Quale Polizia

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DAL DIZIONARIO ETIMOLOGICO
Polizia: parte del Governo che si prefigge l’intento di assicurare l’esecuzione delle leggi, le quali si riferiscono alla tranquillità dello Stato medesimo, alla sicurezza e al benessere degli individui.

La Nazione è composta di persone che si aggregano attorno al nucleo di una cultura, pervasa un legame inviolabile col Territorio.
Il Governo ha il dovere di tutelare e promuovere ogni attività statale tesa in tal senso.
Fondamentale principio alla base della sana attività di Governo è mantenere la supremazia della sovranità del Popolo, motivo stesso per cui ha senso appartenere ad una Nazione.
Lo spirito nazionale, il mantenimento dell’orgoglio di appartenenza alla Nazione non devono essere contrattate con le esigenza di internazionalizzazione, nel momento in cui queste ultime riescano ad intaccare l’integrità dell’organismo di un Paese e intacchino la salvaguardia della facoltà di stampare moneta senza cascare nella trappola del signoraggio bancario, a maggior ragione se privatizzante o favorente parassitismi che accentrino la gestione del destino delle Nazioni in ambienti privati lontani dall’interesse nazionale.
Ogni attività, contraria allo spirito profondo della Costituzione, tesa a disintegrare l’unità nazionale, intesa come autonomia della stessa, anche se federata secondo le inclinazioni territoriali delle varie aree, è un attentato alla vita dello Stato.
La vita delle persone è preziosa, specialmente quando esse rappresentano le esigenze dell’intera comunità, e in quel caso, cessano di essere solo individui e rivestono l’importanza della Persona, nella sua prospettiva storica.
Ieri, giovedì 21 dicembre 2017, ho potuto toccare con mano, ancora una volta gli elementi che rendono necessaria l’azione di ripristino della legalità da noi condotta, con gli amici del Movimento Liberazione Italia del Generale dei Carabinieri Antonio Pappalardo.
Come è ormai noto a chiunque abbia voglia di essere ben informato, il nostro Movimento ha messo punto un dossier di elementi certi che contestualizzano la necessità di intervenire con l’arresto in flagranza di reato per Sergio Mattarella e tutti i parlamentari abusivi, che commettono tutt’ora il reato di esercizio abusivo di potere politico.
Non si tratta di delirio paranoico da parte di qualcuno di noi, ma di evidenze assolute e incontrovertibili, che bisogna soltanto avere il coraggio di vagliare secondo il criterio per cui “La Legge è uguale per tutti”.
Come se non bastasse tale elemento di rilievo, sostenuto da autorevoli avvocati e procuratori, nonché da eminenze del mondo professionale italiano nel settore della politica, della finanza e dell’economia, e di altri ambiti pertinenti, è artatamente occultato e reiteratamente distorto, sino al punto di ribaltare le accuse su coloro che abbiano a porre in evidenza i fatti reali.
Purtroppo, alla luce delle gravissime condizioni in cui versa la nostra Nazione, sempre di più con il passare degli anni, siamo costretti a constatare che la situazione di collusione diffusa di stampo mafioso non può essere fermata senza una presa di coscienza netta da parte dei rappresentanti illuminati che scendono in difesa dell’intera popolazione.
E in tal senso, ci stiamo muovendo, mossi soltanto dai valori più grandi e assoluti, che ci danno il coraggio per affermare ciò che altri non hanno la volontà di considerare, pur sapendo che è tutto vero.
Nella mattinata di ieri, intorno alle 11.30, una delegazione di quattro persone, il sottoscritto, Salvatore Rainò, il Generale Antonio Pappalardo, l’Avvocato Antonello Secchi e il Commissario Giuseppe Pino, si è recata presso il Quirinale, che era stato preavvisato dal Movimento Liberazione Italia, per notificare l’arresto di Sergio Mattarella, secondo i crismi inviolabili della Legge, nella particolare e penosa situazione italiana, che siamo costretti a sopportare.
Il preavviso aveva la funzione di placare gli animi ed evitare che ci fossero malintesi, perché anche se per certi versi la situazione che richiede il nostro intervento è gravissima, noi continuiamo a ripetere che intendiamo gestirla senza colpi di mano, senza disordini inutili e senza creare situazioni che non gioverebbero a nessuno.
Infatti la nostra funzione sociale è quella di giovare a chiunque, specie agli interessi supremi della comunità.
L’accoglienza alle porte dei Palazzi è stata contrassegnata da una scarsa disponibilità all’incontro e al rispetto della persona umana, in quanto la delegazione è stata fatta attendere in mezzo alle correnti del vento freddo che imperversava, mentre i vari personaggi, che si avvicendavano nell’interfacciarsi con noi, apparivano visibilmente impreparati a gestire con serenità la situazione.
Tale indisponibilità mi ha lasciato meravigliato, anche se, un po’, già temevo che avremmo potuto sperimentarla, dato che ho già avuto l’occasione di imbattermi nella meschinità di alcuni personaggi, che, diciamo per lavoro, si trovano costretti a sottomettere la propria dignità e la propria coscienza a funzioni molto particolari, cui sono asserviti, pena il rischio di perdere il posto di lavoro o, magari, doversi sottomettere a trasferimenti a distanza dalla loro attuale sistemazione.
Lungi dal prestare il fianco a critiche, sin troppo gratuite, di qualcuno che legga come mi sto esprimendo, purtroppo devo confermare, che, anche per la mia funzione sociale di confidente di tante persone, in “camera veritatis”, sono perfettamente consapevole di quanto sto dicendo.
Anche se questa società appiattisce e deprime i profili di qualità delle persone, specie se si tratta di persone di un certo rilievo, non dimentichiamo che il mio ruolo sociale è fra i più apprezzati e rispettati, sia per il mio interminabile corso di Studi, che per il mio curriculum e il mio profilo di personalità, che mi rendono, come la cucina Scavolini, fra i più amati fra gli italiani.
Lo stesso dicasi per gli altri membri della valorosa e impeccabile Delegazione del MLI.
Forse quelle persone pensavano di trovarsi di fronte a dei malviventi, forse di fronte a degli esaltati, ma più passavano i minuti e più essi hanno dovuto constatare che il nostro agire era impeccabile, autorevole, ma soprattutto che il nostro agire, rappresentato dagli argomenti che il Generale Pappalardo svolgeva per rispondere alle domande degli interlocutori, era l’unico agire possibile, per tenersi nella legalità e per evitare la violenza che, per la disperazione sempre più profonda a diffusa, nella drammatica situazione che l’Italia sta vivendo, più volte è emersa e potrebbe esplodere da un momento all’altro, senz’altro non per azione del MLI.
Evidentemente, però, i nostri interlocutori non devono essersi posto il problema del senso del dovere, quello che imprescindibilmente muove il nostro agire e che, in una situazione assolutamente pregiudizievole, che è quella loro, impedisce che il nostro incontro sia un momento di relazione sana e autentica e che assolva alla funzione assoluta, che è molto al disopra del loro ruolo, come anche della nostra presunta e solo congetturata individualità, da loro definita abnorme.
L’assurdità del loro comportamento ostile è ingiustificata dai loro compiti, che non attengono a validare i motivi della nostra azione, oltre al pregiudizio secondo il quale, in quanto guardiani delle Istituzioni essi possano ritenere che difendere degli scellerati significhi proteggere il significato profondo delle Istituzioni, che tali individui dovrebbero rappresentare, ma che, a furor di popolo, non rappresentano.
E’ patetico che, ancora oggi, nel terzo millennio, vi sia una tale rigidità nel gestire ruoli che hanno una così grande simbologia sostanziale, in quanto si riferiscono alla salvaguardia degli equilibri per garantire la sicurezza all’intera popolazione, piuttosto che a pochi singoli infiltrati, camorrescamente e abusivamente nelle stanze del Potere.
Gente senza cultura, come dice il Generale, cialtroni, gente senza valori, senza dignità, che alimenta, senza nessun ritegno, meccanismi perversi, come se un fantasma, che aleggia fra un cambio di turno e il successivo, lasciasse una impronta malsana sul discernimento della persona nella sacralità dello svolgimento della propria funzione al servizio dello Stato, cioè del Popolo sovrano.
I palazzi del Potere dimenticano di essere i palazzi del servizio alla comunità, e divengono luoghi di privilegio, ostentato e cinicamente applicato come se chi bussasse alla porta del palazzo, automaticamente fosse costretto a spogliarsi di ogni propria importanza e dignità, come se ciò che alcuni agenti chiamano riconoscimento si riferisca solo ai dati identificativi, di tipo anagrafico, passando come un rullo compressore su qualunque dato squisitamente dignitario, persino l’eccellenza di una funzione sociale e delle sua immagine.

 

Per non parlare del funzionario che continuava a ripetere:”Signor Pappalardo”, anziché chiamarlo Generale, insultandolo con frasi del tipo:”Ma lei è mai stato un carabiniere”….oppure”Lei ormai non è più Generale, perché è in pensione”, oltre a chiamarlo “mentecatto” e a continuare a non voler capire che il discorso che sottende la legalità della nostra azione è un discorso che, evidentemente, in quando desueto e raramente applicato, è rimasto fuori del suo corollario di nozioni a portata di mano, insomma tanto da non superare un eventuale esame, qualora interrogato sull’argomento.
Tutto ciò è totalmente patetico, quanto lo è il considerare che proprio di utilizza tale comportamento è posto a guardia del sistema istituzionale, che dovrebbe essere la garanzia della sicurezza del Popolo.
Mentre si dibatteva dinanzi all’Ingresso ove ci eravamo presentati, arriva una bambina di circa otto anni che viene accolta festosamente dalle Guardie dei Corazzieri e lasciata introdursi all’interno dei Palazzi. La scena non mi è passata inosservata ed è stato inevitabile pensare a tutti quei bambini che, in condizioni molto diverse, vengono allontanati dalle proprie famiglie, in quanto ritenute inadeguate a prendersi cura dei loro figli, quasi sempre per problemi di povertà, che vengono risolti passando fior di centinaia di euro a case famiglia, dove questi bambini vivono in isolamento da lager, fruttando ingenti guadagni alle strutture criminali che vi si nascondono dietro, in combutta con gli assistenti sociali deviati e con la magistratura collusa (come racconta in modo circostanziato il grande Avvocato Carlo Priolo).
Deviati non sono soltanto gli assistenti sociali, ma anche la Polizia di Stato, quando viene deformata nell’espletamento del proprio dovere, piegandosi a logiche di parte dei governanti non degni di essere a quel posto.
Alcune note molto antipatiche devono essere spese sul diniego di qualificarsi per nome e cognome da parte di alcuni interlocutori che avrebbero dovuto accoglierci civilmente nell’espletamento della nostra singolare funzione, che certamente non andavamo a svolgere con incoscienza e nemmeno con tracotanza, bensì con spirito civico ineguagliabile e con sprezzante senso del pericolo, che in questo caso i Palazzi covavano.
Mi viene in mente che, quando una pattuglia espleta l’arresto di una persona, in situazioni civili, non si oppone resistenza da parte delle persone che ricevono la visita delle Forze dell’Ordine.
Lo so che un arresto non può essere gradito, ma nella fattispecie del nostro gesto simbolico, quanto effettivo, visti precisi articoli di Legge, a maggior ragione, visto che la figura cui l’arresto è rivolto non è esimibile da precise responsabilità di Legge, anche se da consegnare per il vaglio definitivo alla Magistratura, era d’obbligo un po’ di buon senso e di diplomazia anche da parte dell’interfaccia del sistema di Governo, che, di fatto è stato adibito e inviato a riceverci.
La DIGOS, Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, costituisce la cosiddetta “Polizia di prevenzione”, svolge attività investigativa ed informativa finalizzata a contrastare eventuali attività eversive dell’ordine democratico , con particolare riferimento all’antiterrorismo; esegue direttamente le operazioni eventualmente frutto delle proprie investigazioni.
Essa controlla anche tutte le attività di gruppi estremistici che perseguono scopi di sovvertimento sociale con il ricorso alla violenza, ed è impegnata nel contrasto di illegalità nelle manifestazioni sportive ad opera di gruppi di tifosi violenti organizzati.
Le nostre attività, il significato storico e sociale del MLI partono dall’intento di tutelare e ripristinare la legalità in una nazione alla mercé della collusione e in preda al controllo di una forma di criminalità internazionale che infiltra capillarmente la struttura politica e amministrativa del Paese.
La DIGOS dovrebbe collaborare con noi e noi dovremmo essere fiore all’occhiello della loro attività, invece il clima di sovvertimento degli itinerari atti a garantire l’ordine pubblico fa in modo che, senza nemmeno riuscire a comprendere ci che cosa si tratta, la nostra attività venga pregiudizialmente apostrofata come una forma di eversione e di vilipendio allo Stato.
Peccato che nel fare così, la Digos si stia incastrando in ruoli che non le competono e che assortiranno il dossier degli illeciti contro i cittadini, oltre che contribuire nel favoreggiamento di attività illecite, che mai dovrebbero nascere o essere facilitate all’interno del Governo o di organi da esso direttamente dipendenti.
Lo Stato di una Nazione è la Nazione e la Nazione è il Popolo sovrano e tutto l’indotto che ne garantisce la tutela e lo sviluppo, lontano dal disturbo arrecato da attività malavitose, ispirate da concetti che sono, per definizione, contro la Costituzione.
Quando la situazione è tesa, come quella attuale, che, per vari meccanismi, non vuole essere fatta riecheggiare nella piazza mediatica, come se non fosse importante, mentre si spalmano le solite notizie inconcludenti, allora sorge veramente il sospetto che vi sia un colpo di Stato in atto, di natura sordida, che giustifica la nostra preoccupazione e giustifica la nostra azione interventiva.
La segregazione delle notizie è consensuale all’atmosfera di oppressione che aleggia in ogni angolo della vita e della giornata di questa Italia così umiliata.
Esaminiamo un poco i fatti.
Chi può negare che vi siano motivi perché la gente sollevi obiezioni sull’andamento delle cose in Italia?
Esiste forse una casta così intoccabile che può vantarsi di proteggere sino in fondo la tesi degli atteggiamenti “politically correct”, contrapponendosi alla voce di un numero gigantesco di altre persone, che sanno condurre un discorso per sollevare le proprie obiezioni?
La capacità di argomentare è una forza che spaventa il Potere colluso e che si cerca di paralizzare l’energia, in quanto sottende l’impegno responsabile, civile e coraggioso di molte persone.
A furia di “correttezza politica”, abbiamo ridotto il Paese in un nugolo di insoddisfazioni diffuse e di lese umanità, che vengono sottovalutate, dissimulate, capovolte in motivi per irrogare sanzioni, utilizzate per abituare le persone a rassegnarsi in modo che non provino nemmeno più a far valere i propri diritti.
Tutto ciò si scontra visibilmente con gli sfarzi e i privilegi della così detta classe politica, intoccabile nella propria roccaforte, arroccata nei palazzi del potere, sia fisici che simbolici.
Il Movimento Liberazione Italia ha già al suo attivo una rispettabile serie di motivi per cui è legittimo porsi come rappresentante di questi diritti del Popolo violati sistematicamente.
Da una parte i vertici del Potere, dall’altra il Popolo oppresso, dal quale vengono attinti alcuni ruoli di protezione stipendiata dei rappresentanti del potere.
Inoltre, il diritto di dissenso, articolato dalle coscienze sensibili e coraggiose.
Molte volte, il dissenso si esprime in modo disordinato, improvviso, violento, e perciò sono previste misure di repressione violenta, quando il sistema esibisce i propri uomini armati, in tenuta antisommossa, che ostenta i propri mezzi che possono arrecare anche colpi letali.
E’ uno sfoggio di potenza, di possibile anche immane violenza, che quasi sempre risulterebbe sproporzionata per l’obiettiva implicita, ma evitabile, violenza dei manifestanti, che quasi mai è tale, ma è sostanzialmente la rabbia del debole schiacciato, frutto di lunga disperazione.
In questi casi, sorge spontanea la domanda:” Ma chi bisogna davvero convincere delle proprie ragioni, i vertici distonici o l’azione di polizia repressiva?”
Nelle normali condizioni di scontro, può esser il popolo ad assumere condotte violente, ma nel nostro caso, non vi è l’ombra delle violenza, ed è nostra cura ripetere che non intendiamo ricorrere a nessun sistema violento, poiché la nostra forza è la legalità, essendo in grado di argomentare magistralmente, grazie all’appartenenza al MLI di veri vertici intellettuali del nostro panorama sociale .
Riunendo tutti gli elementi portati in esame, risulta che non è sopprimibile il motivo del dissenso, che non è eliminabile facilmente il motivo che anima i vertici distonici, non è aggirabile il ruolo spesso disfunzionale degli agenti di sicurezza dello Stato.
Forse, l’unico aspetto modulabile sarebbe il comportamento razionale e molto cauto degli agenti, che dovrebbero, però, a questo punto, essere addestrati in modo talmente avanzato, da evitare di essere indotti ad esibirsi come campioni di deficienza, sciatteria, violenza e, diciamolo pure, vera a propria criminalità.
Una volta consegnata la notifica di arresto, ci siamo recati nel giardino antistante il precedente ingresso secondario al Quirinale, eravamo una decina, assieme a simpatizzanti del MLI, così abbiamo girato un video commemorativo della circostanza, dato che non siamo talmente stralunati da compiere gesti di tale storica rilevanza, senza documentare. Il nostro gruppo si è riunito ai piedi del noto monumento ai Carabinieri nella tormenta.
Non ho mai visto un gruppo eversivo che sceglie di sostare con rispetto, quasi in adorazione, sotto al monumento dei massimi rappresentanti della sicurezza della Nazione!
Eppure, non dobbiamo aver dato delle buone sensazioni a qualcuno che ci osservava, evidentemente con pregiudizio e malevolenza, a dispetto del proprio ruolo di latori di sicurezza e legalità.
Un gruppo di uomini in borghese, vestiti anche in modo direi, sospetto, direi come delinquentelli, si è fatto strada e ci ha accerchiato, sicché noi ci guardavamo in faccia e ci chiedevamo chi fossero e che cosa volessero da noi.
Hanno iniziato a chiedere i documenti, con fare arrogante e con frasi di intimorimento.
Fra di noi vi era anche una giovane donna, che non è senz’altro un’estremista, e che è rimasta traumatizzata dall’atmosfera creatasi a cura di questi personaggi, che sembravano presi da un film della malavita, dove l’aspetto da malavitosi non era quello nostro.
Se per confondersi per strada con la gente comune, gli agenti DIGOS devono presentarsi in questo modo e spargere terrore, specie in un contesto qualificato come il nostro, allora è meglio affidare la sicurezza ad altre persone.

Ripeto.
Per non parlare del funzionario, vestito in modo più decente, che, con fare da dirigente, ha preso a rivolgersi al Generale e a ripetere:”Signor Pappalardo”, anziché chiamarlo Generale, insultandolo con frasi del tipo:”Ma lei è mai stato un carabiniere”….oppure”Lei ormai non è più Generale, perché è in pensione”, oltre a chiamarlo “mentecatto” e a continuare a non voler capire che il discorso che sottende la legalità della nostra azione è un discorso che, evidentemente, in quanto desueto e raramente applicato, è rimasto fuori del suo corollario di nozioni a portata di mano, insomma tanto da non superare un eventuale esame, qualora interrogato sull’argomento.
Questo personaggio, individuabile dai video che abbiamo effettuato e che abbiamo consegnato alle Autorità, assieme alla Denuncia Querela, continuava a dire che noi stavamo tenendo una manifestazione non autorizzata e che pertanto avevamo l’obbligo si farci identificare.
I modi di fare di queste persone hanno suscitato l’indignazione del Generale Pappalardo, che tuttavia egli ha mantenuto arduamente nei limiti di una lunga e penosa lotta verbale, per resistere al fare penosamente offensivo del tizio.
Un altro dirigente, esibiva un sorriso beffardo e sfottente, come un ghigno, che non mi sembra giusto sottovalutare e che non dimenticherò mai.
Il suo ghigno era un vero oltraggio a qualunque buon senso che questa squadra di persone offensive e troppo sicure di sé, proprio perché non sapevano bene chi ognuno di noi fosse, avrebbe potuto avere, adottando comportamenti completamente diversi e che avrebbero ottenuto la nostra tranquillità e collaborazione.
Personalmente sono rimasto attaccato al Generale, perché temevo per la sua incolumità, supponendo anche un malore improvviso, tale era la raffica di insulti e di attacchi verbali contro di lui.
Ad un certo punto, abbiamo cercato di avanzare verso l’uscita dei Giardini, che era rappresentata da un cancello.
Qualcuno di loro ha cercato di alzare le mani nel tentativo di arrestare il nostro cammino.
Son dovuto intervenire, intimando con fermezza di non toccarci, e ci hanno ascoltato, ma nel procedere verso il cancello, alcune di queste persone ha chiuso il cancello e praticamente ci ha sequestrato all’interno dei Giardini, aggravando il tono con cui si rivolgevano a noi.
Ci guardavamo in faccia, sconvolti, ma anche sicuri che questa manovra rappresentava il gesto estremo che effettivamente connotava il severo grado di disordine mentale che queste persone hanno dimostrato nei nostri confronti, che non avremmo mai dovuto essere vittime di maltrattamenti di tal fatta, proprio perché i signori in questione sapevano benissimo chi fossimo e che cosa stessimo facendo in quel luogo.
Quindi dove era l’obbligo da parte loro di identificarci, dato che non eravamo membri di una manifestazione in atto in quel momento, e che eravamo latori di verbo e comportamento tutt’altro che violenti e pericolosi per la società, ANZI!
Al di fuori del cancello, è poi giunto un Maresciallo dei Carabinieri, che poi ho sapute essere Comandante del Nucleo del Quirinale, che si è comportato in modo esemplare, ci ha rassicurato e al quale abbiamo fornito i nostri documenti, perché NOI non abbiamo nulla da temere.
L’episodio, di cui si potrebbero delineare molti altri dettagli, è allarmante, in quanto dimostra a che punto siano arrivate le convinzioni di alcune persone, che preferiscono attaccare gente come noi e non provvedere al loro reale dovere che dovrebbe essere quello di intervenire nella grave situazione di abusivismo dei parlamentari e di Sergio Mattarella, complessamente intrecciato con una lunga serie di manovre a danno della Nazione.
Questa è la descrizione di un libero cittadino, che esprime la visione di qualunque altro cittadino che in situazioni analoghe, anche se in altri contesti, potrebbe trovarsi di fronte alla difficoltà estrema di dover contrastare l’esplicarsi di una grande ingiustizia a suo danno.
Chissà quante volte accade!
Noi vogliamo che non accada mai più.

Roma, 22/12/2017

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