Mi fa piacere che Tu abbia letto “bilanci”.
Sai… sono cose intime,
ma qui e’ ormai il momento di bruciarsi e rivelarsi. Troppa prudenza,
cautele, mille attenzioni a non irritare gli altri, quelli che, senza
titolo per esprimersi, sul più bello attaccano e pretendono di trarre
arrogantemente le conclusioni, privando di legittimità e di valore
delle dimensioni molto più grandi di loro.La mia missione e’ migliorare la vita delle persone e non sopporto per nulla le morti precoci ed assurde che il sistema ci invita a considerare “normali”. Normali non sono, mentre si punta il dito accusatore su responsabilità personali che di volta in volta si vogliono individuare per alimentare una nevrosi di indennizzo ormai frenetica ed inconcludente. Inconcludente, perché non identifica e quindi non mira a rimuovere i reali problemi che alimentano malattie e scarsa qualità della vita ovunque, sotto le mentite spoglie di un incremento della qualità della vita e di una straordinaria efficacia della medicina, il tutto a costi altissimi.Guardiamoci attorno: crepare di tumore maligno e’ talmente frequente, a tutte le età, che ci vuole coraggio a definire la nostra salute al sicuro! Così come, morire di incidente e’ talmente regolare che sembra anche questo parte della vita. Però io non ne sono convinto: vi e’ qualcosa di sbagliato nel nostro stile di vita….ed io sono pronto a parlarne serenamente in pubblico, a spiegare le trappole, alimentari, farmacologiche, voluttuarie etc. che sono alla base di un vita così “mortalizzata”. Ma veniamo al SSN. Nonostante tutte le sin troppo esplicite opposizioni all’omeopatia, il nostro Governo ha infine riconosciuto, da diversi anni, a tutti gli effetti la sua valenza scientifica e la congruenza dell’esercizio della sua pratica, ovviamente nelle mani di medici regolarmente abilitati all’esercizio della professione sanitaria. Il problema e’ che, nella pratica quotidiana, vi e’ una sperequazione improponibile quanto a garantire pari opportunità espressive ai medici in possesso dei titoli per esercitare la medicina omeopatica. Questi titoli volutamente non sono stati individuati con chiarezza in questi anni, dato il disinteresse propositivo nei confronti della questione che risultava non poco destabilizzante per gli equilibri preesistenti. Oggi non e’ più il caso di dover improvvisare l’identikit dell’omeopata accreditato. Fortunatamente alcuni di noi sono davvero così titolati da non lasciare dubbi sulla opportunità di inserirci ufficialmente come fiore all’occhiello di un sistema sanitario corretto, onesto ed attento ai reali segni dei Tempi. Dall’esame della storia, si capisce che l’omeopatia si va via via imponendo con la sua naturale supremazia e l’offerta dell’omeopatia corrisponde perfettamente alle esigenze che configurano dei diritti dell’utenza a poter ricorrere a tale metodologia clinico-diagnosico-terapeutica in modo responsabile ed informato. Il problema quindi e’ delle infrastrutture di pensiero, ma specie in termini gestionali, che restano intrappolate nella lentezza e nell’inefficienza che prima di tutto già paralizzano tante strutture sanitarie ufficiali, per così dire regolamentari, da tempo, e ne limitano l’efficienza, a danno dell’utenza che non ha i mezzi per intervenire modificando le disfunzioni. Le intimidazioni non sarebbero possibili se aumentasse l’informazione, quella onesta e competente, e se un numero maggiore di persone si riappropriasse del diritto di partecipare alla vita politica e sociale. I dati statistici ottenuti con i sondaggi sulla congruenza del modello omeopatico come strumento per gestire la salute dei cittadini sono talmente stringenti che vi e’ da meravigliarsi a sentire tanto sbiascichìo di sproloqui di ogni genere. Per non parlare del livello davvero medioevale di giudici, avvocati e medici legali che si improvvisano consulenti vidimatori di questioni scientifiche professionali per cui dovrebbero soltanto riconoscere di essere privi di qualunque titolo ad esprimersi. Insomma, inerzia, abitudine, disinformazione, delinquenza… Per quanto mi possa sforzare, davvero non riesco a trovare parole di valenza diversa per descrivere il sapore dei comportamenti che ancora ostacolano la medicina omeopatica. Poi c’e anche da dire che, quando si parla di atto medico, quindi di medici, quindi di un discernimento che è appannaggio esclusivo solo del medico, la cautela nell’esprimere eventuale biasimo dovrebbe essere setacciata a maglia strettissima e sempre dopo aver sentito soltanto una commissione di medici competenti. Ciò non accade, così come e’ raro che i medici in questione scendano in campo con un fare “politico” che consentirebbe loro di ottenere qualche avamposto in più. Così l’omeopatia e’ rimasta spesso non ben definita, garantita, censita, insomma improvvisata e quindi poco ufficiale di fatto pur essendolo di fatto sulla carta. Gli orientamenti specialistici delle varie branche mediche e chirurgiche sono tutt’altro che sempre attendibili se sottoposti al vaglio fino in fondo dagli stessi operatori che li rappresentano. Quindi significa che, al di là, delle nicchie di maldicenza non ufficialmente autorizzate, i motivi per denigrare l’omeopatia non nascono all’interno della classe medica, dato che infatti il numero dei medici che decidono di praticare omeopatia e’ talmente alto e sempre in aumento da non poter credere che tutti loro siano in balia di uno squilibrio mentale e che tanto meno rappresentino un pericolo per la società. Piuttosto e’ vero che gli agonisti della così detta allopatia esprimono una professionalità di cui non sono privi i loro numerosi colleghi omeopati che provengono dalla stessa formazione e non avrebbero avuto motivo, se non sensato, di voler diversificare lo stile del proprio operare professionale, che, come detto in altre occasioni, non deve essere stigmatizzato su fronti ufficiali e alternativi, bensì gestito attingendo alle varie possibilità che un medico ha a disposizione, nella misura della lunghezza e del livello di articolazione dei suoi studi. L’approccio di un medico omeopata e’ sempre più complesso e sicuro di quello del collega che non ha opzioni di scelta. Allora, visto che sono chiari questi aspetti, di chi è la responsabilità del ritardo di fruibilità della medicina omeopatica? La risposta e’ molto complessa, ma semplificabile ricorrendo al riconoscimento di vari meccanismi che compromettono la comunicazione a più livelli ed in numerosi ambiti. Ricordo che, quando in passato non ero omeopata, a mala pena sapevo che cosa significasse omeopatia. La vita mi ha concesso di capire, di incuriosirmi e di spingermi oltre, per non parlare dei risultati quotidiani spesso strabilianti. Quando ho iniziato gli studi di medicina omeopatica, avevo già 6 anni di corso di Laurea e 4 più 5 di Specializzazioni! Le storie da raccontare sarebbero talmente tante! A volte non si insiste nel volerle rendere note, per discrezione, per non irritare qualcuno, per cautela, spesso per stanchezza (dato che il contesto e’ facilmente mortificante per chi con entusiasmo racconta qualcosa di bello). Comunque tutte le cautele del caso ormai mi hanno stancato ed e’ arrivato il momento di parlare chiaro, anche perché, in risposta alle cautele, gli omeopati (ed io ne so qualcosa) non ricevono il rispetto che andrebbe ricambiato. Se la delicatezza non e’ riconosciuta ed apprezzata, personalmente mi sento pronto anche alla rivoluzione. Occorre chiarezza ed allora occorre dire e spiegare con precisione che i paradigmi del modo normale di fare medicina non sono più sufficienti e non rispondono più alle domande che l’osservazione dei fatti invita a porsi. I farmaci sono pubblicizzati scandalosamente, alimentando pressapochismi e superficialità pericolose per la salute pubblica e la coscienza sia individuale che collettiva. Possibile che tanti medici e tanti utilizzatori siano così fuor di strada da essere più pericolosi di un modo di fare pubblicità degno del mercato più sciocco e fuorviante? Perché non si fa anche una adeguata pubblicità ai farmaci omeopatici e soprattutto alle logiche omeopatiche? Il pubblico e’ maturo per recepirle. Bisogna far maturare altri livelli, ma questo e’ compito degli amministratori e dei politici che hanno nelle mani la sorte della comunità. Le grandi rivoluzioni culturali passano o sopra i cadaveri delle vittime o sotto le bare dei cadaveri (S. Raino’). Soltanto la presa di coscienza garantisce il progresso più sano ed al servizio della collettività. Ma non e’ forse compito dei politici individuare le strade e le strategie adeguate a fornire un miglioramento degli standard di vita? Per non parlare dell’ottimizzazione dei costi, a vantaggio di benefici che sono soltanto da verificare con onestà e non da smentire per prese di posizione prive di fondamento.
Tuo Salvatore