangiano di notte, ignari dell’infarto in attesa, con l’anima fratturata dal vuoto del vizio di torturare la gente, ma capisco che il loro corpo, pesante e sporco, non riesce ad aprire le ali per seguirmi nel volo.

Banche come cimiteri, con loculi smaltati, in cui conservare la memoria delle corse bambine e sognare per sé un futuro, diverso da quello che beffardamente si garantisce alle persone, ma capisco che l’ipocrisia dipende dal posto fisso, in tutti i sensi, che li tiene fermi, come cadaveri dietro a scrivanie corrose dalle lacrime.

Giudici vestiti di nero, come la scalogna che alberga nel loro cuore, avidi di potere, come lucifero con ali massacrate dal peso dei peccati commessi contro innocenti, ma capisco che il timore di dio non li acceca nemmeno quando si credono icaro.

Com’è bello non usare mai le maiuscole!

Poliziotti e carabinieri, con divise logore e corrose dal sudore, che vantano autorità, caduta dal cielo, come meteore in mezzo alla pochezza dell’ignoranza e della prepotenza al servizio del male, ma capisco che si tratta di sogni infranti dal bisogno di comprare le merendine ai propri figli, e poi, forse, pure la droga.

Guardie municipali, capaci di multare anche le mosche sulla merda, per sfruttamento illecito di schifezza pubblica, aggravata da collusione in diretta, ma capisco che un giorno piangeranno più dei finanzieri.

Lavoro ai giovani, come droga mortale, per paralizzare il sogno della loro anima, ma capisco che dovranno cadere, parecchie volte, prima di capire.

Persone, dimentiche della propria bellezza, come scarabei ingozzati di denaro, come di sterco, schiacciati, all’improvviso, dallo zoccolo del mulo, ma capisco che il terrore dei loro occhi, nel momento della fine, servirà a spiegare ai bambini che cosa non bisogna diventare da grandi.

Televisioni, radio e giornali, nella melma della fogna, che alimenta il nulla, di cui i figli dei capi patiscono, fra un vuoto e un vuoto, mentre arriva il loro destino, ma capisco che vi è tanta paura, specialmente di non essere mai stati degli uomini.

Ricchezze grandi come mondi, che poggiano sulla paura di guardarsi allo specchio, ma capisco che non hanno mai conosciuto l’amore, e non hanno mai nuotato da soli nell’acqua ghiacciata.

Case famiglia, come trappole per bambini perduti fra il nulla che preme e quello che risucchia, frutto losco della peggiore fatta di giudici e altri malati di mente, che pretendono di gestire la felicità, ma capisco che loro, per primi, abitano in una grande casa dell’horror e non riescono a trovare il proprio cuore.

Suicidi impiccati e lanciati nel vuoto, creato anche dal loro rifiuto a voler essere eroi, ma capisco che hanno vinto una paura, pensando di vincerle tutte. Peccato!

Verità spezzettate, come frammenti di splendidi animali, tenuti in colture, per produrre cellule, da incatenare con la bugia, ma capisco che occorrono più passeggiate nei boschi e paesaggi incantati di notte.

Brave persone, che combattono per la giustizia e, sul più bello, accusano chi non paga le tasse, ma capisco che hanno lavorato per raccomandazione e non hanno mai aiutato veramente nessuno.

Santi ovunque, silenziosi, senza ambizioni, che si vantano per l’aria che arriva sui loro passi e ringraziano la provvidenza, ma capisco che molti di loro non realizzeranno mai quante altre persone avrebbero potuto aiutare.

La crisi del mondo, come l’incapacità di guardarsi negli occhi, ma capisco che troppo si pensa, senza pensare, e si ama, senza amare.

Molte bocche, aperte, per parlare, per mangiare, per pregare, denunciare, vantare, rimproverare, criticare, esaminare, restituire, ma senza aver mai provato a toccarsi i denti, uno ad uno, con la punta della lingua.

Pazienze infinite, che accolgono tutto il pianto del mondo, usano la verità che fa male, la trasformano in lievito, e promuovono la scienza della vita, la scienza dell’economia, creano centri di recupero per funzionari del male, e si fanno spiegare, da questi, come migliorare sé stessi e poter fare del bene.

Un grande alimento, che arriva dal cuore di tutti, sarà in grado di sfamare il mondo intero, senza chiedersi se è giusto nascere, perché, venire al mondo, sarà tutt’uno con una nuova espansione del mondo stesso.

L’infinito nel cuore, per volare liberi il più in alto possibile.

 

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