Il valore della persona dentro e fuori la Scuola

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Il valore della persona dentro e fuori la Scuola

 

Qualche tempo fa, ho visitato una persona di più di sessant’anni di età, un uomo,un imprenditore, che è arrivato nel mio Studio preceduto da una fama notevole: un realizzatore, una persona importante, una di quelle figure che rappresentano le colonne portanti di un contesto industrioso e produttivo come quelle della città in cui vivo: Altamura.

L’aspetto distinto, importante, un carisma naturale ed una figura che non passa inosservata, già per l’atmosfera che crea attorno a sé.  Lo sguardo penetrante ed un modo di fare suggestivo.

Nel corso della visita, prenotata per uno dei mille motivi per cui si può andare da un Medico, si fa luce, attraverso le parole, i racconti e le vicende della sua vita, una storia che ha posto in vibrazione la mia più profonda sensibilità ed ha richiesto la stesura di questo racconto che io ho il dovere di offrire alla riflessione di tutti perché sento che è giusto farlo.

Questa persona non è andata oltre la seconda elementare! Veniva portato a scuola trascinato da vari adulti, perché lui non voleva più andarci e così fu: egli interruppe gli studi e cominciò a lavorare…e, nella sua vita ha lavorato tanto, ma davvero tanto, e si è messo in luce per il suo valore, divenendo uno dei più noti imprenditori, apprezzato  e stimato, ed ha avuto successo da molti punti di vista.

Dunque una persona che ha lavorato molto e che non ha mai perso tempo, ma che non voleva andare più a scuola. Sapete perché?

Quest’uomo che per mia scelta chiamerò con un nome che non è il suo, in modo da rispettare la privacy, riceverà da me nelle righe successive il nome di Salvatore.

L’uomo, nel suo settimo decennio di vita, mentre parlava, sbatteva ripetutamente sulle gambe una busta con gli incartamenti sanitari, il suo sguardo brillava, col tempo spiegava la sua vita e capivo che quegli occhi erano  del bambino di sette, otto anni,  ferito nella sua dignità, che aveva dovuto scappare via per salvare qualcosa che la scuola aveva tentato di distruggere.

Salvatore ha attratto la mia attenzione con racconti che mi hanno ricordato racconti simili di mio padre e di mia madre, storie che ascoltavo dalla loro voce quando ero bambino e che, forse avevo quasi dimenticato o che, in qualche modo non avevo posto in primo piano sotto il mio sguardo.

Si tratta delle punizioni comminate dai maestri di scuola elementare di soltanto qualche decennio fa: essi sollevavano dalle basette i bambini per loro meritevoli di punizione, li costringevano a sopportare numerose punture a sangue del palmo delle mani che venivano afferrate e tenute ferme per infliggere una vera e propria tortura, spesso camminavano sul corpo dei bambini che, perché più robusti, potevano sopportare.

Non è finita qui: con bacchette e canne di bambù erano previsti copioni dell’horror veri e propri, tutto ciò ogni giorno, per anni, un vero e proprio lager che non poteva essere denunciato da nessuno a nessuno   e che si perpetuava per l’intero corso quinquennale di studi elementari. I bidelli aizzavano i maestri e rinforzavano i comportamenti già così violenti che generavano nei bambini un vero e proprio terrore.

La maggior parte di loro sopportava, ma qualcuno no, Salvatore era uno di questi!

Quasi sempre, i comportamenti ritenuti perseguibili con le punizioni descritte erano soltanto la normale vivacità di bambini che avevano un naturale bisogno di giocare e muoversi un po’.

Oggi, un racconto del genere sembra quasi impossibile, ma pochi anni fa era molto frequente e nessuno si sarebbe mai sognato di tentare di capovolgere un andazzo così violento e privo di qualunque umanità.

Salvatore lavorava in campagna, faceva il pastore, accudiva le greggi, e con gli anni, si è cimentato con mille attività, dimostrando sempre di più il proprio carattere vincente ed il carisma naturale che lo ha portato a compiere grandi opere e a godere del rispetto e della stima di tutti. Un datore di lavoro, rispettato e ben voluto, che ha raccolto successo.  Egli non ha mai disdegnato il lavoro e diversi anni dopo ha preso con un corso serale la quinta elementare, riscuotendo anche in quell’occasione la stima ed il rispetto degli insegnanti che volentieri lo hanno elogiato con numerosi complimenti ed hanno posto in rilievo le sue qualità

Che cosa fa un Maestro! Crea o distrugge il futuro di una persona!

Salvatore ha conservato per tutta la vita un certo imbarazzo, poiché pensa che,  se avesse resistito, avrebbe potuto approdare ad un livello di studi ben più avanzato. Io lo rassicuro: egli ha vinto ed ha dimostrato che il valore di una persona è una forza inarrestabile.

Personalmente approvo il suo diniego a proseguire gli studi, anzi nutro per lui una particolare ammirazione, perché lui ha avuto il coraggio di sottrarsi, ad ogni costo, ad una situazione malata che non andava avallata per nessun motivo ed in nessun caso. Secondo il parere di molte persone,  lui avrebbe dovuto sopportare, ma io mi chiedo se abbia sbagliato di più lui o gli altri bambini che hanno continuato ad andare a scuola e che oggi, magari, sono anche dei laureati.

Infatti, mi chiedo quanto senso ha essere capaci di sopportare vicende del genere raccontato, quando poi nella vita siamo forse diventati incapaci di reagire alle continue malefatte che oggi contraddistinguono il vivere sociale e vedono masse enormi di individui assolutamente incapaci di difendersi.

Ci vuole coraggio  a fare come Salvatore, ci vuole quella forza di tagliare le ali al proprio destino, ma Salvatore ha vinto ugualmente.

C’è una frase che, nel corso della visita egli ha detto e che ha mosso un’eco fortissima in me:”Io, quando lavoro, non guardo l’orologio”. Un’altra frase:”E’ inutile che gli operai si fanno vedere al lavoro, quando viene il titolare! Proprio in quel momento è bene che si fermino, potranno riprendere a lavorare quando lui va via”…”ma dovranno lavorare sodo per mostrare i frutti del  proprio lavoro quando il titolare tornerà” .

Questo è Salvatore, un bambino scappato da una scuola-lager, che non ha potuto conseguire titoli di studio avanzati, ma che è uno dei più brillanti imprenditori del nostro contesto lavorativo, operoso e dignitoso.

Come la mettiamo? Ci sono delle responsabilità?

La nostra società civile è composta da persone che hanno attraversato un’epoca così e dovremmo chiederci qualcosa in relazione alle possibili conseguenze che ciò ha potuto procurare nelle persone, nelle abitudini, nei meccanismi sociali della nostra quotidianità.

Personalmente, posso raccontare la mia storia delle Scuole elementari: il mio Maestro era una persona abbastanza illuminata, in quanto si distingueva da altri suoi colleghi per un notevole equilibrio negli stili pedagogici. Ricordo che altri maestri erano soliti comportarsi, anche ai mie tempi, che seguivano di qualche anno quelli di Salvatore, con molta violenza e punitività. A me è accaduto di essere stato messo in ginocchio sul pavimento con i ceci sotto le ginocchia, forse una volta,  perché mi annoiavo durante le lezioni che talvolta trovavo scontate, dato che ero molto studioso,  e perciò non mancavo di portare sotto il banco i lavoretti che avevo intrapreso a casa, lavoretti che volentieri mi erano sequestrati e non erano restituiti più (motorini elettrici, piccoli circuiti con lampadine etc).

A me è andata abbastanza bene ed anche ai miei compagni di classe, ma così non è stato in altre classi, dove udivamo urla continue e pianti ed era davvero spaventoso passarvi affianco perché si provava una terribile angoscia.

Ora ricordo di aver sentito anche altre storie simili: i compagni di classe più robusti erano reclutati dal maestro a tenere fermo il punito di turno mentre gli si infliggeva la punizione corporale: bacchettate ripetute e sculacciate serie.

Questa era la Scuola per molti di noi e peggio per le generazioni che mi hanno preceduto!  Ha senso parlarne oggi? E’ giusto tacere? Quale storia ha innescato tutto ciò?

E’ giusto educare dei bambini in questo modo? Quale utilità ha realmente un modo di fare del genere? E’ possibile che ciò abbia generato dei danni e che ancora oggi i loro effetti siano in mezzo a noi?

La scuola si fa carico della formazione e dell’educazione delle persone. Siamo sicuri che anche oggi non vi siano dei comportamenti “scolastici” capaci di arrecare danno all’evoluzione dell’individuo?

Molte volte, anche senza che si realizzino copioni punitivi del genere già raccontato, sembrerebbe che altri copioni di castrazione, di normalizzazione e di appiattimento siano normalmente utilizzati per annichilire l’originalità dell’individuo e la sua forza creativa.

Da Medico, mi assumo la responsabilità di dire che, molti individui sono stati danneggiati da una scuola discutibile e che molti talenti non sono fioriti a causa dell’insegnamento scolastico.

Io stesso, pur essendo stato sempre uno studente modello, riconosco di essere stato quasi sempre rallentato dagli obblighi scolastici di ogni ordine e grado! La vera libertà della mia espressione intellettiva e culturale non è legata alla scuola. Eppure ho studiato fino a maturare, dopo il Liceo, ben venti anni di titoli accademici.

Ritengo che questo dover passare ad ogni costo da una scuola rigidamente performante sia uno degli ostacoli più gravi all’evoluzione dell’intelligenza umana e al miglioramento delle condizioni di vita sul Pianeta.

Non è sempre vero che la scuola produce frutti positivi, ma purtroppo, moltissime volte questa istituzione isterilisce la grandezza dell’uomo e scatena situazioni che di colto ed evoluto non hanno proprio nulla.

Le dinamiche di insegnamento e quelle di apprendimento potrebbero essere riviste profondamente, per esempio alla luce della dottrina antroposofica steineriana, ma non solo.

Il problema è che, nella Scuola, si riversano tante disfunzioni del vivere comune che la Scuola non riesce a tenere fuori delle propria mura. Per esempio, la superficialità, il ricorso ai farmaci per qualunque problema, le azioni di disturbo verso la coscienza umana, la competizione e la venalità, schiavitù da diverse cause, come dal cellulare.

Nonostante tutto, conservo un’immagine della Scuola che ho frequentato come di un luogo importante e con la giusta dose di severità e di rigore. Forse oggi, in molti casi, si è passati dall’altra parte, cioè ad uno stile troppo permissivo in cui è consentito qualunque comportamento, anche quello più sciatto e anonimo.

Ricordo che un mio grande insegnante, il Professore Domenico Giorgio, Docente di Italiano al Liceo Classico Cagnazzi di Altamura, ripeteva in continuazione che “maturità è acquisizione del senso della misura”.

Sarebbe bello che la Scuola si occupasse primariamente delle emozioni degli allievi e del loro temperamento, con estrema attenzione alla coltivazione delle più nobili ed originali inclinazioni. Il nozionismo con l’intento di creare cultura rischia di generare un distacco animico fra il Maestro e l’allievo, che invece ha bisogno di trovare in lui soprattutto un modello coerente di persona impegnata socialmente in modo utile ed originale.

Il sommo insegnamento dovrebbe essere “il bene comune”, che dovrebbe riempire  tutte le occasioni per trasmettere il senso del futuro ai giovani. Aggiungerei: l’amore per la natura, per la vita, per il sapere, il senso di responsabilità per il Pianeta, il dovere di creare la felicità per il mondo, come dice il Dalai Lama.

Un giorno vorrei che nessuno possa dirmi di non aver voluto fare scuola, sono pronto ad insegnare tutto quello che della vita ho capito, questo dovrebbe essere il nucleo con cui ogni insegnante si colloca all’interno del suo ruolo, in mezzo alle persone a lui “affidate”.

Abbiamo bisogno di Insegnanti carismatici, che non hanno bisogno di chiedere il rispetto e che riescono ad affascinare, con ogni loro gesto ed ogni loro sguardo, i ragazzi che li guardano e pendono dalle loro labbra.

Molti Insegnanti restano per i loro studenti uno dei più grandi riferimenti di tutta la vita: questa è SCUOLA.

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