E’ un onore per me riportare, nel mio sito, questo importante documento del Collega Fernando Piterà, che ritengo uno dei massimi esponenti dell’Omeopatia mondiale di alto livello, come si può apprezzare dalla Sua lucida trattazione in occasione di uno dei più squallidi attacchi ai Medici Omeopati.
Quando “scienza” e pregiudizio coincidono
Dott. Fernando Piterá
Medico Chirurgo (Genova), Doctor in Biological Science h.c. (Albany, N.Y.)
Docente in Omeopatia, Fitoterapia e Bioterapie
presso l’Università degli studi di Milano.
“Può sembrare strana, ma spesso è vera, l’affermazione che in molti casi, se gli esseri umani avessero appreso di meno, il loro cammino verso la conoscenza sarebbe stato più breve e anche più facile. Infatti, è decisamente più rapido e più facile procedere dall’ignoranza alla conoscenza, che cominciare dall’errore. Coloro i quali sono già nell’errore, devonodisimparare prima di poter apprendere qualcosa di utile. La prima parte di questo duplice compito è la più ardua sotto molti punti di vista; è per questa ragione che la si intraprende raramente”.
Bolingbroke
“I sapienti hanno negato l’esistenza dell’America, hanno negato il movimento della Terra, hanno negato la circolazione del
sangue, hanno negato la vaccinazione, hanno negato la potenza del vapore. E Cristoforo colombo vi ha risposto, scoprendo l’America, Galileo provando che la Terra gira, Harvey facendo riconoscere il suo sistema al mondo intero, Jenner domando il vaiolo umano, Fulton spingendo i bastimenti mediante il vapore”
Alessandro Dumas
“L’inerzia della mente umana e la sua resistenza all’innovazione si dimostrano più chiaramente non, come si potrebbe pensare, nelle masse incolte, le quali vengono facilmente trascinate una volta che è stata colpita la loro immaginazione, ma bensì nei professionisti coi loro interessi acquisiti per tradizione e per il monopolio del sapere. L’innovazione costituisce una duplice minaccia per le mediocrità accademiche: essa mette in pericolo la loro autorità di oracoli ed evoca il timore più profondo che tutto il loro edificio intellettuale, laboriosamente costruito, possa crollare”
Arthur Koestler: da “I Sonnambuli”
Anche se non è nostra abitudine rispondere sulla rivista agli e- mail che riceviamo, questa volta facciamo un’eccezione per rispondere alla comunicazione inviataci dal Prof. Silvano Fuso, segretario del CICAP- Liguria, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Vi proponiamo integralmente sia la comunicazione ricevuta che la risposta del diretto interessato, il Dott. Fernando Piterá.
Comunicazione
Egr. Dott. Fernando Piterá,
il Prof. Paolo Aldo Rossi (che ringrazio) mi ha fatto pervenire l’ultimo numero della Vs. rivista “Anthropos & Iatria” (gennaio-marzo 2001). Ho molto apprezzato la grafica e la veste editoriale della rivista. Purtroppo non posso dire altrettanto dei contenuti, che mi hanno suscitato non poche perplessità. In particolare vorrei riferirmi ai Suoi due articoli dedicati all’Omeopatia: “Divina Omeopatia” (pag. 36) e “Teoria delle alte diluizioni e aspetti sperimentali” (pag.76).
Del primo articolo mi ha colpito il tono violentemente accusatorio nei confronti del servizio di SuperQuark. Al di là delle accuse rivolte a Piero Angela e della continua denuncia di persecuzioni nei confronti dell’Omeopatia, non mi sembra che nell’articolo vengano proposte motivazioni e dati sufficienti concreti a difesa della sua validità. Comunque non è su questo articolo che voglio dilungarmi.
Al contrario vorrei soffermarmi sul secondo. In quello che Lei scrive, vengono date per acquisite le teorie proposte nel libro di Conte, Berliocchi, Lasne e Vernot. Prova ne è che Lei a pag. 78 afferma: “Le alte diluizioni omeopatiche hanno ormai il loro posto nel corpus delle conoscenze scientifiche”. Chiunque abbia un minimo di conoscenze chimico-fisiche non può che sorridere di fronte alle balzane teorie degli autori francesi. Vorrei ricordarLe che, a proposito del libro, il Prof Claude Hennion, dell’Ecole Superieure de Physique, ha scritto: “Si tratta di un libro destinato a confondere il lettore, visto che per uno scienziato è totalmente incomprensibile. O si tratta di uno scherzo, o i quattro ricercatori sono completamente pazzi, ma se si prendono sul serio la cosa è drammatica”. Inoltre il premio Nobel per la fisica Georges Charpak ha fortemente ironizzato sui contenuti del libro, dopo che esperimenti condotti sotto la sua supervisione non hanno minimamente confermato quanto
esposto nel libro e il Prof. Jean Jacques del College de France è arrivato al punto di dire che: “La memoria dell’acqua è una vasta operazione di rincretinimento del pubblico”.
Comunque se Lei è veramente convinto della validità delle teorie esposte nel libro e dell’efficacia terapeutica dei rimedi omeopatici, non avrà difficoltà ad accettare quanto sto per proporLe. Da tempo il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) ha invitato gli omeopati a fornire prove concrete di quanto da loro affermato. Vorrei rivolgere anche a Lei questo invito. Noi proponiamo che Voi omeopati prepariate un rimedio omeopatico a Vs. scelta ad alta diluizione (superiore al limite di Avogadro) in un certo solvente (miscela idro-alcolica o altro). Il rimedio viene posto in un certo numero di flaconi. In egual numero di flaconi identici noi introduciamo solamente il solvente. Alla presenza di un notaio (o di altri soggetti “super partes” scelti congiuntamente) contrassegniamo i flaconi con dei codici a Voi ignoti. Vi consegniamo tutti i flaconi e Voi dovete semplicemente riconoscere quelli che contengono il Vs. rimedio omeopatico. Potete ricorrere ai metodi che preferite: sperimentazione clinica, misure di emissione di “raggi beta”, di “iperprotoni”, rivelatore di “buchi bianchi” o quant’altro. Se riuscirete a distinguere il Vs. rimedio dal solvente sarebbe per Voi un grande successo. Si potrà pubblicare il risultato dello studio su qualche importante rivista e finalmente offrirete alla comunità scientifica le prove inconfutabili che conferiranno la tanto agognata dignità scientifica alla Vs. disciplina. Noi saremo i primi a riconoscere pubblicamente che i rimedi omeopatici sono diversi….dall’acqua fresca. A noi sembra una proposta ragionevole. Sicuramente avete da guadagnare molto più Voi in caso di successo che noi nel caso di una Vs. eventuale sconfitta. Noi non abbiamo nessun interesse in merito e nessun preconcetto: vogliamo semplicemente fare chiarezza per amore della verità.
Certo che anche Lei sarà sicuramente animato dallo stesso amore per la verità, confido in una Sua cortese risposta affermativa.
Ovviamente avremo modo di concordare meglio insieme i dettagli del protocollo sperimentale da seguire. In attesa di un Suo cortese riscontro, Le porgo i miei più distinti saluti.
Prof. SILVANO FUSO, Segretario del CICAP-Liguria.
Premessa
Egr. Prof. Silvano Fuso, sono lusingato che lei abbia apprezzato almeno la veste grafica della nostra Rivista ma ero già altrettanto certo, ed era comunque ovvio e scontato, che avrebbe dissentito sul contenuto. Sarebbe meglio dire su parte del contenuto, ovvero quello riguardante l’Omeopatia! Mi sembra che esprimere il proprio giudizio su 100 pagine di rivista (sempre che le abbia lette) su di un solo articolo (il mio) e sulla recensione di un libro, i cui argomenti, è notoriamente risaputo, esserle estremamente indigesti, non sia proprio l’espressione di una valutazione obbiettiva e fa comunque torto agli altri autori che non si sono occupati, né mai si occuperanno dell’argomento in oggetto, perché esperti in altre discipline.
Questo fatto di per se, la dice già lunga sul suo modo di valutare le cose. Ma mi viene il dubbio che Lei non abbia nemmeno letto i sottotitoli della copertina; se così fosse si sarebbe accorto che ANTHROPOS & IATRIA si occupa di Studi e Ricerche sulle Medicine Antropologiche e di Storia delle Medicine e non solo della Medicina che piace a lei o al CICAP. Infatti, trovano spazio nella nostra Rivista, tutte quelle “Medicine altre” o “Medicine di frontiera” che hanno avuto e continuano ad avere significato storico, metodologico, culturale e sociale, rappresentando quindi parte importante del patrimonio storico, conoscitivo, umanistico e antropologico nel difficile cammino della ricerca scientifica e medica. Ciò vale a dire che non ci occupiamo di medicine “alla moda” qualunque esse siano, ortodosse o eterodosse: primo perché la Medicina Ufficiale ha già autorevoli riviste e mezzi di formazione e informazione a disposizione che si occupano alacremente di essa, secondo perché le “Medicine” che non hanno ancora né una storia né una geografia non rientrano nei nostri interessi. Come vede, in tutti i casi, volenti o nolenti, siamo fuori dal coro e non possiamo o dobbiamo necessariamente piacere a tutti, e a maggior ragione piacere a chi invece nel “coro” ha trovato la giusta collocazione. In questo contesto, riteniamo l’Omeopatia – a Lei piaccia o no – essere una Medicina Antropologica nel senso più completo e profondo del termine, la quale possiede già oltre duecento anni di storia, e che affonda le proprie radici nel pensiero medico occidentale e soprattutto in quello ippocratico, prima ancora di quello hahnemanniano.
La scienza, e più in particolare la Medicina, non sono la “terra delle certezze” come lei pretende di credere, ma delle “certezze” che cambiano di volta in volta, e cambiano ormai così rapidamente che è davvero difficile avere certezze che durino qualche tempo ragionevole. Noto invece che Lei di certezze ne ha molte e sono sinceramente “ammirato” per la sua monolitica e dogmatica sicurezza in tutto ciò che è “misurabile”. Sono infatti convinto che alcuni individui sarebbero capaci di restare aggrappati a tali sicurezze sino alla morte termica dell’Universo, che avverrà – se non vado errato – tra circa 50 miliardi di anni. Ora, se è vero che nella scienza ciò che contano sono i dati, è anche vero che “…un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa”. (Henri Poincaré, La scienza e l’ipotesi). Se con Euclide la somma degli angoli di un triangolo è di 180° e le parallele non si intersecano mai; ci sono voluti più di duemila anni perché i matematici fossero dell’idea che esistessero altre possibilità di definire uno spazio e rappresentare le sue figure. E ci volle ancora circa mezzo secolo perché un fisico, Albert Einstein, vedesse che un’alternativa non euclidea aveva un significato effettivo per l’Universo e apparteneva alla realtà del nostro cosmo. Esistono dunque spazi curvi nei quali le parallele si intersecano e la somma degli angoli dei triangoli può risultare maggiore o minore dei classici 180°. Questo non significa che i modelli di pensiero dominanti siano inutili o dannosi all’avanzamento delle scienze: per affermarsi, infatti, un nuovo modello deve riscuotere successi concreti, anche se la storia ci insegna che spesso, nonostante l’evidenza di fatti concreti, nuovi e validi modelli sono stati comunque boicottati. La teoria di gravitazione universale di Newton ad esempio, pur contenendo varie inesattezze che vennero poi corrette dalla teoria della relatività, consentì ugualmente di compiere enormi progressi scientifici.
Il vero problema è che spesso i modelli mentali si fossilizzano, diventando l’intoccabile patrimonio culturale di un’intera generazione, e qualsiasi contestazione viene vista come un attacco distruttivo al sistema. E così ogni scienziato sospettato o marchiato di “eresia” oggi come ieri viene preso per pazzo, viene ridicolizzato o silenziosamente estromesso dalla comunità scientifica. Scriveva Max Planck in La filosofia della fisica: “Di rado un’importante innovazione scientifica si fa strada convincendo e convertendo gradualmente i suoi oppositori. Quel che accade, è che gradualmente gli oppositori scompaiono e la nuova generazione si familiarizza con quell’idea sin dalla nascita.” Il problema si pone quindi nei termini di quali strumenti di misurazione la “Scienza” dispone di volta in volta per misurare fenomeni. Riguardo l’omeopatia esistono già pubblicazioni e lavori condotti in doppio cieco che sono a favore dei risultati ottenuti con rimedi omeopatici contro placebo. Anche se devo dire che tutti i lavori sinora ritenuti validi sono sempre stati metodologicamente “mortificati” nella loro reale espressività per la difficoltà di introdurre nei canoni della sperimentazione ortodossa il principio di similitudine e la legge di analogia che sono alla base della prescrizione e dell’efficacia dell’omeopatia. Ma pur con questa enorme limitazione i lavori sinora apparsi e ritenuti metodologicamente validi hanno dimostrato non solo l’efficacia dei rimedi omeopatici, ma hanno escluso l’effetto placebo degli stessi.
Il ragionamento che i detrattori dell’Omeopatia fanno è pressappoco questo: abbiamo osservato che l’effetto dei rimedi omeopatici è superiore all’effetto placebo ma poiché l’Omeopatia non può assiomaticamente funzionare, in quanto essa stessa è un effetto placebo, non ci resta che concludere che abbiamo interpretato male i dati della sua efficacia! Oppure la logica di analisi è pressappoco questa: abbiamo osservato un fenomeno, lo possiamo riprodurre e verificare, ma non possiamo ancora misurare alla fonte ciò che lo determina, allora non ci resta altro da fare che negare l’esistenza di tale fenomeno solo perché non abbiamo ancora gli strumenti per misurarlo! (Sic!). Sarebbe come asserire che un fulmine che ha incenerito un tizio non esiste perché non so ancora misurare l’energia che contiene. Provi a prendere un fulmine sulla testa e poi mi dica se non esiste!
Mi creda, nessun essere umano, dai primi ominidi in poi, avrebbe mai potuto negare l’esistenza del fulmine o aspettare che Franklin ne dimostrasse la natura elettrica il 15 giugno del 1752. Mi viene alla mente il caso di Franz Gussmann (1741-1806), professore di Storia Naturale all’Università di Vienna, il quale fu il primo a sostenere l’ipotesi che i meteoriti cadessero dal cielo. Nel 1785 scrisse un trattato sull’argomento, ma venne ovviamente ridicolizzato. Nove anni dopo un altro scienziato tedesco, Franz Chladni (1756-1827) confermò l’esistenza dei meteoriti e la teoria di F. Gussman, spiegando inoltre, che la loro origine cosmica era ampiamente provata dalle loro caratteristiche geologiche che erano diverse da quelle della Terra. Un intero staff di “scienziati” e sapientoni che costituiva il comitato di studio dell’Accademia delle Scienze concluse però che le prove dell’esistenza dei meteoriti non erano sufficienti e scientificamente attendibili. Cambiarono idea soltanto nel 1908, quanto un grosso meteorite cadde a Tunguska, in Siberia, provocando la distruzione di duemila metri quadrati di foresta. “ Lo scetticismo – diceva Claude Bernard, maestro della medicina sperimentale – perde le basi su cui edificare scientificamente; la sterilità del suo animo risulta ad un tempo dai difetti del suo sentimento e dall’imperfezione della sua ragione ”.
Come vede questo tipo di ragionamento contiene un vizio di forma che porta al dislogismo per cui tutto ciò che non è spiegabile con una teoria o misurabile con uno strumento, non esiste, anche se il fenomeno esiste, o è registrabile o e ripetibile!
Andiamo proprio bene! E lei vuole che io intavoli una discussione su tali premesse? Sarebbe come asserire che le onde elettromagnetiche non esistono perché Guglielmo Marconi non ha ancora scoperto il telegrafo senza fili. Oppure si potrebbe osservare che se i fisiologi avessero solo il termometro come strumento di indagine, essi riscontrerebbero solo modificazioni di temperatura in ogni manifestazione biologica. O ancora, sarebbe come se volessimo impadronirci del significato del contenuto di un libro con le sole analisi meccanica e chimica dei materiali di cui il libro è costituito, senza il “lettore” che comprenda il codice semantico e ci fornisca anche l’adeguata lettura e interpretazione di ciò che è scritto nel testo. Un giorno il grande Galileo chiese ad uno “scienziato” di guardare attraverso il suo telescopio per verificare la veridicità di alcune sue affermazioni. Il tipo, che dev’essere stato molto simile ad uno dei tanti e attuali scientisti e collezionisti di certezze, constatata l’identità delle prove, rispose candidamente che preferiva non guardare, perché le teorie di Aristotele non avrebbero più potuto spiegare ciò che egli stesso avrebbe potuto vedere. Ebbene, mi vengono in mente solo tre possibili spiegazioni: costui doveva senz’altro avere interessi da difendere o essere completamente in malafede, oppure era un perfetto idiota! Scelga Lei, oppure mi suggerisca qualche altra plausibile alternativa. Scrive Carrel che paradossalmente la scienza ignora l’uomo, perché “nell’uomo ciò che non è misurabile è più importante di ciò che si misura ”. È come dire che il pensiero, la coscienza, le emozioni, le sensazioni, la bellezza, non esistono in quanto non sono misurabili.
Risposta
Fatta questa doverosa premessa, passerò a rispondere nel dettaglio alla Sua comunicazione.
PUNTO PRIMO:
TONO ACCUSATORIO NEI CONFRONTI DI SUPER QUARK.
Lei si dice colpito del tono “violentemente accusatorio nei confronti del servizio di Super Quark”; ebbene le rispondo subito asserendo che invece di un “servizio” ritengo quello spettacolo essere stato un “sevizio” all’Omeopatia e un disservizio per i cittadini. Quella trasmissione è stata condotta in modo antidemocratico e, al di là del suo contenuto, era piena di errori ed orrori metodologici. Lo ribadisco anche qui – e mi assumo la responsabilità di ciò che scrivo – a mio avviso quel servizio era palesemente di parte, senza contraddittorio, disinformante, accusatorio e letteralmente pieno di scempiaggini, intendendo per “scempiaggini” le parole e le azioni inopportune con esempi sbagliati, al fine di fare “scempio”, deturpando, guastando e straziando posizioni diverse dalle proprie con la tracotanza di chi crede di possedere sempre la verità! E lei ha il coraggio di dirmi che ho usato un tono accusatorio nei confronti di un simile spettacolo e per aver detto ciò che penso. Cosa dovrebbero dire tutti i medici che utilizzano l’Omeopatia e tutti i pazienti che hanno avuto benefici da questa metodica? Mi risulta che il Signor Piero Angela quando prepara un servizio di argomento medico convenzionale, si rivolge a specialisti in materia perché gli siano da “faro” a ciò che deve dire (sono testuali sue parole). Ovviamente, per fare una trasmissione sull’Omeopatia cosa ha fatto? Non solo non ha interpellato nessun esperto in omeopatia per fargli da “lumicino”, ma è andato a cercarsi una schiera di incalliti detrattori dell’omeopatia per denigrarla a tutto campo, senza alcuna possibilità di replica; tutti hanno capito che l’intento era colposo, doloso e preparato ad arte! Ma c’è qualcosa di ancor più strano, di grave e di sospetto in tale atteggiamento: come mai farsi paladini di una crociata antiomeopatica proprio nel momento in cui la Comunità Europea ha emanato la direttiva riguardante la regolamentazione della produzione e del commercio dei farmaci omeopatici, i quali, finalmente anche in Italia, hanno assunto dignità farmacologica (Decreto Legislativo del 17 Marzo 1995, n. 185, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 22 Maggio 1995 e successive integrazioni). Mi dispiace per lei e per tutte le sue teorie, ma se far parte dell’Europa vuol dire anche questo, lei come tanti altri detrattori dell’Omeopatia che non sopportano il fatto di mandar giù questa pillola “amara”, dovrete accettare questo dato di fatto, anche se ritengo che si farà di tutto e di più per limitare con qualche legge vessatoria l’utilizzo del numero dei farmaci o delle diluizioni omeopatiche. È un film che ho già visto! Si consoli però, i granuli omeopatici non sono poi così amari, anzi sono decisamente dolci perché fatti di lattosio e, per gli allergici o intolleranti al lattosio, sono disponibili anche a base di saccarosio, e – cosa principale – nessuno La obbligherà mai ad assumerli contro la propria volontà, cosa che invece qualcuno vorrebbe fare limitando la libertà di scelta terapeutica.
Mi sembra quindi curioso il fatto che Piero Angela, o lei o il CICAP e i vari “tutori dell’ordine scientifico precostituito”
abbiate deciso di schieravi contro le direttive della Comunità Europea e contro il parere della F.D.A. (Food and Drug Administration) la quale considera i rimedi omeopatici alla stregua di veri e propri farmaci. Devo inoltre ricordarLe che recentemente il British Medical Journal (che certamente non è una rivista simpatizzante per l’Omeopatia) ha pubblicato una accurata revisione riguardante un centinaio di studi clinici omeopatici condotti con procedure di assoluta attendibilità e eseguiti negli ultimi 35 anni. Questi studi ha dimostrato l’efficacia dell’Omeopatia nel trattamento della cefalee, delle forme allergiche, nelle infezioni delle vie respiratorie, nelle malattie dell’apparato digerente, nei traumatismi articolari e nelle infezioni post operatorie. L’efficacia dell’Omeopatia nel trattamento delle allergie e dell’artrite reumatoide è stata recentemente pubblicata su Lancet e sul British Journal of Clinical Pharmacology. In Gran Bretagna, in Francia e Germania gli ospedali e gli ambulatori omeopatici sono da tempo parte integrante del sistema sanitario nazionale. Come vede o lei vive proprio fuori dal mondo, oppure è ostinatamente recluso nel suo universo di pregiudizi scientisti e quanto mai superate convinzioni anti-omeopatiche. Una bella presunzione la Vostra! Mi sembra davvero un comportamento curioso e a dir poco bizzarro! Spero non me ne voglia per la mia sincerità, ma con tutta onestà devo anche dirLe che personalmente del CICAP non me ne importa assolutamente nulla; perché io mi occupo di medicina e non di paranormale, e come tutti i medici ogni giorno e in ogni modo, devo cercare con qualsiasi mezzo o strumento che la più moderna medicina (sia allopatica che omeopatia) mi possa mettere a disposizione, di curare al meglio i miei ammalati. Lascio volentieri a lei l’interessante e amena occupazione di andare a caccia di fantasmi o di fenomeni paranormali. Sono quindi portato a credere che questo Vostro comportamento sia la palese dimostrazione di come vengano perseguiti altri fini che definirei eufemisticamente “ideologici” o meglio di anacronistica “antipatia viscerale” verso l’Omeopatia. Ritengo non ci sia altra spiegazione ragionevole, voglio almeno sperare. Ma veramente Lei può credere che tutti i medici che esercitano l’Omeopatia nel mondo siano dei ciarlatani in buona o cattiva fede e che i cittadini siano dei microcefali monodendritici incapaci di accorgersi di certe contraddizioni e di certe manovre?
PUNTO SECONDO:
DIMOSTRAZIONI SCIENTIFICHE DELL’OMEOPATIA
L’oggetto del mio articolo Divina Omeopatia, come chiunque si sarebbe accorto dallo stesso titolo necessariamente polemico, non era quello di portare motivazioni e dati scientifici concreti a difesa della validità dell’Omeopatia, altri ben più autorevoli di me lo hanno già fatto e continuano a farlo. Unico scopo dell’articolo era quello di dimostrare (e sono convinto di esserci riuscito) come, al di là delle false e fuorvianti notizie date da certa stampa, che ha scelleratamente definito l’omeopatia come “scienza eretica” e baggianate simili, l’omeopatia è stata storicamente una medicina palesemente appoggiata e sostenuta dallo Stato Vaticano e con essa si sono curati anche Sommi Pontefici. Tutto ciò con dati storici alla mano. Oppure lei vorrebbe anche cambiare il senso, i dati e il corso della storia? L’articolo Divina Omeopatia era palesemente finalizzato a riportare alla memoria ciò che qualcuno aveva dimenticato o fatto finta di dimenticare. La faziosità e falsità degli articoli che ho confutato sono l’ulteriore prova di un atteggiamento denigratorio nei confronti dell’omeopatia, che mirava comunque ad uno scopo ben preciso e finiva, come sempre, per coinvolgere in termini negativi, il tema della libertà di scelta terapeutica. Sulla scientificità dell’omeopatia è già stato pubblicato un esauriente articolo in un precedente numero della rivista (Anno II, n° 6 pp. 34-53) con dettagliati riferimenti bibliografici. In quel lavoro sono stati sinteticamente riportati (per ovvi motivi di spazio redazionale), numerosi lavori di omeopatia, condotti su uomo, su animali, su vegetali e substrati biologici contro placebo. Pertanto, allegato a questo numero della rivista che Le invierò in omaggio, riceverà anche le pubblicazioni di sperimentazioni con l’utilizzo di farmaci omeopatici, condotte in ospedali o in cliniche universitarie, eseguiti in doppio cieco e che confermano puntualmente i risultati dell’Omeopatia confronto a placebo; ma sono sicurissimo che anche questi lavori non serviranno comunque a nulla! È infatti noto che importanti lavori già pubblicati su The Lancet (una tra le più autorevoli e accreditate riviste mediche) che attestano i risultati estremamente significativi dell’Omeopatia contro placebo sono stati considerati, dai soliti acerrimi nemici dell’Omeopatia, come non validi! (Sic!). Di fronte alla più schiacciante evidenza si è persino arrivati a dire: “Poiché l’Omeopatia non può funzionare a priori, in quanto è un effetto placebo, i dati di questi lavori sono da considerarsi come confronto tra due placebo.” Siamo veramente all’assunto dell’assurdità più totale, all’apoteosi della più livida malafede, alla perdita del più comune buon senso!
Mi risulta che nel recente passato siano state fatte, dai detrattori dell’Omeopatia, prove demenziali a scopo “dimostrativo” in cui alcuni soggetti hanno assunto più globuli di diversi rimedi omeopatici per poi dire: “vedete non è successo niente, quindi l’Omeopatia non fa niente” Questa è pura stupidità metodologica. Infatti per agire, un rimedio omeopatico deve “trovare” la malattia “simile” altrimenti non ha nessuna azione. Solo la somministrazione ripetuta nel tempo in un soggetto sano e sensibile (prooving) può provocare sintomatologia della sostanza sperimentata anche se somministrata in dosi infinitesimali o in microdosi. Sono certo che lei non si vaccinerebbe contro l’epatite per andare in una zona dove imperversa la febbre gialla, perché l’immunizzazione contro il virus dell’epatite non la metterebbe certo a riparo da quest’ultima. Si tratta di un risposta immunitaria specifica e selettiva, che, guarda caso, è ottenuta con microdosi dello stesso virus che provocherebbe l’epatite; proprio come fa l’Omeopatia! Come vede anche chi prescrive un vaccino è un omeopata senza saperlo! Devo dire però che certe prove per gonzi, fatte sempre dai soliti detrattori dell’Omeopatia e condotte secondo palesi errori metodologici, possono anche convincere qualche ingenuo e disinformato, ma non dimostrano assolutamente nulla perché eseguite ignorando i basilari principi dell’Omeopatia. Sono certo che le sarebbe impossibile aprire una porta (a meno di scassinarla) se non possiede la chiave giusta. Lei potrà infilare nella toppa della serratura qualsiasi chiave o più chiavi insieme, ma se non usa quella “simile” ai meccanismi della serratura non l’aprirà mai a meno di “forzarla”, ma per questo ci vuole perseveranza e costanza e allora e come se stessimo facendo il prooving della sostanza.
PUNTO TERZO:
LIBRO DI R. CONTE, H. BERLIOCCHI, Y. LASNE E G. VERNOT
Lei dice che “chiunque abbia un minimo di conoscenze chimico-fisiche non può che sorridere di fronte alle balzane teorie degli autori francesi” e cita autorevoli personaggi che si burlano, come al solito, di tutto ciò che potrebbe finalmente spiegare come l’omeopatia sia qualcosa di più della solita “acqua fresca”. Io le rispondo che chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia del pensiero scientifico sa quali e quante nefandezze si sono perpetuate e continuano a perpetuarsi per ostacolare idee nuove e prove nuove che rischiano di scardinare il sapere precostituito “Se dovessimo contare sull’imparzialità degli scienziati – scrive Karl Popper in Miseria dello Storicismo – la scienza, perfino la scienza naturale, sarebbe del tutto impossibile”. Più recentemente anche l’inglese Bernard Barber sociologo della scienza, nel formulare il titolo del suo libro Scientists are humans ha inteso sottolineare il fatto che “gli scienziati sono esseri umani” e dunque possono sbagliare. In questo libro racconta come non solo i teologi, ma anche gli scienziati hanno contribuito, nel corso dei secoli, a relegare ingiustamente ai margini della loro comunità tanti colleghi e altri studiosi, spesso soltanto perché più creativi, innovatori, rivoluzionari o fuori dal coro; ma anche coloro che, pur potendo dimostrare la validità scientifica delle loro scoperte, non sono mai stati creduti, ma anzi ridicolizzati. Salvo poi ottenere una riabilitazione, magari postuma. Quelle di Galileo Galilei, Giovanni Copernico, Charles Darwin, sono storie note. Ma ce ne sono molte altre. Rifiutare aprioristicamente l’Omeopatia, nonostante le prove della sua efficacia clinica, solo perché non ancora “scientificamente” spiegabile secondo i canoni e protocolli che ogni giorno vengono messi in discussione anche dalla stessa scienza ufficiale, è sicuramente un meccanismo di becera censura ideologica che spesso cela soltanto il timore o il preconcetto di chi vuole difendere a tutti i costi posizioni dogmatiche ben consolidate; oppure è la più lampante dimostrazione di arrogante presunzione scientista. Forse lei dimentica che la storia del pensiero scientifico occidentale ed il lungo cammino della ricerca scientifica sono stati tracciati da grandi “eretici” le cui teorie si sono poi rivelate giuste. Coloro che un tempo furono giudicati folli per le loro tesi, sono coloro che poi hanno cambiato il mondo. Prima che le loro idee e le loro scoperte fossero riconosciute, grandi uomini che hanno cambiato le sorti del genere umano sono stati oltraggiati, derisi, boicottati e osteggiati in tutti i modi dalla scienza ufficiale del loro tempo, la stessa che ora si onora di averli avuti nei propri ranghi e che, non più memore degli errori commessi, continua a perpetuare nel presente gli stessi errori con altri suoi uomini, sempre cieca e presuntuosamente “signora della verità”. Esiste una minoranza di esseri umani capace di liberare la propria mente dai dogmatismi precostituiti e andare controcorrente pur di perseguire le loro idee. Sono luci solitarie ad illuminare le tenebre del pregiudizio, uomini che ieri erano definiti eretici e che oggi definiremo eccentrici, outsider e anticonformisti. Per secoli e secoli tale minoranza si è battuta con coraggio e determinazione contro l’inviolabilità e la sacralità della scienza ufficiale. Ma essere in minoranza non significa necessariamente essere in errore. Un tempo coloro i quali pensavano che la terra fosse rotonda erano un’esigua minoranza e ci fu un tempo in cui coloro che pensavano che la stessa girasse intorno al sole erano non molto lontani dalla forca se avessero osato affermare ciò in cui credevano! Più estesamente oggi per eretico si intende chi, nel modo di pensare e di giudicare, diverge dalle opinioni e dalle ideologie comuni o da quelle accolte dal gruppo di cui fa parte o che si allontana radicalmente da ideologie ufficiali o da idee comunemente accettate. Non essere allineati a tutto ciò che è “conforme”, essere outsider o remare controcorrente è sempre stato pericoloso in tutte le epoche e in tutti i campi, ma soprattutto nella scienza. Chi pensa col proprio cervello rischia infatti di essere escluso dalle pubblicazioni accademiche, di non essere invitato ai convegni internazionali, di non ottenere finanziamenti pubblici e privati, di essere ammonito o richiamato dal proprio ordine professionale e persino di perdere la cattedra. E’ ciò che accadde, per esempio, al fisico americano George Zweig, che agli inizi degli anni Sessanta propose insieme a Murray Gell-Man il modello dell’atomo a “assi” o a “quark”. Proprio in quel periodo una rinomata Università americana aveva offerto a Zweig una Cattedra, ma questa non gli fu mai assegnata a causa dell’ostruzionismo del maggior fisico teorico dell’ateneo, il quale riteneva il modello a quark essere “l’opera di un ciarlatano”.
Ironia della sorte, fu Murray Gell-Man che nel 1969 conseguì il premio Nobel e proprio grazie alla teoria dei quark, mentre l’incompreso Zweig, ormai bollato come eretico, fu dimenticato. Come ha scritto il Prof. Paolo Aldo Rossi in Razionalità scientifica e pseudoscienze eretiche (Anthropos & Iatria, Anno I, n° 4) : “La storia della scienza è costellata di errori, illusioni, imbrogli, verità in anticipo e anticipi di verità, gli scienziati sono esseri umani che hanno sbagliato, barato e si sono illusi, hanno sacrificato la verità ad ideologie e ad interessi personali, ma spesse volte hanno anche pagato di persona e si sono sacrificati per testimoniare le loro idee contro la violenza della scienza ‘normale’ e contro la prepotenza dei ‘signori della verità’, alcuni hanno perso la vita, altri sono finiti in manicomio, molti più semplicemente sono stati estromessi dalle ‘accademie’. Il cammino della conoscenza può aver avuto, quindi, momenti progressivi e momenti regressivi, flussi, riflussi e ristagni, luci ed ombre, ma neppure la terribile intolleranza che spesso ha avuto origine all’interno della comunità scientifica è mai riuscita ad arrestarne la crescita”. Spesso le idee troppo audaci sono anche troppo scomode perché obbligano a rivedere e a rivoluzionare non solo il proprio modo di pensare, ma anche intere e consolidate linee produttive. E’ anche successo che in epoca molto recente la scienza “ufficiale” abbia rapidamente assimilato le conoscenze accumulate in lunghi secoli di storia della scienza che l’hanno preceduta, raccogliendo spesso immeritate benemerenze, solo per aver dato contenuto e rigore scientifico a “scoperte” di un lontano sapere che precedentemente erano osteggiate. Ma potremmo anche parlare della “neutralità” della scienza come concezione di prodotto sociale. A tal proposito scrive il Prof. Evandro Agazzi in Il bene, il male e la scienza: “Ma un passo ancora più impegnativo fu presto compiuto: esso concentrava la critica della scienza non più sul suo possibile impiego e sulle sue conseguenze, ma direttamente sulla sua struttura noetica (cioè conoscitiva), negando che essa fosse quel modello di conoscenza imparziale, pubblica, controllabile e critica che, a lungo, si era creduto che fosse. Si proclamò, al contrario, che la scienza è sempre il prodotto di una comunità sociale, che essa cresce a partire dalle fondamentali visioni del mondo e dalle convinzioni preconcette che caratterizzano una tale comunità, che essa tende a servire inevitabilmente gli interessi della classe dominante, a sostenere i suoi fondamenti ideologici, a fornirle strumenti intellettuali e pratici per preservare le sue posizioni di privilegio. La pretesa oggettività e controllabilità delle dottrine scientifiche fu dichiarata puramente fittizia, mentre si sottolineò fino all’eccesso che l’organizzazione gerarchica della comunità scientifica, i legami tra i suoi leaders ed il potere politico e/o economico, il controllo esercitato sulle pubblicazioni, l’accesso ai fondi per la ricerca, l’effettiva possibilità di esprimere opinioni (scientifiche) dissidenti, erano tutte determinate da potenti fattori extra – scientifici.” (Agazzi, E.: Il Bene il Male e la Scienza. Le dimensioni etiche dell’impresa scientifico-tecnologica, Rusconi Editore, Milano 1992).
Per questo è interessante domandarsi se la via che la scienza “ufficiale” ci ha indicato sia stata davvero la migliore o se magari non ci abbia alla fine portato fuori strada. Dunque, Professore, a costo di annoiarla, devo ora infliggerle il doveroso ricordo di alcuni geni “eretici” che non furono ascoltati ma che alla fine cambiarono le sorti del divenire del nostro mondo. Spero di non annoiarla ma Le devo rammentare che la storia della medicina e della scienza è stracolma di tali nefandezze compiute a discapito delle menti più illuminate. Ha forse già dimenticato come Galileo Galilei fu messo a tacere e costretto all’umiliante abiura? Ha forse scordato come William Harvey (1578 –1657), il più illustre e geniale fisiologo del ‘600 che scoprì il funzionamento del sistema circolatorio, venne deriso e osteggiato per tutta la vita? La sua geniale scoperta fu avversata e derisa dai suoi oppositori i quali schernirono Harvey e i seguaci della sua teoria chiamandoli ingiuriosamente con l’ingiurioso epiteto di “circolatori” o “circolaristi”. Scriveva ad Harvey un famoso e saccente medico di Padova: “Può darsi che a Londra si possano udire i rumori del cuore, ma in Italia è un’altra cosa. Si direbbe che qui noi siamo un poco sordi, perché non sentiamo assolutamente nulla ”. Col nome di “pazzo”, Harvey visse fino alla più tarda età e, solo allora, qualcuno cominciò a prendere sul serio la sua opera di scienziato. Harvey non ebbe da vivo le soddisfazioni e il riconoscimento che si meritava, ma ancora oggi, la sua teoria è ritenuta la più grande scoperta mai fatta sul corpo umano. Il suo libro fece per la fisiologia ciò che il libro di Vesalio aveva fatto per l’anatomia. Su questi due libri, come su pietre basilari, si fonda tuttora la moderna medicina.
Per non parlare di come fu schernito Ambroise Paré, uno dei più grandi chirurghi di tutti i tempi che rivoluzionò totalmente lo stesso concetto di chirurgia, reintroducendo il metodo della legatura dei vasi nelle amputazioni e la sutura nelle ferite da arma da fuoco, eliminando la pratica disumana, allora in auge, di versarvi sopra l’olio bollente e applicando poi la cauterizzazione mediante il ferro rovente. A causa dell’abitudine di cucire le ferite, venne a lungo deriso dai suoi colleghi che lo schernivano chiamandolo “sartina”.
Ma il mondo scientifico rimase anche sordo anche all’arte e alla scienza della diagnosi di Rene Theophile Hyacinthe Laënnec (1781 – 1826). Il nome di questo grande medico è legato all’invenzione dello stetoscopio, lo strumento che tuttora i medici di tutto il mondo utilizzano quotidianamente per ascoltare il cuore e i polmoni. Fu malvagiamente osteggiato e avversato da Broussais che tenne addirittura delle conferenze contro di lui coprendolo di ridicolo e ci riuscì. Solo i posteri gli diedero pienamente ragione. Questo grande uomo seppe dare alla medicina molto più di uno stetoscopio! Egli creò un vero e proprio metodo per la diagnosi di moltissime malattie e diede un enorme contributo alla semiologia. Anche dopo la sua morte la stampa dell’epoca contribuì ad assestare un duro colpo alle innovazioni di Laënnec; dal London Times del 1834, a commento della presentazione dello stetoscopio si legge: “E’ estremamente dubbio che, malgrado il valore intrinseco, esso entrerà nell’uso generale, dato che la sua vantaggiosa applicazione richiede molto tempo ed è motivo di non poco fastidio per il paziente e per il medico pratico.” Oggi tutti, adulti e bambini, conoscono lo stetoscopio, sanno dire “trentatrè”, respirare forte e tossire quando il medico li ausculta. La scienza della diagnosi risale a questo grande uomo che fu ferocemente osteggiato dalla medicina ufficiale. Forse Lei non sa come fu ostacolato Jenner e la sua pratica della vaccinazione di cui oggi la scienza ufficiale va talmente fiera che farebbe vaccinare ogni essere umano anche contro la suocera? Le ricordo che all’epoca vennero addirittura costituiti comitati e associazioni per impedire la vaccinazione. L’autorevolissima Royal Society lo scoraggiò dal continuare e si costituì addirittura una Antivaccination Society per ostacolare il diffondersi del vaccino. Chissà se un giorno non sarà possibile approntare anche un vaccino per la profilassi del pregiudizio! Voglio ancora ricordarle le derisioni a cui fu sottoposto J. Lister, l’inventore del metodo di asepsi e antisepsi. Ci volle tempo perché il metodo di Lister conquistasse il mondo della chirurgia e vincesse il pregiudizio, ma alla fine l’antisepsi e l’asepsi furono adottate in tutte le sale chirurgiche del mondo, così come il sistema di legatura con catgut per i punti interni, altra scoperta di Lister. Il suo metodo consentì le più clamorose conquiste della chirurgia moderna. Oppure il caso di I. P. Semmelweis (1818 – 1865) che venne vessato e costretto al suicidio perché aveva osato sostenere la realtà dell’infezione batterica? E’ questo uno dei più vergognosi episodi della storia del pregiudizio medico che vale la pena tenere sempre a mente. Così il grande Ferdinando von Hebra – riferendosi all’incomprensione dei medici verso la scoperta di Semmelweis – ebbe a dire: “Quando si farà la storia degli errori umani, difficilmente si potranno trovare esempi di tale forza. E si resterà stupiti che uomini competitivi, così specializzati, potessero – nella propria scienza – rimanere così ciechi e stupidi.” Ma ovviamente i microbi ancora non si potevano né vedere né misurare e si dovrà aspettare l’avvento del grande Pasteur. Vede caro professore, quelli lì ragionavano proprio come Lei e molti altri: poiché non ho lo strumento per vedere i microbi, le infezioni non esistono! Le stesse erano infatti attribuite a qualche imprecisato “genius epidemicus”.
A proposito di L. Pasteur (1822 – 1895) anche lui ebbe vita difficile perché fu preso per pazzo e vivacemente ostacolato. La stessa cosa successe a R. Koch (1843 – 1910) quando cercò di spiegare che alcuni topi infettati con dei bacilli sviluppavano il carbonchio non fu capito e quando dimostrò di aver scoperto il bacillo della tubercolosi, il grande Rudolph Virchow, all’annuncio di tale eclatante scoperta, si alzò dalla sedia e se ne andò, seguito dai presenti, trattandolo da pazzo. Nel 1905 gli fu assegnato il premio Nobel per la medicina, come riconoscimento per le scoperte da lui effettuate sulla tubercolosi. E cosa dire allora di Alessandro Volta l’inventore del semplice e meraviglioso apparato che produce l’elettricità rendendone agevole la distribuzione ovunque? Ma Alessandro Volta ebbe l’ardire di confutare le teorie allora vigenti sull’elettricità animale. Tutti gli scienziati dell’epoca seguivano la teoria di Luigi Galvani, professore all’Università di Bologna e molti scienziati si erano ovviamente schierati con lui, ritenendo di aver finalmente rinvenuta l’occulta forza motrice degli organi animali. Il Volta fu di avviso contrario dopo che gli esperimenti ebbero confortato la sua ipotesi, sostenendo apertamente che la teoria dell’elettricità animale era erronea. La questione si accese e anche Alessandro Humboldt teorizzò una nuova dottrina contraria a quella di Volta, ma egli insisteva senza piegare, sicuro di essere nel vero. La diatriba durò circa dieci anni, e si chiuse a favore di Volta.
Lei sa che le teorie di Sigmund Freud furono per lungo tempo giudicate perverse e degne solo dell’attenzione della polizia giudiziaria?
A proposito di Avogadro, Lei che è un esperto in questo campo, certamente saprà che il grande torinese, il conte Amedeo Avogadro (1776-1856) di cui va tanto fiero, sviluppando le leggi di Gay Lussac e la teoria atomica di Dalton enunciò nel luglio 1811 la legge secondo cui volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, hanno lo stesso numero di molecole, introducendo così la distinzione tra atomo e molecola, e formulando il primo, importantissimo concetto di peso molecolare, prendendo quello dell’idrogeno come riferimento. Ma forse Lei ha già dimenticato che anche le teorie di Avogadro, come quelle di tutti gli innovatori nella scienza, incontrarono una fortissima e violenta opposizione nel mondo scientifico tra cui quella del chimico più autorevole dell’epoca, Berzelius, e soltanto dopo circa mezzo secolo più tardi riceveranno la dovuta considerazione che meritavano attraverso l’opera e gli studi di un altro italiano, Stanislao Cannizzaro.
Come vede la genia dei collezionisti di certezze è dura a morire!
E cosa dire allora di Julius Robert Mayer (1814-1878) il quale nel 1841 enunciò il principio di conservazione dell’energia e lo descrisse in un articolo che inviò alla rivista Annalen der Fisik. Questa lo rifiutò perché Mayer non era un fisico riconosciuto ma un medico della Marina, e dunque non aveva titoli ufficiali per affermarsi. Morì senza ottenere il riconoscimento dovuto. Fu un altro tedesco, Rudolf Julius Clausius, a riprendere quegli studi di termodinamica e a dimostrare la loro validità. Un altro esempio di intolleranza scientifica! È il caso che le ricordi anche Gregor Johann Mendel (1822 – 1884) grande naturalista il cui nome è legato alla grande scoperta delle leggi dell’ereditarietà. Le sue ricerche non vennero ben accolte dalla comunità scientifica: vi si oppose in primo luogo il più grande botanico dell’epoca, Carl Naegeli, che oggi viene ricordato anche come colui che “non capì le leggi di Mendel, benché gliele avesse spiegate Mendel stesso”.
Più recentemente Raymond Dart (1893-1988), professore di anatomia all’università di Hohgannesburg (Repubblica Sudafricana), nel 1925 fece una scoperta clamorosa: il ritrovamento di un primate fossile le cui caratteristiche anatomiche del cranio, ma soprattutto della colonna vertebrale, facevano pensare che stesse in posizione eretta. Dart lo battezzò “Australopithecus africanus” pensando che fosse “l’anello mancante” tra la scimmia e l’uomo. Non venne creduto: non perché le sue argomentazioni scientifiche non fossero valide, ma perché i suoi ex insegnanti dell’Università di Lontra, Arthur Keith e Grafton Elliot Smith, luminari del settore, fecero di tutto per denigrarlo. Dart aveva commesso l’imperdonabile l’errore di non comunicare a loro per primi, la scoperta, ma di pubblicarla sulla rivista “Nature”. Inoltre Keith e Smith sostenevano da tempo che l’origine dell’uomo andasse ricercata in Asia e non in Africa. Dunque dissero che Dart aveva trovato una scimmia. La riabilitazione dello scienziato avvenne soltanto 22 anni dopo, a opera di Zxilfred Legros Clark e Robert Broom che, sempre nella Repubblica Sudafricana, trovarono resti di ominidi simili. Come vede il parere di scienziati attendibili non sempre è indenne da motivazioni extra-scientifiche! Non mi dilungherò oltre perché potrei riempire un voluminoso testo con esempi del genere e non voglio annoiare i lettori. Quello che voglio dire e che Hahnemann ha scoperto che l’infinitamente piccolo è anche infinitamente grande! Ma egli era troppo avanti già due secoli fa e lo è ancora adesso perché Lei, o altri che la pensano come Lei, possiate capire!
Come vede professore, l’assenza di consapevolezza della storia del pensiero scientifico può erroneamente indurre a credere che sia stata la scienza ufficiale ad insegnarci e a tramandarci ciò che oggi è il patrimonio acquisito delle grandi scoperte che hanno migliorato le conoscenze nell’ambito delle scienze umane. Le più grandi innovazioni in quasi tutti i campi del sapere, in filosofia, teologia, biologia, astronomia, cosmologia, matematica, fisica, medicina, tecnologia, ecc. sono la faticosa risultante di lotte, discordie e incomprensioni consumatasi nel corso di secoli tra i “geni eretici”, quasi sempre incompresi, e “scienziati normali”, quasi sempre impregnati di indottrinamenti dogmatici e di pregiudizi formali, i quali hanno sempre voluto mantenere lo statu quo delle cose e delle idee. Scoperte ed invenzioni che hanno creato la società in cui viviamo dall’età del rame ai quark, dal motore a vapore al trapianto di geni, nel fluire del tempo non sempre hanno avuto un percorso lineare.
Ora Lei vuole sapere se sono d’accordo sulle teorie del libro che ho recensito. Mi pare ovvio, altrimenti perché l’avrei recensito! Non mi sembra una colpa così grave recensire un libro di cui si possono condividere le tematiche e non mi interessa se detrattori dell’omeopatia ridicolizzano l’argomento e le teorie esposte in quel lavoro. Se vuole saperne di più lo chieda agli autori del libro e non a me! Se io sono un simpatizzante delle teorie di Darwin e recensisco il libro l’Origine della Specie, Lei, se non è d’accordo con quella teoria, deve chiedere lumi sulla teoria dell’evoluzione a Darwin stesso, e non a chi ha recensito il suo libro.
Riguardo il fatto che il premio Nobel per la fisica Georges Charpak abbia fortemente ironizzato sul contenuto dello stesso, Le voglio ricordare che un duplice premio Nobel, Marie Curie [Nobel per la fisica (1903) e Nobel per la Chimica (1911)] era una convinta assertrice e praticante dell’Omeopatia, così come il suo sposo Pierre Curie anch’egli premio Nobel per la Fisica.
“Madame Curie è medico omeopatico come lo era il suo sposo e collaboratore. Noi abbiamo avuto la fortuna di intervistarla nei riguardi dell’Omeopatia durante la sua recente visita negli U.S.A. Essa ci ha dichiarato che proprio per merito delle cognizioni omeopatiche ha potuto condurre al successo le sue ricerche sul Radium” (Dal preriodico Jottings di Filadelfia, fascicolo 27, dicembre 1930. Citato in Medicina Omeopatica dalle origini ad oggi, del Dott. F. Zammarano, Ed. L. Cappelli, Bologna 1951). Non mi venga ora a dire che Madame Curie e Pierre Curie, entrambi premi Nobel con Cattedra di Fisica alla Sorbona, erano due emeriti cretini che prendevano lucciole per lanterne! È inutile ricordarle che la figura di Madame Curie era già in vita circondata da meritato rispetto universale. Come vede sembra che la scienza, su certi argomenti, sia diventata un’opinione!
È chiaro che se Lei chiede un parere circa una metodo che è ancora avversato da una consistente parte della scienza ufficiale a qualche “scienziato” perfettamente “integrato” nel sistema che deve difendere, questi risponderà senz’altro ciò che Lei o qualsiasi altro “allineato” del mondo accademico vuole sentirsi dire. Assumere posizioni da “eretico” quando si rivestono cariche pubbliche o istituzionali equivale letteralmente a suicidarsi, significa perdere credibilità nel mondo accademico o la cattedra universitaria o non fare più carriera. Oppure pretenderebbe che qualche premio Nobel si schierasse a favore dell’Omeopatia? Non credo, di Marie Curie c’è né stata una sola! E solo pochissimi uomini coraggiosi, è il caso di dirlo, osano andare controcorrente su certi argomenti. E Lei pretende che detrattori dell’Omeopatia si possano schierare di colpo a favore di essa? O lei è ingenuo oppure ci fa! Per ogni tesi o lavoro scientifico che debordi soltanto di poco da ciò che sono i binari del pensiero scientifico dominante troverà sempre una folta e agguerrita schiera di ostinati oppositori; per ogni nuova tesi, una contro tesi è subito pronta! La paura di deragliare dai binari dell’ortodossia è più forte di ogni più lampante dimostrazione! Per dirla con Ungar: “Le dottrine vigenti esigono spesso una devozione che non tollera l’eresia, e i fatti nuovi che minacciano la sicurezza dello statu quo, possono essere attaccati con il fanatismo intollerante dell’inquisitore”.
Quasi un decennio fa, il mondo scientifico fu sconvolto da una eclatante notizia: era stato ottenuto calore facendo passare elettricità in una soluzione in cui erano immersi cilindri di palladio. In altri termini era stato scoperto un nuovo modo per produrre energia. Gli autori dell’esperimento, Martin Fleischamann e Stranley Pons, asserirono che quell’energia era di origine nucleare: all’interno del palladio si verificava una fusione di nuclei atomici, che fu definita “fredda” perché non richiedeva le enormi temperature presenti al centro del Sole (dove avviene di solito la fusione). Le reazioni dei colleghi furono di totale scetticismo. Si obbiettò che il calore fosse troppo esiguo, e mancava un’apprezzabile produzione di neutroni per cui non si poteva certo parlare di “fusione”. Quella notizia creò in realtà una spaccatura nel mondo della fisica. Molti scienziati in posizione autorevole cominciarono a giudicare la fusione fredda come una truffa e non vollero più sentirne parlare. Tra questi si schierò, per esempio, il Premio Nobel Phil Andreson. Ma una minoranza di fisici continuò gli esperimenti, e seppur con finanziamenti minimi o inesistenti, ottennero risultati simili a quelli di Fleischamann e Pons anche con metalli diversi dal palladio. Se non vado errato, mi sembra di ricordare che il Prof. Francesco Piantelli dell’Università di Siena è riuscito ad ottenere con il nichel un eccesso di calore pari a 44 Watt per 24 giorni. Un valore mille volte superiore all’energia ottenibile con qualunque altro processo chimico. Perché, allora, tanti fisici rifiutano la fusione fredda? Probabilmente perché l’attuale concezione della fisica dello stato solido non riesce ancora a spiegarne il meccanismo, e l’accettazione di una nuova teoria costringerebbe a rivedere molto del sapere acquisito. Proprio com’è accaduto in passato quando fu suggerito che poteva essere la Terra a girare intorno al Sole, anziché viceversa: il nuovo modello rendeva di colpo inutili tutte le tecniche di calcolo, a base di “epicicli”, con cui gli scienziati aristotelici riuscivano (nonostante tutto) a prevedere le eclissi e i movimenti delle costellazioni.
Devo dire che, al di là di tutte le teorie e dei sistemi teorici, ciò che più mi importa, come medico, sono i fatti. E io so, ed altri lo hanno dimostrato, che diluizioni oltre il numero di Avogadro possiedono azione terapeutica! Mentre le iscrivo dobbiamo prendere atto che la “scienza ufficiale” non sa nemmeno dosare il livello fisiologico del nandrolone negli atleti o stabilirne le corrette modalità di prelievo e Lei pretende che io le dosi l’infinitesimale? Mi viene da sorridere se la cosa non avesse del tragico!
Vede professore, io sono un medico, il mio compito, per il quale ho studiato una vita, è quello di prendermi cura del malato e della sofferenza, e se per fare questo conosco strumenti e metodologie diverse da poter applicare tanto meglio. Pertanto io non inseguo teorie, postulati, assiomi e teoremi, né devo difendere posizioni dogmatiche, non vado a caccia di fantasmi e non mi occupo di paranormale; io ho bisogno di ottenere risultati concreti per i miei pazienti. Potrò forse sembrarle polemico, ma non sono un fanatico dell’Omeopatia così come non lo sono dell’Allopatia perché amo la Medicina che è Una Sola! Ciò che non è curabile con una metodica terapeutica può essere curato dall’altra e viceversa. Ma ciò che non tollero sono le considerazioni aprioristiche, i dogmi dello scientismo più becero che cambiano continuamente e che vengono spacciati di volta in volta come verità assolute per essere poi smentite dopo qualche anno. Non tollero l’arroganza, la tracotanza, l’ingiustizia, la falsità, la prevaricazione e la sopraffazione del pensiero altrui in nome di qualsiasi ideologia, soprattutto se travestita da modi perbenisti.
Diffido di quelli che predicano la verità assoluta nella scienza e nella farmacologia, di quelli che usano un metro e più misure, che impongono “protocolli” terapeutici all’essere umano, che voglio ridurre la Medicina ad una sequenza di soli atti di laboratorio o strumentali, di quelli che voglio limitare l’arte medica ad una burocratizzazione esasperata trasformando il medico in un contabile o in un burocrate che deve ormai stare più attento a ciò che dice o scrive piuttosto che prestare attenzione e cura all’ammalato.
PUNTO QUARTO:
SPERIMENTAZIONE COL CICAP
Prima di deluderla con un fermo diniego, devo ovviamente darle delle motivazioni che sono il frutto di una personale – e ribadisco personale – riflessione. Come sopra anticipato, non ritengo che il CICAP sia super partes nei confronti dell’omeopatia, anzi ritengo che abbia fatto e continui a fare di tutto per ostacolarla e denigrarla. Sono infatti arcinoti gli interventi di Silvio Garattini che non perde mai occasione per infierire non solo contro l’omeopatia ma anche contro chi la pratica, pontificando e lanciando anatemi a medici che la praticano e a farmacisti che la vendono! A onor del vero, Garattini se l’è presa anche con certa farmacologia convenzionale, con i “ricostiutenti”, le vitamine ed altri farmaci ecc. definendoli, mi pare di ricordare, come farmaci inutili. Forse dovremmo ritornare allo scorbuto, al rachitismo, alla pellagra o al beri-beri perché certi farmaci diventino nuovamente utili? Ora, se un farmacologo vuole più che dimezzare la farmacopea ufficiale dei farmaci convenzionali (a torto o a ragione), come pensa Lei che possa serenamente considerare i farmaci omeopatici che Lui stesso ha definito “acqua fresca”? Già questo, e non mi sembra poco, è un atteggiamento di grave pregiudizio che taglia la testa al toro. E lei ha ancora l’ardire e la faccia di chiedermi di fornirle prove concrete di quanto affermato da noi omeopati e che potremmo poi pubblicarli su autorevoli riviste? Lei mente sapendo di mentire! E le dimostro subito perché. Leggo infatti dal Il Giornale del 18 maggio 1999 a p. 46 la Sua dichiarazione virgolettata che riporto testualmente: “Nessuno ha mai dimostrato che l’Omeopatia abbia un’efficacia superiore a quella dell’effetto placebo – controbatte il dottor Silvano Fuso, dottore in scienze fisiche, docente di chimica e segretario del CICAP Liguria (associazione alla quale appartengono il farmacologo Silvio Garattini, i fisici Tullio Regge e Giuliano Toraldo di Francia, i premi Nobel Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini) – Di solito gli articoli scientifici citati dagli omeopati a sostegno delle loro convinzioni vengono puntualmente invalidati da studi più seri. Ad esempio, nel 1977 ha suscitato grande clamore un articolo pubblicato sulla rivista Lancet. Gli omeopati citano spesso questo articolo per sostenere che la scienza ufficiale ha finalmente riconosciuto la loro disciplina. In realtà però gli autori dell’articolo non hanno prodotto alcun nuovo risultato sperimentale” E prosegue più avanti con lo stesso fervore: “Molti sostenitori dell’Omeopatia danno per scontato questo ragionamento – puntualizza il dottor Fuso – Affermano che la scienza ufficiale non è in grado di spiegarne il funzionamento. A questo punto si sentono autorizzati a ricercare spiegazioni fantasiose dove si tira sempre in ballo il concetto di energia. Credere che ‘il nulla’ possa avere qualche effetto terapeutico ed appellarsi a vaghi concetti mai dimostrati scientificamente quali la ‘dinamizzazione’ e la ‘memoria dell’acqua’, non appare molto scientifico”. Quindi Lei, infervorato dal sacro fuoco della ricerca della verità, non solo non riconosce validità a riviste come The British Medical Journal o The Lancet che sono il punto di riferimento mondiale per serie e accreditate pubblicazioni medico-scientifiche, ma mi viene a proporre di fare qualche esperimento che potremmo poi pubblicare su riviste di prestigio? E quali? A questo punto immagino che mi avrebbe poi proposto di pubblicarle su Topolino o sull’album di figurine dei Pokémon! Lei ritiene valida la rivista The Lancet solo quando pubblica tutt’altre cose tranne quelle che riguardano l’Omeopatia. Un bel metro di misura obiettivo il suo, degno proprio di un uomo di scienza super partes. E quali sarebbero gli studi più seri che puntualmente hanno invalidato quei lavori? Ho l’impressione che a lei piaccia avere la botte piena e la moglie ubriaca, come si suol dire! Io sono veramente indignato e attonito da tanta superficialità e tracotanza e compiango la sua assoluta cecità e imparzialità di giudizio in merito a questo argomento. Personalmente ritengo che la sua posizione ideologica, per quanto concerne l’Omeopatia sia già molto chiara e preconcetta e sono profondamente convinto che quello che Lei asserisce è il “parto mentale” del solito “livore viscerale” contro un metodo terapeutico che non conosce affatto ma che odia tanto. A questo punto mi chiedo se sta scherzando, se ha tempo da perdere o se vuole prendersi gioco del prossimo, in tutti i casi le dico subito che non ho né voglia di essere raggirato e tantomeno di perdere tempo a “giocare” con lei soprattutto in tema di salute. Ho ormai i capelli bianchi per cadere in simili trappolette da acchiappa fantasmi. Le prove concrete io le devo vedere sugli ammalati perché non sono né un fisico, né un chimico né un matematico. Lei vuole che io Le dimostri come funziona l’Omeopatia? Bene, prima di emettere beceri giudizi Si iscriva alla facoltà di Medicina e Chirurgia, superi in sei anni di studi tutti gli esami teorici e pratici con il massimo dei voti, discuta poi la tesi (magari sperimentale) e superi l’esame di Stato per l’abilitazione professionale, poi faccia un altro anno di tirocinio obbligatorio, infine, dopo un lungo praticato di medicina tradizionale (almeno decennale), non ancora soddisfatto di ciò che ha appreso, cominci anche a studiare seriamente l’omeopatia frequentando una o più scuole serie di omeopatia per la durata complessiva di almeno altri dieci anni, discuta nuovamente qualche tesi in omeopatia e cominci finalmente ad applicarla al capezzale dell’ammalato, avendo a questo punto i due termini di paragone delle due metodiche dopo averle praticate entrambe per almeno un ventennio. Solo a questo punto io potrò darle il permesso di giudicare serenamente se un rimedio omeopatico funziona o no! Infatti, è proprio nella conoscenza e nella padronanza degli strumenti offerti dalla medicina ufficiale che il medico omeopata può trovare il più valido mezzo di verifica, di confronto e di giudizio del valore della medicina che esercita. Se così non fosse, l’applicazione di un qualsiasi metodo terapeutico sarebbe soltanto un atto inconsapevole e irresponsabile. Nel curare una qualsiasi forma morbosa il medico deve sempre chiedersi quale metodo terapeutico abbia mai dato i risultati più apprezzabili, più attendibili e più duraturi nel trattamento di una data patologia e comportarsi di conseguenza.
Pertanto, e con il dovuto rispetto, non sono disposto a prendere lezioni di metodologia medica né da lei ne da nessun altro rappresentante del CICAP o da chicchessia, se non da colleghi più esperti o competenti di me che possano trasmettermi esperienza e conoscenza in campo medico, terreno dove c’è sempre da apprendere con molta umiltà sia che si tratti di allopatia che di omeopatia.
È da due secoli che l’Omeopatia funziona molto bene e non sarò certo io o nessun altro che potrà dimostrarle “come” e “quanto” funziona, o convincerla di ciò che lei non vuole a tutti i costi né capire né vedere, nonostante le più palesi dimostrazioni della sua efficacia! Stia tranquillo professore, la ricerca in Omeopatia andrà comunque avanti con o nonostante il CICAP.
Lei pensa davvero che con queste poche pagine saremmo riusciti a venire a capo di una diatriba plurisecolare? Tempo e inchiostro sprecato, soprattutto quando nel CICAP esistono personaggi il cui odio atavico per l’Omeopatia è ormai universalmente noto anche agli asini. Per favore non mi venga quindi a parlare di ricerca della verità, non offenda, la prego, la mia intelligenza con frasi melense che nascondono la più palese ostentazione di presunta superiorità e di palese ignoranza in materia. E dico “ignoranza” perché Lei ignora totalmente i principi su cui si basa l’omeopatia, altrimenti non mi proporrebbe un esperimento che non tiene conto di tali leggi. Se lei conoscesse i principi dell’omeopatia saprebbe che il primo principio su cui essa si basa è la legge di similitudine che implica necessariamente la sperimentazione sull’uomo sano volontario e poi su quella della diluizione e dinamizzazione. Nessun omeopata che conosca i basilari principi di questa scienza potrebbe cadere in tale errore metodologico. L’esperimento che Lei propone, in caso di insuccesso proverebbe soltanto che non siamo riusciti a trovare lo strumento idoneo per la misurazione, nonostante la positività dei risultati clinici! In caso di successo, sono già certo che si invocherebbe l’interferenza di chissà quali forze telluriche non considerate prima, si direbbe che gli sperimentatori quel giorno avevano cambiato il dopobarba o lo smalto delle unghie o la marca del rossetto, chiamereste il prestigiatore X per dimostrare che con il trucco l’esperimento può essere comunque ripetuto, ed altre idiozie simili. Proprio come è già stato fatto per altri lavori, oppure Lei ha la memoria così corta! Comunque sia, si ritornerebbe al punto di partenza, perché anche in caso di successo si obietterebbe che il “riconoscere” un rimedio omeopatico non significa necessariamente che esso possa funzionare. Per un medico ciò che contano sono i fatti, i risultati e non le teorie! Contra factum non valunt argumenta!
Le propongo io di fare un esperimento: catturi un pipistrello e lo bendi in modo che non veda nulla (molti infatti pensano erroneamente che i pipistrelli siano ciechi). Poi lo lasci svolazzare in una stanza buia e colma di ostacoli; noterà che il pipistrello, pur non vedente, non andrà a sbattere il muso da nessuna parte ma eviterà gli ostacoli con grande maestria. Ora supponga per un momento che non si siano ancora scoperti né gli ultrasuoni né il sonar per identificarli. A questo punto mi dirà ovviamente che il pipistrello non esiste o è un effetto placebo! Proprio un bel modo di ragionare! Il vero problema è che questo modo di ragionare viene spacciato, da alcuni intelligentoni, per vera “scienza”. Anche se non riuscissimo ancora a trovare il “sonar” per l’Omeopatia, il dato inequivocabile è che l’omeopatia funziona quindi essa è una realtà terapeutica!
Ma perché non pensi che voglia sfuggire alla Sua domanda, devo subito confortarla dicendole, che mentre il Vostro bene amato Silvio Garattini pensa di aver scoperto nell’Omeopatia “l’acqua fresca”, Lei invece, ha scoperto “l’acqua nel pozzo”!
Infatti l’esperimento che propone è già stato concepito e realizzato nel lontano 1974 come oggetto di tesi sperimentale di dottorato in Farmacia all’Università di Montpellier. Come vede, è anche in ritardo sui tempi di quasi un trentennio e a questo punto io temo che legga o si documenti solo sulle tesi dei detrattori dell’Omeopatia. Si tratta di esperimenti condotti da C. Luu – D – Vinh con Raman laser su diversi flaconi contenenti diluizioni omeopatiche a confronto con flaconi contenenti solo “acqua fresca” o il “nulla” (LUU-D-VINH, Cl.: Les diluitions homéopathiques. Contrôle et étude par stpectroscopie Raman- Laser. Thèse pour le Doctorat en Pharmacie, Faculté de Montpellier, 1975). Gli esperimenti hanno dimostrato che la spettrometria Raman laser si comporta diversamente se il raggio laser attraversa le soluzioni omeopatiche diluite entro ed oltre il numero di Avogadro o se attraversa le soluzioni che contengono solo solvente che non ha subito i processi di diluizioni e succussioni progressive.
Lo studio delle diluizioni omeopatiche con metodi fisici e tecniche farmacologiche è già stato fatto e continua. Alcuni lavori hanno precisato la struttura fisica delle diluizioni ed i loro meccanismi d’azione. Possiamo riassumerli in qualche riga, ricordando i seguenti:
E. HEINTZ – Strasburgo – Nuove esperienze sul modo di azione delle diluizioni successive (Heintz, Von Erwin:
Physikalische Wirkungen hochverdünnter potenzierter Substanzen. Die Naturwissenschaften, pp. 713-725, 28 November
1941. – Heintz, M.: Vérification expérimentale de la Loi d’Arndt & Schultz (sous presse). Nouvelles expériences sur le mode d’action de dilutions successives.)
C. LUU – D – VINH – Le diluizioni omeopatiche – Controllo e studio con spettrografia Raman-Laser – Tesi Dottorato in
Farmacia – Montpellier – 1974. Questi studi riguardano la struttura fisico-chimica delle diluizioni omeopatiche, e in particolare lo stato fisico delle diluizioni hahnemanniane con l’effetto del Raman-Laser. Essi hanno dimostrato che il processo di dinamizzazione-succussione riesce a modificare il solvente. Ciò è stato messo in evidenza mediante spectrometria Raman- Laser.
Tali studi hanno permesso di comprendere meglio l’azione delle diluizioni omeopatiche, anche al di là del numero di Avogadro. Sottoponendo le diluizioni omeopatiche a un raggio Laser (fascio luminoso monocromatico) ed eseguendo registrazione allo spettrografo Raman delle diffusioni prodotte, si ottengono spettri particolari. Questi dimostrano che le onde caratteristiche del solvente si ritrovano modificate sia in funzione del valore delle diluizioni, che in funzione della sostanza diluita. Si può dunque ammettere che è questo particolare stato fisico il portatore del potenziale reattivo e terapeutico di una sostanza diluita e dinamizzata secondo gli insegnamenti di Hahnemann. Sempre Luu-D-Vinh e J. Boiron hanno successivamente ripreso questi studi (Contribution à l’étude de la structure des diluitions homéopathiques: état d’association du véhicule dans les basses diluitions. Les Ann. Hom. Franç., 21, 379-400, 1979) dimostrando che l’introduzione di un prodotto di base al momento della preparazione della diluizione omeopatica, in un recipiente di soluzione etanol-acqua al 70% provoca due tipi di perturbazioni: a) lo studio delle frequenze e dei fattori di depolarizzazione ha permesso di dimostrare la perturbazione provocata sul prodotto di base a livello della struttura anche della molecola di etanolo; b) lo studio dell’intensità degli spettri ha permesso di evidenziare la perturbazione generata da questo prodotto di base a livello dei raggruppamenti molecolari dell’ambiente. Successivamente questi stessi Autori, partendo dal fatto che le diluizioni omeopatiche hahnemaniane potrebbero essere caratterizzate da uno stato di associazione specifica, hanno dimostrato che un riscaldamento a 120° C della durata di un’ora, modifica in modo irreversibile questo stato di associazione (Luu-D-Vinh, Cl., Boiron, J.: Étude de l’action de la chaleur sur les diluitions hahnnemanniennes par spectrométrie Raman, Les Ann. Hom. Franç., 22, 113-128, 1980). Inoltre hanno tentato di esplorare l’ipotesi del medicamento omeopatico nelle strutture dell’acqua (Boiron, J.: Structure de l’ean e relation avee le mécanisme d’action du medicamente homéopathique. Les Annales Homéopathiques Françaises, 23, n° 5, 1981). Come vede, anche se è difficile da ammettere e da accettare, i rimedi omeopatici sono ben diversi dall’acqua fresca!
Per quanto concerne le ricerche sperimentali per dimostrare la presenza di materia nelle diluizioni omeopatiche è stato utilizzato il metodo degli indicatori radioattivi già molto tempo prima degli esperimenti sopracitati. Numerosi lavori utilizzanti la tecnica della marcatura radioattiva hanno permesso di precisare la realtà della deconcentrazione del medicamento omeopatico. Tracce di radio-fosforo ad esempio, possono essere ancora rintracciate in una soluzione diluita alla 18a decimale o 9a centesimale. Ecco alcuni esempi:
Nel 1946, a Parigi, P. DAUDEL e M. M. ROBILLIART misurano al contatore Geiger la radioattività di diluizioni successive di bromuro di potassio radioattivo. Il bromo radioattivo poteva essere rivelato fino alla nona diluizione cinquantesimale. La concentrazione di questa diluizione è vicina alla 10-15, ossia alla quinta diluizione decimale hahnemanniana.
Nel 1954, a Parigi, M. BONNET-MAURY, professore di fisica all’Istituto Curie, fu incaricato dalla commissione farmaceutica del Codex di studiare le diluizioni Korsakoviane. A tale scopo utilizzò il fosforo radioattivo. L’isotopo radioattivo P32 manifesta ancora una risposta al contatore Geiger alla due millesima diluizione Korsakoviana; gli autori si erano limitati nelle loro ricerche a questa diluizione (Bonnet-Maury, P., Daysine, A., Voegeli, M.L.: Étude des diluitions Korsakoviennes par les radioisotopes. Les Annales Pharm. Françaises, 654, 1954. – Bonnet-Maury, P., Voegeli, M.L.: Étude des diluitions homéopathiques par les radioisotopes. Les Annales Homéopathiques Françaises, tome 12, sept.-oct. 1954).
Nel 1965, a Lione, J. BOIRON e M.me BRAISE hanno studiato la radioattività di diluizioni Korsakoviane a partire da due soluzioni contenenti Iodio 131 come elemento radioattivo: – una soluzione di ioduro di sodio; – una soluzione isotonica di albumina umana iodata. Le curve di deconcentrazione rilevate hanno dimostrato di possedere una andatura bidirezionale: – nel corso delle 3 o 4 prime operazioni, la deconcentrazione è unicamente legata alla diluizione realizzata con ogni ciclo (praticamente 1/100); la curva è sensibilmente rettilinea: – al di là della 4a o 5a diluizione Korsakoviana si constata una brusca caduta della radioattività e, a dispetto delle diluizioni successive, la radioattività resta sensibilmente costante da una diluizione alla successiva e non diminuisce che molto lentamente giacché è ancora perfettamente misurabile nella 100a o nella 200a Korsakoviana.
Nel 1972, a Bordeaux, il Professor DUCASSOU ed i suoi collaboratori hanno studiato il comportamento di altri elementi radioattivi su alcune diluizioni korsakoviane preparate con un prototipo di dinamizzatore concepito da M. H. POURET, Professore all’E.N.S.A.M. e realizzato a Bordeaux. Sono state utilizzate tre differenti soluzione radioattive:
– una soluzione isotonica di partechnetato di sodio
– una soluzione isotonica di siero albumina umana marcata allo iodio 131
– una soluzione isotonica di Rosa Bengala marcata allo iodio 131.
I risultati ottenuti sono completamente comparabili a quelli riportati da BONET-MAURY con il Fosforo 32 ed il Sodio 23 e da J. BOIRON e BRAISE con lo Iodio 131, vale a dire che nel corso delle prime quattro operazioni la deconcentrazione è unicamente legata alla diluizione realizzata ad ogni ciclo, e questa porzione di curva resta sensibilmente rettilinea. Al di là della 4a diluizione Korsakoviana, si verifica una brusca caduta della curva e l’attività resta sensibilmente costante da una diluizione all’altra, essendo perfettamente misurabile fino alla 200 K. Malgrado le difficoltà tecniche inerenti a questo tipo di ricerca, i risultati dell’insieme di queste sperimentazioni, confermano la presenza della materia nelle diluizioni hahnemanniane fino alla 9 CH e nelle diluizioni Korsakoviane fino alla 200 K. L’attività delle diluizioni hahnemanniane oltre la 9 CH sono state provate mediante altre tecniche farmacologiche. Ora, per dare ai lettori un’idea di cosa sia la dispersione molecolare di una 9 CH (10-18) è bene sapere che essa non contiene più che una goccia del prodotto attivo per più di 500 miliardi di litri di sovente! Immaginiamoci una 30 CH! Sarebbe come un granello di sabbia nel deserto del Sahara.
Ebbene, i lavori pubblicati su The Lancet, ai quali daremo spazio nei prossimi numeri della rivista, con relative critiche e metaanalisi, hanno dimostrato di possedere un’azione terapeutica proprio con tale diluizione, che è ben oltre il numero di Avogadro!
Al fine di escludere l’interferenza dell’effetto placebo, sono stati condotti esperimenti anche su animali pluri e unicellulari, su alghe, piselli, grano, enzimi e substrati biologici, comprese le feci di piccione (la prego ora non mi venga a dire che anche i germogli di grano, le alghe, i piselli o gli escrementi radioattivi di piccione si affezionano al terapeuta sviluppando l’effetto placebo, altrimenti finiamo qui il nostro discorso). Non solo, ma sono state riprodotti quadri patologici sperimentali come l’epatite da tetracloruro di carbonio in ratti i quali sono poi stati trattati con Phosporus in diluizione omeopatica e placebo.
Venne scelto il fosforo perché le lesioni epatiche che provoca sono anatomopatologicamente simili a quelle indotte dall’intossicazione da tetracloruro di carbonio le quali a loro volta sono anche simili a quelle indotte dal virus dell’epatite virale. I dati di questi lavori hanno dimostrato che i ratti trattati con Phosphorus alla 7 CH presentano diminuzione altamente significativa delle transaminasi confronto a placebo, ma la cosa più straordinaria e che i ratti che hanno assunto Phosporus alla 15 CH (diluizione che va ben oltre il suo amatissimo numero di Avogadro) presentano una restitutio ad integrum delle lesioni epatiche controllate mediante biopsia sempre confronto a placebo. Questi sono esperimenti facili da eseguire in un qualsiasi laboratorio, poco costosi e soprattutto ripetibili. Perché se è tanto interessato alla ricerca della verità non si mette a farli anche Lei invece di perdersi in cervellotici quanto inutili sofismi o proporre esperimenti che nulla hanno a che fare col comune buon senso e che non tengono conto della legge del simile? Legga professore, legga e mediti più serenamente, senza farsi oscurare la mente dal pregiudizio e da posizioni preconcette. Gli alfieri del buonsenso sono sempre pochi, in minoranza e considerati con sufficienza. La validità della “eresia” omeopatica è stata dimostrata anche in laboratorio, e i lavori, già numerosi, sarebbero molti di più, se non fosse che pochi osano fare esperimenti che li bollerebbero come eretici e che nessuno è disposto a fornire fondi e finanziamenti.
Come vede il “dialogo” tra omeopatia e i suoi incalliti detrattori è ben lungi dall’essere risolto. Ora forse Lei capirà la diffidenza e la cautela con cui gli omeopati a volte sembrano così poco disponibili al “sereno confronto”, che sarebbe meglio definire “massacro”. Quando le guarigioni avvengono con l’omeopatia sono infatti sempre attribuite al caso, all’errore di interpretazione, all’effetto placebo, a guarigioni spontanee, a chissà quale miracolo, al rapporto di empatia che si è stabilito tra medico e paziente ecc. Non le è mai venuto in mente il minimo dubbio che qualcuno stia barando o sparando sulla croce rossa? Chi bara in questo caso non sono certo gli omeopati! Come può ben vedere, professore, l’omeopatia ha sempre da rimetterci, anche quando ha ragione, anche quando cura e guarisce, anche quando importanti riviste scientifiche pubblicano i suoi successi e quando la verità è così palesemente visibile! Scriveva J. Compton Burnett, pioniere e maestro dell’omeopatia inglese: “Coloro i quali hanno assistito alle grandi guarigioni mediante l’Omeopatia e tuttavia si oppongono alla verità, devono possedere un’immensa ottusità ed essere totalmente privi di ingegno. Anche se uno risorgesse dal regno dei morti, essi non ci crederebbero”. Questa frase, scritta quasi un secolo fa, mi sembra oltremodo profetica e ancora di straordinaria attualità. Ritengo di aver risposto alle Sue domande anche se credo di aver sprecato tempo e fatica, ma era mio preciso dovere farlo. Riceva i miei più distinti saluti e a mai più risentirci!
Fernando Piterà.
sono assolutamente d’accordo con il prof. Piterà’ che oltre ad essere un grande medico e’ un grande uomo, e che ha una rara qualità l’interesse sincero e disinteressato al genere umano è il rispetto della verità !!
Bravo, Fernando!
Non avrei saputo rispondere meglio…
Ciao!
GIORGIO
In effetti, caro Giorgio,
il gran Fernando ha fatto proprio un buon lavoro!
Approfitto anch’io per ringraziarlo nuovamente.
Sono un medico omeopata come il dott. Piterà, ma più giovane e meno bravo. Non posso che essere d’accordo con il collega dott. Piterà, di cui ho una grande stima, in quanto ho partecipato a più di un corso in cui faceva da relatore.
Caro Giorgio,
sono davvero molto contento.
L’omeopatia è ad un bivio: la prescrizione di rimedi magistrali non è più seguita dalla loro dispensazione in Farmacia, per i problemi che sai.
Ho pensato più volte come garantire il principio omeopatico nel terzo millennio, alla luce dei dettami hahnemanniani, in chiave evoluta (come avrebbe fatto Lui oggi). Mi farebbe piacere se Tu mi concedessi l’onore di leggerTi HYDROBIOTRONICS:
http://salvatoreraino.com/hydrobiotronics-en/
Grazie di avermi inserito nel Gruppo. Sarà per me un onore partecipare al meglio che posso.
Saluti
Caro collega Salvatore, con te mi complimento per aver inserito nel tuo sito quest’importante documento dell’amico Fernando Piterà, che reputo – oltre che un grande omeopata – anche un eccellente fitoterapeuta ed un bravissimo docente.
Ciao!
GIORGIO
Uno scienziato ed un uomo vero il Dr. Pitterà, un vero onore averlo conosciuto. Condivido pienamente l’articolo espressione di competenze e studi reali
Dimitri S.