Stati mentali: la visita

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Stati mentali: la visita

Mentre cammino, stamane, per il corridoio, tornano in mente delle raccomandazioni di mio padre, che lui mi dette più di quaranta anni fa.

La memoria è vivida, come un senso di calore piacevole dentro, al centro del torace, come una fiammella di colore arancio, sinuosa e intensa, che illumina l’antro in cui, come una sfera magica, viaggia la mia anima.

Ho trascorso la giornata di ieri ad ascoltare storie, raccontate con i ritmi di ognuno, nel silenzio delle pause fra le parole, nonostante tutto, con la passione,  le vibrazioni, come un vento costante, proveniente da un pianeta incantato, le anime degli umani.

Le emozioni rallentano e vengono miscelate come il caffè, quando giri il cucchiaino nel latte e lo vedi sparire dopo averti danzato davanti, in vortice, per vari milionesimi di respiro.

E’ la poesia del chiudere gli occhi, nel momento giusto, che ti aggiunge nitidezza alle immagini, in lento movimento verso di te o via da te.

Accade, talvolta che tu possa anche viaggiare, per qualche istante, dentro i ricordi degli altri, che ti guardano, incantati, con gli occhi lucidi, come se ti dicessero che ti stavano aspettando, che non puoi andare via, che significhi quello che hanno pensato da sempre, ma non credevano potesse esistere. Ti senti magico e scompari, piccolo, allontanandoti, all’orizzonte.

I nessi, quelli che potrebbero dirti di che cosa potresti accorgerti, se stai attento, ti portano, lesti, da un’altra parte, così capisci che, devi tenere le mani leggere sulla barra del timone, per lasciare che la corrente ti guidi. Il mare è calmo, con piccoli mulinelli argentati. Piroettano, spariscono e ritornano di sorpresa, tu sparisci e sorridi, con gli occhi socchiusi.

Una tenue foschia, di ovatta, si alza e galleggia nell’aria. Sei oltre. Tutto è fermo e tu…non esisti più. Sai tutto.

Ricordi i pescatori, al mattino, con la lana gialla cardata, i nodi, le reti, la risacca ai lati della barca? Le maglie sudate, ma calde: che bello, guardarli in silenzio. Addio.

Passano gli anni, la persona che hai di fronte racconta, è presa. Tu, ti sollevi a qualche palmo dal pavimento, sei una sfera di luce, come un disco volante, lo guardi e lo ispezioni nell’anima. Si è perso. Lo continui a guardare. Si ferma, non parla, ti guarda. Gli piaceva, quando andava in campagna dai nonni, ricorda. Ora ha perso anche un figlio. L’anno scorso gli è morta la mamma. Piange, abbassa il capo, lo scuote. Aspetta che tu gli dica qualcosa.

Congiungi le mani e le poni davanti alle tue labbra, chiudi gli occhi, solo un attimo, lui si ferma e poggia le braccia sui braccioli della poltrona. Le mani abbracciano le estremità degli appoggi, larghe, come a non lasciarli andare. E’ il momento. “Dottore, le devo dire una cosa che non ho mai detto a nessuno”. Si ferma…e già la sapevi.

Amici miei, belli, dove siete? Come farò a spiegarvi, quando ho capito, che cosa mi hanno detto, quale viaggio ho compiuto ieri?

Scoppietta dentro il tuo cuore, il fuoco, che parte da un tronchetto che ha smesso di fischiare tra una nuvoletta di vapore e una scintilla. Grazie, memoria. Sei indietro negli anni, ma non puoi essere altrove…Ti ha riportato il racconto, siete insieme davanti alla scena antica, seduti, mentre fuori nevica, il vento gioca fra i comignoli ed accartoccia il fumo fra i tetti.

Continui a rimanere in silenzio, lui si prende le mani e  poggia le braccia sulle ginocchia. Ti guarda, attende e ti chiede che cosa deve fare. Sei fritto, come le pizzelle della nonna, nell’olio frizzante, tra le pentole e gli strofinacci, col cucchiaio di legno posato sul banco… che cola. Sei come , lui. Lo accompagni. Muori un attimo e ti stringi ai ricordi più belli, sei oltre. Lui con te. Ti ringrazia.

Questa è la vita di un terapeuta, che ha scelto di riviaggiare nella sua vita attraverso quella degli altri. E li ricorda, nelle sue avventure.

Buongiorno signora. Come sta? Le è passata la voglia di rimanere in casa? Non penso più a questo, ora devo badare al negozio che non va bene. E’ un problema.

“Te lo dicevo io….non t’illudere”. Ritorna da molto indietro un ricordo, il suono dell’ennesimo richiamo alla realtà. Il paziente continua e ti rimette in viaggio con lui.

Ora basta. E’ un sogno. Sei oltre e non cerchi, ma cammini lento, lungo un crepaccio, sulle dolomiti.

Siamo come cellulari, ognuno il suo numero. Le chiamate sono individuali, le interferenze mortali.  La parte rocciosa si sgretola e cadono delle pietroline nell’abisso. Le guardi.

Seduto, alla luna che primeggia. Perso, con la bussola rotta. Al freddo, mentre ti stringi da solo con le tue braccia. Gli scarponi nel ruscello, ancora coperti di neve. Le foglie secche sotto i piedi. La braccia dietro il capo a guardare le stelle.  La lepre che ti sbuca davanti e si dilegua fra i cespugli in  baleno. E’ notte, accendiamo il fuoco, dammi la mano. Ti penso.  Il vapore che ti esce dal petto. Il ghiaccio sul naso, in mezzo alla bufera. Sciare dritti per il pendio. Le mani nei guanti alla cordata. La paura e il coraggio che si prendono in giro. Non puoi farlo più. Ma è stato bellissimo. Scivoli, sul ghiaccio, prendi velocità. La tuta che si taglia e tu, che punti gli scarponi per non precipitare nel vuoto. Sei tu. Ancora in vita. Cazzo! Signore ti ringrazio. Adesso stai attento. Parli da solo, stringi i pugni. Buongiorno dottore, posso chiamarla domani? Chiudi il sacco a pelo. Il fuoco ha ancora due ore. Disponi la legna per dopo. Fa freddo. Meglio, non dormire. Gli animali ti guardano nel buio. Hanno paura del fuoco. Vogliono sapere  chi sei. Nonpuoifermarticongeli. Aprirai la mente al riparo. Domattina alla tre si riprende. Buonanotte ragazzi. Le virgole costano. Poi vediamo. E’ natale. Da quanti giorni siamo nella neve? Può darsi che caschi la montagna stanotte. Eppure fa tanto freddo. Silenzio! La gola arsa. La sciarpa con le stalattiti di ghiaccio… azzurro… Il fuoco non parte. La legna è di vetro. Addio. Il cuore di pietra. E’ la fine.  Questa grotta non finisce mai. Non ce la faccio più. Resisti, vedrai. Attenzione! Il fiume si ingrossa. I lupi ti guardano. Ricordi il calore del sole. La tempesta nel mare, le braccia, il respiro. E’ la vita.

Riprendo a visitare, il paziente è guarito. Non basta. E’ tornato a vivere. Vuole venire con me.

In montagna.   Questa volta lo porterò con me. L’uomo ha vinto. Il medico …pure.

La forza che ogni terapeuta può usare, viene da molto lontano. E’ intrisa di sudore e paura, di coraggio e di tutte le stelle che è tornato a guardare, di notte, tra un’avventura e uno spasimo d’amore.

Lauree a parte, ho imparato tra i boschi a curare.

2 COMMENTI

  1. Il bene ed il male sono inscindibili espressioni della dimensione umana. L’intelligenza creativa ha concepito denaro e tecnologia come strumenti che potrebbero garantire benessere materiale senza limiti, ma essi sono stati subito convertiti in sistemi di oppressione e distruzione.

    Oggi, ma è storia antica, ovunque si volga lo sguardo l’umanità appare oppressa e sofferente, eppure il Tuo sguardo – giustamente – va a “fuochi di consapevolezza sempre più diffusi e intensi”. Il fuoco è un elemento distruttore delle vecchie forme, ma le sue ceneri concimano la madre terra da cui nascono nuove forme e nuova vita.

    Siamo alla vigilia di cambiamenti epocali e probabilmente ciò non sarà indolore, ma se l’essere umano si evolve principalmente grazie alla sofferenza la colpa non è solo all’esterno, ma anche nella incapacità di percepire la bellezza dell’esistenza ed orientare le proprie scelte in tale senso.

    L’augurio per questo 2016 è che quelle fiammelle di consapevolezza possano diventare un incendio interiore che faccia aprire gli occhi a molti sulla loro vita e su chi la vuole manipolare.

  2. Caro Salvatore, non ho parole. Sono felice di averti conosciuto. Grazie. Massimo. Mi sembra di ascoltare il Prof. Vittorio Marchi il grande fisico quantistico che seguo da anni.

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