Un ricordo attraverso la diagnosi del mio cambiamento

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Un ricordo attraverso la diagnosi del mio cambiamento

Oggi pomeriggio, dopo pranzo, ho intrapreso la strada per andare al mio Studio, ed ho percorso un tratto che non facevo da anni.

Accanto ad una officina meccanica, che è lì da almeno una quarantina di anni, mi sono rivisto. Ero con la mia bicicletta Bianchi, color oro, faceva vento ed era una giornata molto fredda.

Avevo appena intrapreso la preparazione della Clinica otorinolaringoiatrica,  Chirurgia maxillofacciale e Clinica dermosifilopatica,  ventidue anni.

Non so bene perché, ma ero fermo a parlare col meccanico, che era un ragazzo di circa venticinque anni. Egli aveva una specie di grosso foruncolo sul dorso del naso, all’origine, un centimetro sotto la fronte. Era un foruncolo rosso cupo e con tessuti infiltrati, ma lasciava intravedere, al centro, una specie di piccolo cratere.

Chiesi di che cosa si trattasse, ma prima di ricevere risposta, mi espressi dicendo che si trattava di una fistola congenita del dorso del naso, che avevo studiato da poco tempo. Il meccanico mi guardò meravigliato e con grande ammirazione mi raccontò che per avere quella diagnosi era andato da un Luminare  dell’Università.

Mi sentii fiero, anche perché gli occhi del meccanico esprimevano molta ammirazione per me, che in bicicletta, con le mollette dei panni al bordo inferiore dei pantaloni, i capelli al vento e lo sguardo ragazzo, erano davvero meravigliati di sentire una diagnosi così importante e precisa emessa da una specie di squinternato allo sbaraglio.

Quella emozione in me piastrellò il mio futuro di una seria preparazione atta a fare in modo che diagnosi così ardite fossero fioccate come frecce in ogni occasione. Ho costruito così il consenso di tantissime persone che hanno tanta fiducia in me e mi esprimono la loro gratitudine.

Sono nel sesto decennio della mia vita, ma ormai da diversi anni, mi annoio quando riesco a fare diagnosi brillanti che fanno corrispondere  una mia  percezione al contenuto di un libro.

Sin troppo banale pensare che la corrispondenza di un capitolo di bibliografia possa rendere ragione alla effettiva magia del riconoscimento di una entità.

Nel complesso diagramma, ove le mie conoscenze si sono avvicendate e annodate fra di esse, le tonalità di significazione hanno richiesto sempre più una libertà esplicativa, per cui, faccio a gara con me stesso, nel riuscire a trovare difficile esprimere una diagnosi che sia sin troppo scontata.

E’ successo, troppe volte, di capire che una sola diagnosi non bastava e che occorreva chiedersi delle cose in un modo diverso. Non è facile immaginare che cosa succede, quando la diagnosi si apre allo scenario di nuovi sistemi, per chiamare qualcosa e per comprenderne realmente il suo profondo significato.

Faccio un esempio: una persona chiede un consulto per un disturbo anale improvviso e molto invalidante. Risulta una eversione del colletto anale, con dolori trafittivi e richiesta di aiuto imponente. La diagnosi ufficiale è di prolasso anale e la situazione sembra di competenza proctologica. La diagnosi è di stile chirurgico e probabilmente anche la terapia, che in ogni caso resta localizzata all’area di apparente interesse, l’ano.

La persona in questione viene trattata prima con un rimedio corrispondente ai suoi disturbi riferiti, ricevendo Poeonia, un rimedio omeopatico abbastanza fisico. Nel corso di tre incontri, in pochi giorni, emerge un grosso contenuto psichico emozionale con preoccupazioni costanti per questioni di ordine finanziario. La terapia viene cambiata e si passa a Ignatia amara, un altro rimedio omeopatico, che risolve brillantemente la storia in pochi giorni, con piena restituzione alla  normalità.

Chi glielo racconta al proctologo? La diagnosi proctologica, che è una diagnosi chirurgica, esatta nella sua ufficialità, rende ragione alla malattia, ma non rende ragione alla diagnosi più profonda della persona nella sua complessità psico-neuro-endocrino-immunologica (PNEI).

Gli esempi possibili che potrei riportare sono talmente tanti che non lavorerei più se decidessi di impiegare il mio tempo  a raccoglierli.

Esce dalle pagine una diagnosi e si materializza, prendendo forma e sovrapponendosi alla persona nella sua realtà, coprendola, mentre la persona dovrebbe risuonare con uno strumento di riconoscimento tale da comprenderne un modo di essere assolutamente indiagnosticabile, tanto evoca una sua univoca e irripetibile complessità esistenziale spaziotemporale.

Così, il Medico si ritrova  a doversi chiedere quale sia il modo migliore di lavorare, ma soprattutto si chiede quale sia il senso del proprio lavoro, della propria fede in una serie di condizionamenti che egli ha dovuto assecondare per dimostrare di essere un Medico.

E’ difficile riassumere, in ordine, i motivi che potrebbero giustificare i vari modi di riconoscere ciò che dovremmo comprendere.

Uno slittamento dei piani strumentali di riconoscimento è come lo scivolamento di una casa sopra un terreno argilloso, che si sposta di vari metri, ma resta sempre una casa, anche se con un panorama diverso.  Bisogna accordarsi sul panorama dal quale si decide  di voler dominare la vallata.

Il contenitore delle diagnosi è limitato agli strumenti utilizzati per fare diagnosi, ma il contenitore delle realtà possibili, corrispondenti ad ogni possibilità non immaginabile, non ha pareti ed è come il concetto di Universo che non ha limiti e non si sa dove finisce.

 

2 COMMENTI

  1. Caro dott. Raino’, come intuisco da quando ti ho conosciuto, la brillantezza delle tue diagnosi, pur avvalendosi ed afferendosi alla medicina omeopatica, di cui tu sei un forte fautore, attiene, in modo inequivocabile, al tuo tessuto intimo, al tuo nucleo intellettivo, ed emozionale, che contamini, maestosamente, con ogni sapere e con ogni disciplina dello scibile umano (Fisica, Matematica, Ingegneria, Psicologia, Poesia, ecc ecc ecc).

    Seppur condivido quasi sempre i tuoi pensieri, voglio porre un accento ed un focus su cio’ che tu rappresenti: un medico omeopata aperto ad ogni nuova visione medica e da essa “contaminato”.

    Tu conosci cosi’ bene lo spartito, che sei un jazzista della medicina, con un intuito allenato e mente flessibile.

    Ecco, questa tua peculiarita’, andrebbe presa ad esempio e da modello. Su questo seme, credo che ogni disciplina evolverebbe magicamente ed anche le differenti visioni convergerebbero nel terreno misterioso dell’intuito e flessibilita’.

    Nessuna clinica, nessun Istituto, di per se’ ne e’ portatore.

    Grazie per gli esempi e per l’esempio che fornisci.

  2. Dear Salvatore,
    to listen to your memory is beatiful, as to live next to you the present time.
    You are a really special man.
    Thank you Salvatore.

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