Ricostruire le vicende covid-19
L’evolversi delle vicende Covid-19 e, specialmente, degli interrogativi clinici che aprono le strade a diverse interpretazioni, è un’opportunità di utile esercizio ricostruttivo in Medicina.
In passato, molte volte, mi sono trovato a dover ricostruire, con Colleghi di diverse discipline afferenti alla Clinica Medica Universitaria di Bari, i ragionamenti inerenti lo svolgimento della storia di alcuni pazienti, che divenivano veri e propri rebus, sinché non ci si sedeva attorno a un tavolo, per mettersi d’accordo.
La Medicina, che viene più volte ritenuta una scienza, in effetti, è una convergenza di molte scienze, mentre il metodo di fare interagire le varie scienze è un’Arte.
Io appartengo a quel gruppo di Medici che ritiene essere la Medicina un’Arte.
In questi giorni, ho ascoltato molte voci, che hanno tentato di mettere ordine nella confusione generata dall’imperversare di notizie e interpretazioni sulle dolorose vicende che hanno stretto l’umanità.
Vorrei, alla luce della mia esperienza clinica, portare il mio contributo, sperando di riuscire ad illuminare, magari, alcuni angoli oscuri.
Prima di tutto, ho preso visione dei dati numerici ufficiali, dai quali si evince che l’influenza dell’anno scorso aveva un tasso di mortalità superiore a quello del quadro Covid- 19 di quest’anno.
Infatti si sente ripetere che, in fin dei conti, si tratta di una forma influenzale, senza particolari differenziazioni da quella classica.
In più, le cifre totali di mortalità del periodo in questione sono ben al di sotto di quelle dello stesso periodo dell’anno scorso.
Si sta diffondendo la voce che l’eparina sarebbe il valido presidio da utilizzare anche a casa, per orientare benignamente la prognosi di quadri da Covid-19.
Infatti, anche in ambiente rianimatorio, l’elemento che ha cambiato le carte in tavola, aprendo una finestra di speranza e aiutando i pazienti ad uscire dalla sindrome, è stata l’eparina.
Un elemento importante, venuto alla luce anche dalla conferma delle prime autopsie su pazienti deceduti per grave insufficienza respiratoria, è stato il coinvolgimento del comparto endoteliale, che significa, in poche parole, che si è scatenata una coagulazione intravascolare disseminata con una sindrome così detta “multi-organo” e grave sofferenza ipossico-metabolica con precipitazione della prognosi.
Allora, si sta dicendo che i pazienti potevano essere curati anche a casa, nel periodo che ha preceduto il ricovero in Rianimazione, in condizioni severe.
Insomma, alla luce di come sembrano essere andate le cose, si sta dicendo che il quadro clinico da Covid-19 poteva essere curato a casa, evitando l’aggravamento per il ritardo delle cure opportune, che sono arrivate solo in un secondo momento, in ambiente ospedaliero.
Allo stesso modo, si dice che tutti i pazienti che dovessero sviluppare, d’ora in poi, un quadro da Covid-19 dovrebbero essere tempestivamente curati a domicilio, ricorrendo all’eparina, agli steroidi, alla Idrossiclorochina etc., che si sono dimostrati efficaci in ambiente ospedaliero.
Si fa riferimento al periodo trascorso in casa, per una settimana, dei pazienti giunti gravi in ospedale.
Ho notato che si trascura completamente l’automedicazione che le persone, in questo periodo di tinta nevrotica, quindi eccessiva, hanno praticato a domicilio, nell’intento di proteggersi dall’aggravarsi della sintomatologia, che, in pratica, era di tipo influenzale.
Vorrei condurvi in un ragionamento, insieme a me.
Sempre più facilmente, con il passare degli anni, le persone si sono abituate a contrastare la febbre e i primi sintomi influenzali, tramite l’uso smodato di antinfiammatori, come il Paracetamolo, e diverse altre molecole, tra le quali hanno avuto un nuovo avvento i salicilati, grazie al più basso costo.
Nelle Farmacie, è abituale imbattersi in scaffali che presentano, in offerta speciale, la vendita di varie scatole di questi prodotti, al fine di promuovere l’acquisto più numeroso, con qualche sconto.
Se due più due fa quattro, ciò significa che questi farmaci non mancano mai in casa, esattamente come lo zucchero e il sale.
Anche se tutto ciò è diventato un’abitudine, io non mi sono abituato, anche perché, come ben sapete, utilizzo oltre ai farmaci, anche e volentieri, la Medicina omeopatica.
E’ evidente che le persone, nella maggior parte dei casi, ritengono pericoloso rimanere senza farmaci in casa.
Anche quando si parte in viaggio, si fanno prima le scorte, per sicurezza.
Di qui bisogna partire, per fare alcune considerazioni utili.
Con l’ansia del Covid-19, le persone hanno esagerato nell’automedicazione con diverse prese di farmaci antinfiammatori e, facilmente, salicilati.
Ora, è ben noto in Letteratura che tutte le molecole antinfiammatorie, e specialmente i salicilati, svolgono un’azione farmacodinamica che si differenzia a seconda dei dosaggi e delle frequenze di somministrazione.
Piccole dosi sporadiche svolgono azione frenante l’infiammazione.
Le stesse piccole dosi sporadiche, in soggetti predisposti, che non sono pochi, possono sviluppare quadri di intolleranza di vario genere, di tipo infiammatorio.
Questo dato è molto noto a tutti i Medici, specialmente agli Specialisti in Allergologia ed Immunologia Clinica.
Dosi più massicce e a somministrazioni ravvicinate innescano risposte tossico-metaboliche, capaci di sbilanciare la regolazione endogena dell’infiammazione, generando un eccesso di leucotrieni e facilitando, paradossalmente, risposte infiammatorie anche molto gravi e talvolta mortali.
Nello specifico, è noto che l’eccesso di tali molecole può scatenare polmoniti interstiziali e problemi respiratori gravi, come quelli delle Rianimazioni di questi mesi.
Bisogna considerare che l’utilizzatore, che prende un farmaco per un sintomo lieve, vedendo che il sintomo non rientra, è portato a ripetere la somministrazione ed anche a ravvicinare le dosi, incoraggiato anche dal Medico, che facilmente asseconda e/o promuove tale modo di agire.
E’ inutile negare che quello che sto dicendo è la routine, perché lo sanno tutti.
Negli ultimi anni, grazie alla pressione pubblicitaria e ad un forte condizionamento commerciale, si è spostata la scelta sul Paracetamolo, la notissima Tachipirina, sulla quale ci sono video, canzoni, spettacoli….insomma di tutto.
Si dice che il Paracetamolo sia più sicuro, ma, a causa dell’eccessiva confidenza della gente con questa abitudine, assistiamo a un dato sconcertante: il Paracetamolo è la prima causa di intossicazione epatica al mondo.
Insomma, dalla padella nella brace.
Ma vorrei aggiungere che, in ogni caso, l’idea di voler frenare i meccanismi infiammatori, spesso anche con l’associazione di più molecole, fra cui anche i cortisonici, è tutt’altro che una buona abitudine, perché in questo modo roviniamo i meccanismi di difesa ed agevoliamo l’azione patogene dei germi, favorendone la virulenza, in pratica, aggravando il quadro.
In più vi è il non senso dell’associare contemporaneamente antibiotici e anche antivirali.
Insomma, decidiamoci, vogliamo che l’organismo superi l’infezione, ma leghiamo le mani alla sua immunità che si esprime naturalmente tramite l’infiammazione, poi somministriamo dall’esterno dei farmaci che sono soltanto la volgare imitazione dei meccanismi naturali di difesa, che abbiamo stroncato.
Nel frattempo, così facendo, intossichiamo l’organismo, ponendolo in maggiore difficoltà e complicando l’espressione del quadro sintomatologico.
Trattasi di un vero guazzabuglio di rituali confusi e dannosi, che la gente non riconosce tali, con la connivenza dei Medici.
Ma vi sono molti Medici che, invece, parlano come me.
Evitando attacchi sin troppo scontati e davvero fastidiosi, invito tutti a fare mete locale, con umiltà e con spirito scientifico.
Allora, per quello che ho spiegato, non si deve escludere l’ipotesi che i pazienti che sono rimasti a casa per una settimana, prima di aggravarsi e finire in ospedale, abbiano creato situazioni difficili, con le proprie mani, per uno scorretto uso dei farmaci.
La situazione gravissima, che tanti problemi ha creato in ospedale, complessa da descrivere ai non addetti ai lavori, può essere semplificata dicendo che un paziente curato male, per i malintesi di cui ho parlato, va incontro alle azioni più lesive del germe in questione, aprendo la strada ad evoluzioni anche molto compromettenti, come la coagulazione intravascolare disseminata.
Come al solito, la notizia dell’utilità terapeutica dell’eparina è andata in pasto ai mezzi di comunicazione, che stanno banalizzando la questione, offrendo come una panacea tale scelta.
Siamo d’accordo che l’eparina funziona, ma dobbiamo tenere presente che:
1) la diagnosi di malattia da coronavirus è sin troppo istintiva in questo periodo ed è quasi sempre frutto di una grave impulsività
2) i pazienti positivi al tampone vanno incontro a tutta la grave disamina per cui una positività del test è quasi insignificante dal punto di vista clinico
3) è balzato evidente che i motivi per cui un tampone risulta positivo non c’entrano, se non eccezionalmente, con una diagnosi reale di malattia da Covid-19
4) bisogna considerare le condizioni di base e l’assetto coagulativo del paziente, richiedenti esami di laboratorio che, specialmente in questo periodo di stallo sociale, sono difficili da effettuare in tempo utile…quindi si procederebbe alla cieca
5) se il paziente è in trattamento con altre molecole, vi sono possibili interazioni dannose che controindicano l’uso dell’eparina
6) proprio i pazienti anziani, che possono avere un’evoluzione più severa, sono facilmente ipertesi, e quindi prendono anche antipertensivi ACE-inibitori e Sartani, che sono altre molecole a rischio per poter determinare un aggravamento della sindrome da Covid-19
7) inoltre, la condizione di ipertensione di base non si giova di un effetto anticoagulante dell’eparina, potendosi favorire l’avvento di quadri emorragici, per esempio di tipo cerebrale, che poi, seguiti, magari, da morte improvvisa, vengono sfornati come morte da Covid-19
8) i pazienti che risultano, dati ISTAT alla mano, essere più a rischio, sono gli anziani e quelli con altre patologie già in corso, per cui bisogna prestare un’attenzione speciale all’interazione di tanti aspetti, che, con questa storia dell’eparina a casa, e magari dell’Idrossiclorochina, vengono completamente trascurati e stravolti nel loro potenziale ruolo aggravante e anche mortale
Vorrei anche fare delle considerazioni sui così detti rimedi della nonna.
Infatti, si sta riscoprendo, anche da parte dei Medici, l’opportunità di tenere dei comportamenti meno farmacologici e più ispirati ad un sano uso di sistemi naturali, che aiutano a superare fasi di malattia non grave.
L’espressione “rimedi della nonna” potrebbe sembrare banale e riferita, appunto alla nonna, che magari è pure analfabeta.
Invece, dovremmo interpretare in modo corretto che cosa significa davvero “rimedi della nonna”.
Ci si riferisce, semplicemente, alle abitudini che risalgono ad una quarantina di anni fa, quando la farmindustria non aveva appestato l’aria, inducendo le persone a credere che siano necessari dei farmaci per stare bene e risolvere dei problemi.
Questo è un argomento delicatissimo, che parte da una campagna pubblicitaria battente, che ha rovinato la consapevolezza della gente, compromesso la serietà deontologica dei Medici, come anche quella dei Farmacisti, che sono divenuti come venditori collusi di qualunque inutile orpello possa essere venduto, abbassando l’intelligenza dei consumatori, che affollano le Farmacie, invece di andare a farsi un infuso di timo e curcuma.
Si pensi che il numero di Farmacie è aumentato abnormemente, sempre di più.
Quindi la “nonna” non è una persona anziana, rimbambita e analfabeta, ma rappresenta un’epoca in cui i nostri comportamenti sociali erano più sani e più adesi alla conoscenza delle reali possibilità naturali di risposta alle indisposizioni temporanee.
Comunque, a ciò ha contribuito il ritmo sociale sempre più frenetico, imbastito dai trucchi finanziari, che non consente un giorno di riposo a casa per riprendersi e pretende sempre la massima efficienza, ad ogni costo.
Però, si consideri anche che le guarigioni che sembrano essere ottenute dopo quintali di Tachipirina, e altro, sono false guarigioni, in quanto vengono seguite da facili ricadute, e predispongono ad una eliminazione incompleta dei germi che, sempre più facilmente, restano in portatori sani, veri e propri serbatoi di nuove malattie dell’intera comunità.
Questo mio contributo, come al solito, è ispirato dalla necessità di far comprendere che qualunque situazione non deve essere ridotta ad interpretazioni monotematiche e semplicistiche, ma deve essere studiata, come un problema complesso, che si presta a molte letture e interpretazioni.
L’attuale società ha ucciso questo spirito, perché in questo modo si hanno consumatori meno intelligenti, che utilizzano tanti prodotti e non sanno che potrebbero farne a meno.
Non dimentichiamo che l’obiettivo principale, l’ambizione della farmindustria è: “Vendere farmaci anche ai soggetti sani”.
Preciso che, in questo contributo ragionativo, ho lasciato fuori numerose altre problematiche trattate da me ed altri Autori in varie occasioni.
Se dovessimo introdurre anche queste considerazioni, verrebbe fuori una nuova enciclopedia medica.
Solo per far comprendere, ancora una volta, che il discorso non è semplice, cito velocemente il problema del 5G, le scie chimiche, l’inquinamento ambientale, le vaccinazioni precedenti, l’alimentazione avvelenata…. e mi fermo.
Sicuramente, l’ultimo argomento, quello meno importante, è quello dei pipistrelli che avrebbero originato il problema del coronavirus!
Virus e batteri di ogni genere sono tutt’uno con la nostra vita.
Guai a chi non lo capisce!
Le tragedie che stiamo vivendo sono, in buona parte, legate all’ignoranza di questa grande realtà.