La comunicazione

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La comunicazione permette a due “unici” di aprirsi l’un l’altro nella propria singolarità. Unicum in latino significa unico, solo, unico nel suo  genere, che non ha eguale, incomparabile, straordinario, singolare, senza pari.

La “cum-unicazione” accede alla “unicazione” attraverso lo scambio dei significati simbolici del linguaggio.

La nostra epoca é l’epoca della comunicazione, ma siamo sicuri che sia veramente così?

Senz’altro é tecnologicamente facile comunicare, ma umanamente impossibile!

La comprensione richiede ascolto e l’ascolto si serve di una “intelligentia” cioè di una facoltà di percepire che non può fiorire se tutti vogliono parlare. Tutti parlano e nessuno ascolta.

Le informazioni di cui può vantarsi il mondo della comunicazione sono talmente tante e sono così eterogenee che pare di olfattare mille fragranze di profumi differenti e non capirci più nulla.

Non sempre la ricchezza corrisponde alla funzionalità, più facilmente può causare confusione e senso di smarrimento.

Bisognerebbe riscoprire ciò che si ha, senza cercare di  accrescersi sempre dimenticando la ricchezza degli strumenti già a nostra disposizione.

L’ascolto viene spesso venduto, utilizzato come mezzo demagogico per la conquista di consensi ed approvazioni.

Ancora una volta si tratta di un ascolto chiassoso e centrifugo quando addirittura esplosivo, mentre le qualità reali dell’ascolto sono il silenzio, l’umiltà, la discrezione, la capacità di comprendere e la negazione di sè stessi per consentire all’altro di entrare senza contrapporvisi con dinamiche personali centrifughe e distanzianti.

L’ascolto é una dimensione centripeta come l’abbraccio di chi accoglie… non si può entrare nel foro di un rubinetto da cui zampilla continuamente dell’acqua.

L’ascolto richiederebbe una piena maturità emotiva ed intellettuale, ma facilmente per conseguire ciò occorre saper ascoltare.

Dunque l’ascolto si ciba di ciò che produce, come l’amore.

L’ascolto é la proiezione dialettica dell’osservazione.

In latino observare significa considerare, fare attenzione a, rispettare.

Osservazione sta all’altro come essere sta a sè stessi;

essere sta alla stasi come esistere sta al movimento; nascere sta all’essere come esistere sta al divenire.

Anche una cellula é, mentre la persona esiste.

In latino exsisto significa uscir fuori, apparire, sorgere, mostrarsi, crescere, germogliare, scorrere, scaturire, divenire, riuscire.

L’esistenza della persona non é la somma dell’essere biologico e biochimico delle cellule che la compongono.

L’esistenza nel mistero del divenire si svolge attraverso il superamento naturale della vita intesa come meccanismo.

Realizzare la propria progettualità lancia la persona verso il futuro e gli fornisce le ali per tornare al cielo donde proviene, riempie di significato la sua esistenza e lo catapulta da un lembo di terra all’immortalità.

L’esercizio della pratica medica quotidiana dovrebbe prestare attenzione a considerazioni del genere se non basarsi almeno in buona parte su di esse nella gestione filosofica della professione (e non dovrebbe far sorridere la parola filosofica anche se si parla di un contesto professionale, perchè tutto, ma proprio tutto dovrebbe avere una filosofia che ispira profondamente).

L’iterpretazione della sofferenza dell’uomo non dovrebbe essere intesa soltanto come possibile diagnosi di un’alterazione documentabile con alterazioni di parametri di laboratorio o di indagini strumentali, ma dovrebbe in ogni momento considerare la profondità e lo spessore antropologico della sofferenza, senza dimenticare mai che é molto pericoloso scambiare gli effetti per le cause e che conseguentemente é vano curare i primi pensando di mettere le mani sulle cause, come spesso in errore si vanta di fare la medicina convenzionale, senza accedere invece alle reali cause che determinano la malattia da intendersi non come entità nosografica avente dignità autonoma ma come espressione di una funzione adattativa che concretizza il cambio nella vita dell’individuo, il cambio attorno a cui ruota la flessibilità della vis medicatrix naturae, l’azione patodinamica del rimedio omeopatico e la condizione di equilibrio che possiamo definire salute.

La medicina, che può vantare sicuramente innegabili progressi scientifici farebbe bene ad interrogarsi nelle singole coscienze dei suoi operatori sull’opportunità di fermarsi a raccogliere il significato dell’interezza della persona senza permettere che la malattia le si sostituisca, recuperando un linguaggio che permetta di curare il paziente non come una macchina guasta o un sofferente, ma come uomo.

Talvolta progresso significa fermarsi come l’arricchimento del sapere può significare bagnarsi nell’archeologia.

L’omeopatia é l’archeologia dell’umanità perchè spiega il divenire attuale comprendendone le origini antiche e profonde.

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