Scrivere come dovere

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Scrivere come dovere

Da diversi mesi, non scrivevo, come abitualmente faccio nella mia vita, con una certa regolarità.
Oggi, all’improvviso, ho sentito l’esigenza di farlo.
E’ come rispondere al senso di fame e o di sete…..ti alzi, apri il frigo e bevi qualcosa mentre sgranocchi un tarallino.
Ma non è così quando scrivi, non è così quando scrivo io, che sono oggetto e soggetto di un atto complesso e semplice, come la nascita di un bambino.
Molti bambini non sono mai venuti al mondo, perché il mondo non li ha voluti.
Molti mondi non sono mai esistiti, perché gli adulti non hanno voluto un bambino.
Quando scrivo, non è la fine e nemmeno l’inizio di un gesto o di un senso da conferire al gesto stesso.
Quando scrivo, avverto il dovere di scrivere, perché se non lo facessi, non sarebbe accaduto che un’infinità di volte qualcuno, sul più bello, mi avrebbe ringraziato di averlo fatto.
La crescita del livello di energia che spinge i sensori a muovere la penna è un fenomeno da studiare tutto nel senso di continuità della vita.
Voglio parlarVi della costrizione e del senso di libertà.
Ho provato, molte volte, un senso di costrizione, nel sopportare , per buona educazione, gli aspetti fondamentali di alcune persone, che per me erano soltanto vezzi capricciosi legati al vizio di lasciarsi vivere.
Vivere è ben altra cosa.
Quando avverto che una cosa è storta, nessuno riesce a farmi credere il contrario, non perché io sia testardo, ma perché io penso che non sia il caso di capovolgere le mie sensazioni, così come non mi verrebbe mai di respirare senza sollevare le spalle.
Voglio raccontare quel senso di assurdo silenzio, sterile e malsano, che segue l’apprendere di alcune notizie, di alcuni comportamenti.
Voglio scrivere, perché voglio lasciare traccia del mio non aver voluto fare silenzio di fronte alla piccolezza di molti momenti che potevano uccidere il mio senso della vita.
Tutte le cose più belle che ho fatto le ho fatte nel dissenso.
Voglio dire che non avrei fatto mai nulla di veramente valevole se non fossi stato certo che qualcuno non era d’accordo con me.
Dico meglio.
Non avrei mai rinunciato a fare qualcosa solo perché qualcuno mi diceva che non aveva senso, perché qualcuno continuava a fare in modo che io non potessi esprimere un livello di qualità superiore.
Mi ha sempre interessato soltanto l’eccellenza, che nemmeno per tutto l’oro del mondo avrei trascurato e che è sempre stato il mio Nord, dove volgeva l’ago della bussola della mia coscienza.
Ma gli altri?
Molte volte non conoscevano la bussola, non ne portavano mai una in tasca, non avevano interesse a cimentarsi con il problema di capire dove stessero andando.
Quando scrivo, esprimo una fetta possibile della sensibilità che può caratterizzare la storia dell’uomo nella sua evoluzione.
Tutti noi scrittori obbediamo allo stesso istinto: ritenere importante quello che sentiamo e accettare anche il sacrificio di volerlo spiegare agli altri.
Ma allora, perché oggi scrivo?
Perché la giornata mi ha messo dentro tante storie che non posso non emettere la mia storia che si distingua dalle altre e che se ne nutra, al solo scopo di essere certo di aver capito bene.
Alcune verità si inabissano nella tazza del mio scrivere, donde produrre riflessi e increspature che lasceranno il segno nell’anima di molti.
Poche chiacchiere.
Vi spiego che cosa ho capito definitivamente fra ieri e oggi.
La ricchezza di un territorio appartiene al territorio.
Tutto ciò che muove denaro partendo dai beni attinti da un luogo deve generare un cambiamento di qualità evidente della vita di quel luogo.
Non dobbiamo pretendere di trovare risposta per i nostri disagi all’interno delle abitudini degli altri.
Bisogna attingere alla nostra sensibilità, per modificare quella delle persone con cui vogliamo intessere relazioni costruttive.
Non possiamo richiedere il motivo del loro comportamento a coloro che continuano a non curarsi del nostro stato.
Tutto quello che di noi lasciamo fuori del nostro processo di crescita si tramuta in problema e richiede sempre più aspramente che ce ne occupiamo.
La velocità del pensiero e quella del sentimento non sono paragonabili, perché hanno scale diverse e linguaggi non condivisibili.
Quando chiediamo a qualcuno di aiutarci, non possiamo ribellarci quando poi ci viene chiesto di occuparci di noi.
Piccoli insegnamenti diventano grandi regole, che servono per orientarci nel compito più importante: vivere per migliorare la nostra consapevolezza mentre promuoviamo lo stesso processo di crescita negli altri.
Parlare della propria esperienza può esser utile per moltissime persone, ma essere disposti a scrivere che cosa ci ha convinto a farlo ha un valore decisamente più alto e richiede solo l’onestà di dirsi che cosa è importante per ognuno di noi.

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