Pubblicità e “tempi”
Succede di essere raggiunti da pubblicità di ogni genere che spingono ad avvicinarsi a prodotti da preferire ad altri, ma in ogni caso, attirando l’attenzione e spingendo all’acquisto.
Probabilmente esistono vari modi di fare pubblicità, ma, qualche volta, si sente parlare di pubblicità ingannevole. Mi chiedo quale pubblicità non sia ingannevole.
Infatti, da quando il marketing si è dato corpo in modo sempre più solido e si è proposto il fine di vendere “ad ogni costo”, le regole per ottenere il consenso del pubblico ad un prodotto sono diventate sempre più meno regole e più strategie belliche per sfondare le mura del potere critico delle persone e costringerle a comprare.
Alla base di questo meccanismo, come di altri fatti della nostra vita quotidiana, vi è la monetizzazione del vivere. Le persone sono diventate meno importanti del denaro e ciò autorizza a stravolgere la scala dei valori che ha fatto evolvere l’umanità sul pianeta. I soldi non sono esattamente un fattore inserito nel contesto di forze naturali che muovono la vita e le sue regolazioni. I soldi si comportano piuttosto come un elemento di disturbo che annichilisce le coscienze, crea brutalità ed ignora la grandezza e la dignità di ogni persona.
In funzione dei soldi, tutto è ammesso, ogni ripiego, ogni nefandezza, ogni dinamica, anche la più distorta, sembra essere inevitabile.
Esaminiamo i toni e le espressioni delle pubblicità, ad esempio, per i prodotti alimentari: esiste un pannello di strumenti utilizzati normalmente per allestire uno spot pubblicitario.
Il primo fattore, quello che rappresenta, alimenta e promuove lo spirito stesso della pubblicità è l’accorciamento dei tempi. I tempi non sono il Tempo, i tempi sono gli stili impiegati per vivere il Tempo. Le modalità con cui facciamo qualcosa e le finalità stesse del farla condizionano i tempi.
Mentre si accorciano i tempi, nel modo di fare la pubblicità, nel modo di concepirla, nel modo di rivolgersi a chi ascolta, si lanciano dei lazzi che parlano di un passato in cui i tempi erano ben diversi, erano lenti e scandivano non il numero di articoli venduti, ma la soddisfazione di produrre qualcosa di buono, qualcosa che davvero esprimesse la qualità.
Il titolo dello spot allude a realtà e situazioni che quasi non esistono più, travolte da ritmi che falsano la bontà del vivere.
Le espressioni chiave sono: una volta, ricordo, com’era, un tempo…., i verbi sono sempre al passato. Si induce il ricordo, la sua atmosfera, si riportano le persone all’infanzia e poi, zzah, si appioppa il colpo da maestri, si fa credere che si sta loro garantendo la possibilità di ritornare a quel passato, che non c’è più. Questo tipo di pubblicità è usata soprattutto per l’alimentazione.
Ogni articolo pubblicizzato usa archetipi distinti, a seconda del tipo di emozione sui cui occorre agire per creare interesse e muovere l’acquisto. Ad esempio, se si vuole vendere un abito, si crea l’emozione del mistero dell’apparire avvolti da un’etichetta alla quale si attribuisce il potere di essere tutto ciò che forse il suo utilizzatore non è. Se si vuole vendere un’automobile, si fa leva sul senso di potenza che l’argomento può evocare.
Esiste una gamma variegata di pennelli e colori per condurre questo gioco in cui forse ci siamo fatti prendere un po’ troppo la mano. Lo scopo è suggestionare le persone per far loro credere che sia indispensabile, utile, conveniente, giusto, intelligente e sano acquistare il prodotto presentato in pubblicità.
Il problema è che soltanto il discernimento può orientare le scelte, comprese quelle alla base di un acquisto. Il discernimento è tutt’uno con il Tempo, non con i tempi. Significa che, per sapere che cosa stiamo facendo, abbiamo bisogno di pensare e, per pensare, abbiamo bisogno di rallentare, cioè abbiamo bisogno di uscire da uno schema che invece è sempre più incoraggiato e che ci vede come firmatari frettolosi e disattenti di un contratto con “il Gatto e la Volpe.”
Lo spirito della pubblicità è di creare un movimento quasi sempre istintivo e disordinato verso situazioni proposte che non giovano al destinatario quanto invece giovano al produttore…e a chi confeziona la pubblicità.
Che cosa serve, allora, per difendersi dalla pubblicità? Serve una contro-pubblicità che dovrebbe svelare i segreti della normale pubblicità ed insegnare alle persone che cose serve sapere per orientare i propri acquisti e le proprie scelte. Chi farà tutto questo? Quante persone sono in grado di individuare i meccanismi ingannevoli, approntare i mezzi per ovviare all’inganno, saper raggiungere in modo altrettanto “adeguato” le folle degli individui già programmati dalla pubblicità? Chi vorrà riunirsi assieme ad altri per fare questo lavoro, producendo un servizio di pubblica utilità per tutti?
In poche parole, mi chiedo come questo documento possa riuscire a “farsi pubblicità” per svolgere la funzione per cui è stato realizzato.
Torniamo a parlare dei tempi. L’indispensabilità di essere brevi nel trasferimento di un messaggio pubblicitario risponde alla regola di base dell’inganno, cioè del non consentire all’altro di rendersi ben conto di ciò che gli si sta proponendo. Quindi, la prima cosa che bisogna fare, questa al più presto, è scoraggiare quel modo di fare e di pensare, sempre più diffuso, che invoca la brevità come elemento indispensabile per una buona comunicazione. Dovremmo davvero iniziare a chiederci perché siamo stati sempre più incoraggiati a credere che sia così.
La verità è che le persone, per capire qualcosa, hanno bisogno di tempo. Le scuole di pubblicità, un po’ come quelle di giornalismo, formano i loro adepti a muovere emozioni veloci e cangianti, con stile caleidoscopico, che però non realizza mai vere e proprie forme reali e corrispondenti ad una effettiva formulazione di piani logici e programmati, ma soprattutto corretti.
Bisogna rieducare le persone a pensare e questo è lo scopo che bisogna perseguire per migliorare il livello di coscienza delle scelte e la qualità del tessuto relazionale fra le persone al fine di garantire salute ed armonia per tutti, che non siano basate soltanto sull’accaparramento di beni da parte di poche persone che ingannano le altre persone e le fanno vivere in regime di schiavitù.
Bisogna azzerare l’importanza del concetto di numero e restituire il valore alla qualità. Di che cosa? Di una vasta serie di cose:
1) non è vero che il numero giustifica i guadagni
2) non è vero che bisogna guadagnare quanto più possibile
3) non è vero che non vale la pena rallentare per fare le cose per bene
4) non è vero che i costi sono l’aspetto più importante della produzione; questa convinzione dipende dal valore che abbiamo dato al denaro, al posto del valore che le cose stesse possono avere
5) non è vero che i tempi di produzione devono essere veloci, senza pensare ad altro; ciò è soltanto la scusa per giustificare la mancanza di precisione e di amore con cui si fanno le cose
6) non è vero che bisogna convincere per forza le persone a comprare il proprio prodotto; ciò dipende dall’ostinazione a produrre cose e modi di intenderle che non fanno bene a nessuno
7) non è vero che dobbiamo conservare a lungo gli alimenti per non farli deperire; ciò dipende dalla incapacità di organizzare in modo più sano il vivere quotidiano
8) non è vero che dobbiamo consumare tutto ciò che abbiamo cucinato; ciò dipende dal nostro egoismo con cui chiudiamo il cuore ai bisogni di tutti
9) non è vero che dobbiamo conservare i beni per i nostri discendenti; ciò dipende dall’incapacità di capire quanti altri esseri umani avrebbero più diritto ad ereditarli
10) non è vero che i soldi ce li guadagniamo noi con il nostro lavoro; ciò dipende da quanto abbiamo dimenticato tutto ciò che di ingiusto abbiamo fatto per “ottenere” un lavoro, magari a scapito di chi lo meritava più di noi
11) non è vero che bisogna tornare subito al lavoro, anche se ciò significa impasticcarci e farci del male in mille modi; ciò dipende dal concetto sbagliato che abbiamo della nostra reale utilità sociale e della preziosità della nostra vita
12) non è vero che dobbiamo preoccuparci di non perdere tempo; dobbiamo, invece preoccuparci di non perdere opportunità per vivere il Tempo in modo sano e per fare in modo che il Tempo speso sia sempre a vantaggio della qualità
13) non è vero che l’importante e partecipare; l’importante è vincere, nella misura in cui la nostra coscienza sa che è necessario
14) non è vero che non si può cambiare il mondo; ciò dipenderebbe da quanto siamo disposti a credere che la vita non sia un miracolo
15) non è vero che bisogna essere in tanti a fare le cose importanti; bisogna solo che ciò che stiamo facendo sia davvero importante per tutti, anche se ancora non lo sanno tutti
16) non è vero che bisogna essere veloci nel dire le cose; ciò dipende solo dal fatto che abbiamo dimenticato quanto sia importante la lentezza e la chiarezza
17) non è vero che si guadagna tempo nel non soffermarsi in certi dettagli; i dettagli trascurati, moltissime volte, fanno in modo che si perda tanto tempo proprio quando poi si potrebbe e si dovrebbe accelerare
18) non è vero che bisogna fare solo le cose che si è imparato a fare bene; per fare queste cose in modo supremo, bisogna saperne fare anche di altre che, solo apparentemente, non hanno nessuna attinenza
19) non è vero che è imprudente spingersi oltre le proprie competenze; non avremo mai capito bene quali lo sarebbero state
20) non è vero che non importa nulla se facciamo qualcosa per cui siamo contrari, pur di raggiungere lo scopo principale; ogni momento della nostra vita è un altare alla nostra innocenza e alla nostra gioia di vivere in modo sano
21) la forza di un’idea non sta nel numero di persone che la comprendono rapidamente, ma nel numero di persone che questa idea un giorno cambierà migliorandole
La revisione sociale operabile diffondendo le righe di questo documento dipende solo da quanto ognuno dei lettori sia disposto a darne massima diffusione. Prima di lamentarci, pensiamo a tutte le cose che non abbiamo fatto per trasmettere idee sane.
Il vero problema non è quello di non avere tempo, ma quello di non scegliere di avere tempo. Cambiate le regole, non saremo più schiavi del tempo, ma lo cavalcheremo per guadagnare una nuova visione del tempo e quindi della vita.
Le migliori regole del futuro sono quelle del passato che non abbiamo dimenticato.
Ho impiegato molti anni per allestire in modo preciso e inoppugnabile un documento che esaminasse la follia di alcuni modi di fare pubblicità a discapito della verità e della sicurezza delle persone. Questo documento è inserito al termine di questa prima fase introduttiva e, il giorno 03 ottobre 2014, è stato presentato integralmente al Dr. Raffaele Guariniello, notissimo Magistrato italiano, già impegnatosi nell’ambito di altre importanti vicende di Giustizia, che ha deciso di inserirlo all’interno di un procedimento penale in atto per il perseguimento di responsabilità dei produttori di Energy-drinks. Per me questa è una grande soddisfazione di cui voglio rendere partecipe tutti coloro che, in vario modo, sono impegnati nel riscatto della verità e seguono il mio lavoro al servizio del bene comune con interesse.
Ecco il documento:
Red Bull Ti mette le aali
La salute e la sopravvivenza delle persone dipende moltissimo dal loro livello di informazione che deve essere chiara e non ingannevole. I consumatori vanno tutelati, poiché, non avendo tutti i mezzi per valutare il significato dei prodotti che consumano, possono essere esposti a rischi enormi che li vedono indifesi ed incapaci di fare le scelte giuste per preservare la salute e gestire armoniosamente la vita individuale e quella sociale.
Quotidianamente accadono incidenti di ogni genere, sia nella vita comune che alla guida di mezzi. Al di là delle ricostruzioni possibili, di volta in volta, appare evidente che sfugge qualcosa di importante sul comportamento delle persone, sulle loro abitudini di vita e sulle dinamiche che preludono, all’insaputa della consapevolezza comune, a veri e propri misteri etiologici comunque alla base di tantissime morti probabilmente evitabili.
E’ indicato farsi delle domande e chiedersi se la coscienza dei meccanismi dell’accaduto è sempre sufficiente, ai fini della prevenzione di ennesime disgrazie. La vita è un bene prezioso e la società civile ha il dovere di adoperarsi con ogni mezzo possibile per proteggerla. Troppe volte si parla di colpi di sonno alla guida, ma in modo superficiale e incompleto. Per di più, proprio nelle stazioni di servizio, ove i conducenti sostano per rinfrancarsi, la pubblicità alle Energy drinks è battente e queste bevande vengono proposte a tonnellate. Quando si vogliono ricostruire i nessi causali, non si può trascurare nessuno degli elementi facenti parte del contesto in cui si genera la disgrazia.
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Di seguito ho trascritto letteralmente il contenuto di un opuscolo della Red Bull distribuito davanti alle Scuole, nel corso di un saggio gratuito di confezioni di tale Energy drink agli studenti che uscivano, stanchi, da una giornata di lezioni.
Le parti in rosso sono il testo letterale dell’opuscolo, quelle in blu sono i miei commenti, l’ultima parte in verde sono le proposte, l’impulso volitivo e la speranza.
VUOI TUTTO E SUBITO? PER VIVERE COSI’ TI SERVONO LE ALI.
DIETRO OGN I GESTO C’E’ IL DESIDERIO DI VIVERE UNA VITA INTENSA E PIENA DI EMOZIONI.
Bruciare le tappe verso la celebrità e il successo nel lavoro e nello sport (possibilmente praticato a livello professionistico), essere sempre raggiungibili al cellulare per cogliere al volo nuove opportunità, stringere nuove amicizie ed essere allo stesso tempo genitori perfetti: nella nostra vita ideale tutte queste cose dovrebbero riuscire a convivere, e non solo quando siamo giovani.
Eppure, anche nel XXI secolo, continuano ad esserci solo 24 ore in un giorno, e solo 7 giorni in una settimana.
Intanto i nostri attimi sono diventati più frenetici e noi continuiamo a pretendere sempre di più. Gli uomini (e le donne) d’oggi vogliono realizzarsi ed essere fisicamente sempre più in forma e mentalmente sempre più svegli, come mai prima d’ora. Di giorno, di notte, sul lavoro, nel tempo libero, sempre. Insomma, per riuscire a vivere le nostre vite dovremmo avere le ali.
Si inizia con l’invito a ottenere tutto e subito, fatto abbastanza discutibile, poiché è noto che i risultati ottenibili nella vita sono sempre rapportati all’impegno profuso. Occorre del tempo e poi bisogna fare delle scelte su cui concentrare la propria attenzione, pena l’impossibilità di ottenere esiti che non siano un “fuoco di paglia”. Nel frattempo si insinua il tema delirante dell’avere delle “Ali”, una specie di fissazione malsana che istiga le persone alla continua sopravvalutazione di sé e delle circostanze. Si forzano le letture dei tempi, fino a stravolgere il senso del ritmo circadiano e ad infondere un’accelerazione ansiosa a tutte le attività della vita.
Si rappresenta un vero e proprio mito basato sul superpotere e sulla smentita di qualunque senso del limite.
Si continua con l’istigazione ad un’ipertrofia dell’ego che si incarna in una pericolosa frettolosità ed implicitamente alimenta alcune delle peggiori caratteristiche dell’essere umano: arrivismo, vanagloria, protagonismo, arroganza e mancanza di rispetto per il valore ed il lavoro degli altri, una vera e propria furia che non vede null’altro che la prevaricazione, senza prestare la minima attenzione al fatto che qualunque successo è sempre frutto di un cammino meticoloso e svolto attraverso i tempi giusti e, soprattutto, nel rispetto delle altre persone.
Si affacciano le prime illazioni sulla gestione del senso del tempo con diagrammi di flusso che sono quanto di più assurdo nello svolgimento sia della vita che di qualunque attività volta a durare e a garantire il raccolto auspicato. Fra le righe, tutti gli elementi per costruire una violenta e spropositata immagine della persona, che nulla di utile ha, sia per una persona che per la comunità.
Insomma si tratta dell’intonazione iniziale tutta all’insegna dell’assenza di qualunque considerazione sulla moderazione: potrebbe sembrare l’inizio del lavaggio del cervello che si fa ad un gruppo di terroristi kamikaze, prima di mandarli alla distruzione di sé stessi e di altre persone. Vi è anche qualche nota di razzismo tipicamente hitleriano, in ogni caso un comportamento eversivo, con incensazione fuori misura di doti che intrinsecamente vorrebbero adombrare quelle note di pluralismo necessario a qualunque sistema sociale equilibrato e sano, oltre che rispettoso della dignità dell’uomo.
PERCHE’ RED BULL E’ DIVENTATA LA BEVANDA DEI NOSTRI GIORNI? PERCHE’ FUNZIONA.
Un corpo esausto e una mente stanca traggono beneficio immediato dalle virtù di Red Bull, come confermano numerosi studi scientifici
Red Bull è perfetto per chi vuole mantenersi attivo e sveglio.
In dettaglio, questo significa che:
Red Bull
– migliora le prestazioni.
– migliora la capacità di concentrazione e di reazione.
– migliora la soglia di attenzione.
– migliora la sensazione di benessere.
– stimola il metabolismo.
O più semplicemente :
Red Bull ti mette le aali.
Sulla scorta delle più inquietanti logiche di marketing spietato, una volta creata la piattaforma di delirio, bisognoso di soddisfacimento, si propone immediatamente il mezzo per raggiungere lo scopo. Peccato che lo scopo sia demenziale e praticamente distruttivo, come vedremo fra poco.
L’immagine proposta è quella di una persona esausta, alla quale però, invece che proporre l’antico e ben consolidato metodo del riposo, si propone una ennesima sferzata di quelle che si danno ai cavalli che stanno crepando per la stanchezza e che pur si svegliano sotto la frusta, per poi piombare definitivamente al suolo e non alzarsi più. Si parla di “mantenersi attivo e sveglio”, anche se qualunque sistema biologico ha delle logiche completamente diverse, in cui la fase del recupero attraverso il riposo e la percezione della stanchezza per diminuire l’attività e salvaguardare la propria integrità sono l’unico mezzo possibile per non incorrere in situazioni pericolosissime e rischiose per la vita propria e per quella altrui.
Si prosegue con una serie di riferimenti all’azione di una Energy drink, di cui è tutto verissimo: cioè le azioni riportate in termini di miglioramento sono tutte assolutamente esperibili e documentabili anche con metodiche scientifiche che misurino prestazioni, attenzione, tempi di reazione, senso di benessere ed attività metabolica. Vi è però un particolare molto più importante che non è svelato, in buona o cattiva fede: gli effetti migliorativi menzionati non sono illimitati e sono seguiti, nelle fasi successive, da un crollo delle stesse funzioni, paragonabile a quando il nostro cellulare ci ha dato avviso che la batteria è scarica…e noi, dopo aver ignorato questo avviso, ci troviamo all’improvviso di fronte ad un cellulare praticamente inservibile persino nei primi minuti di ricarica. Un vero e proprio blackout, enormemente più grave di quel primo segnale di “stanchezza”. Ma loro dicono che Red Bull “ti mette le aali” !
COSA PUO’ FARE QUESTA LATTINA E COSA CONTIENE DAVVERO?
Red Bull contiene taurina, glucuronolattone e un’elevata quantità di caffeina, pari a 32mg/100ml. La taurina e il glucuronolattone sono sostanze presenti naturalmente nel corpo umano, che aiutano a smaltire le tossine più rapidamente. La caffeina riattiva e stimola il metabolismo, la circolazione e il sistema nervoso centrale.
Inoltre Red Bull contiene carboidrati, sotto forma di zuccheri a combustione lenta e rapida, e vitamine del gruppo B, come niacina, acido pantotenico, vitamina B6 e B12.
Il risultato dell’esclusiva combinazione di queste sostanze, frutto di una speciale formula, è una dose di energia pura.
Per questo, Red Bull è perfetto per uno stile di vita attivo, che comprende una regolare attività fisica e un’alimentazione equilibrata.
Si procede attraverso una ben circostanziata analisi scientifica dei contenuti e dell’azione di una Energy drink. Lo schema dell’azione di tali sostanze è molto complesso e merita, per essere inteso nel suo reale significato, conoscenze approfondite almeno di biochimica, di biologia e di fisiologia. Quanti consumatori hanno i mezzi per comprendere di che cosa si parla?.
Però, nel trafiletto dell’opuscolo di Red Bull, tramite un riepilogo velocissimo di alcune azioni naturali delle sostanze in questione, si finisce per convincere che l’uso delle stesse, ispirato a meccanismi naturali di un sistema vivente, sia automaticamente, per tale motivo, ritenibile legittimo. E’ come giustificare l’uso dell’eroina, soltanto perché il nostro organismo ne contiene una forma simile al suo interno, gli oppiacei endogeni, come ne contiene i recettori atti a produrre le risposte agli oppiacei. Tuttavia, tutti sanno quali danni arreca la somministrazione dell’eroina e quale pericolo essa rappresenti sia per l’utilizzatore che per la società in cui egli vive.
Vi è di più: ogni sostanza, dotata di un’azione incrementante il livello energetico di un individuo, va incontro, specie se usata ripetutamente, ad una sorta di abitudine che genera un livello di energia spontaneo sempre più basso (tachifilassi). Per di più, occorre considerare che ripristinare una soglia attentiva idonea a perseverare in una mansione di qualunque genere richiederebbe un ambiente sicuro e protetto in cui la inesorabile e profonda defiance che ne segue non possa arrecare danni. Ciò non è possibile in nessuna delle situazioni per le quali normalmente si utilizza una energy drink, che anzi esorta il consumatore a resistere, lasciandolo ignaro sul crollo che seguirà al termine dell’effetto pur obiettivo e documentabile della sua azione fisiologica. Al di là degli effetti biochimici, sui quali si hanno delle modificazioni della fisiologia spontanea, appare subito pericolosa la cultura che, pubblicizzando le Energy drinks, crea una piattaforma di pericolo per ogni attività umana. Meno male che ancora non si è proposta qualcosa di simile per tenere in forma anche gli animali!
I limiti vanno conosciuti e rispettati, ma non solo quelli di velocità.
E’ come dire che, premendo l’acceleratore di un’automobile che sta per fondere il motore, è possibile ottenere una reale accelerazione della sua velocità, ma non si dice che così il motore è destinato a danni irreparabili. Tanto è vero che l’uso delle Energy drinks è non di rado seguito da morti per infarto ed altri accidenti gravi.
Eppure si ha il coraggio di concludere il capitoletto, dicendo che Red Bull è perfetto per uno stile di vita attivo, che comprende una regolare attività fisica e un’alimentazione equilibrata. Insomma, si osa includere un’abitudine che, come state cominciando a comprendere, non è assolutamente rassicurante, il consumo di Energy drinks, all’interno addirittura di uno stile di vita sano ed armonioso. Una vera e propria eresia.
PER PRESTAZIONI STRAORDINARIE E PER CHI VOLA ALTO.
Lo sport è il contesto ideale di Red Bull. Ovunque ci siano atleti in cerca di ali, Red Bull c’è: snowboard, B.A.S.E. jumping, free-climbing, surf, motocross, rally, durante un GP di formula 1 o alle tappe del Red Bull Air Race, per fare qualche esempio.
Sulla terraferma, in acqua, in aria o sulla neve, Red Bull c’è sempre – a supportare e a fornire energia.. A volte basta un battito d’ali per atterrare sul gradino più alto del podio anziché su quelli più bassi.
Ma Red Bull non è presente solo nel mondo dello sport professionistico. Spesso si trova nella borsa termica o nel porta-borraccia di molte altre persone: amanti dello sport di ogni età che corrono maratone e scalano le vette più alte in mountain bike, uomini dal fisico muscoloso e donne-manager in forma smagliante che si allenano in palestra. Semplici dilettanti che riuscirebbero a tenere testa ad un professionista.
Partiamo dall’ultima frase in cui si invitano i dilettanti a sfidare i professionisti dello sport. Alquanto equivoco come concetto.
Si cita adesso un tema scottante, quello delle prestazioni atletiche e non solo, ma tanto ci si è parati le spalle con l’allusione alla fisiologicità delle sostanze costituenti una Energy drink. Purtroppo però non basta che alcune sostanze siano in gioco all’interno di meccanismi normali della biologia. Infatti, qualunque forzatura, a maggior ragione di meccanismi normali, cioè autoregolati, appare ancora più contraddittoria, in quanto vorrebbe sostituire alle logiche regolatorie spontanee della vita quelle indotte da una deformazione della realtà che nulla ha di dissimile dalla base sulla quale è possibile parlare di doping.
Il doping, in italiano dopaggio, è l’uso (o abuso) di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell’atleta. II ricorso al doping è un’infrazione sia all’etica dello sport, sia a quella della scienza medica.
Nell’uso delle Energy drinks, quindi, l’artificialità è rappresentata non dalla natura delle sostanze, ma dal loro uso improprio ed assolutamente impossibile a verificarsi spontaneamente nelle situazioni fisiologiche che tendono naturalmente al meccanismo del feedback, cioè della retroazione regolatoria che prevede una diminuzione dell’azione che ha generato una risposta. L’esempio è quello del termostato dello scaldabagno, che funziona attraverso uno stop dell’energia che eroga il calore non appena si superino i dati di temperatura massima impostata. Qualunque azione che esula da tale meccanismo regolatorio è intrinsecamente pericolosa ed anomala. Il senso della stanchezza vuole soltanto comportamenti che promuovano il riposo, a rischio di incorrere in situazioni senza ritorno. Solo l’allenamento nella sua purezza concettuale, può ambire a modificare tali parametri.
E poi, proprio nello sport, la logica e l’etica dovrebbero esaltare l’attenzione sui risultati legati ad allenamenti studiati, graduali, circostanziati con le effettive condizioni di forma e prestanza dell’atleta, senza boicottare la percezione dei limiti che è l’unico mezzo per procedere con sicurezza al conseguimento di traguardi più ambiziosi. Così nella vita di tutti i giorni e nell’attività sportiva dilettantistica, senza dimenticare il comportamento alla guida di un veicolo.
Gli eventi sportivi sponsorizzati dalla Red Bull sono letteralmente intitolati con il nome della bevanda e si ha davvero la sensazione che la performance conseguita e presentata sarebbe stata impossibile senza l’aiuto dell’effetto “energizzante”. La domanda sorge spontanea: sono gli atleti a vincere oppure la Red Bull? E nel secondo caso: se gli atleti devono all’azione della bevanda il loro successi, perché tutto ciò non dovrebbe essere considerato un doping?
Si è mai chiesto qualcuno se forse il protagonismo pubblicitario dello sponsor in questione obnubili per caso il valore delle obiettive prestazioni sportive, delle competizioni, oppure se dovessimo ritenere sfavoriti eventuali atleti che non utilizzano la bevanda? Insomma, si vorrebbe capire se questa nuova abitudine è indispensabile allo sport oppure lo sport è indispensabile ad essa.
Sarebbe importante, in ogni caso, regolamentare meglio il grado e la qualità dell’intervento energizzante, e dell’uso della cultura che vi è alla base, nel determinare l’esito della prestazione. Diversamente, come attualmente è, resta una confusione notevole sui ruoli e sulle utilità, ma soprattutto sulla sicurezza.
Un dato curioso riguarda il fatto che la così detta Morte Improvvisa da Sport (MIS) è più frequente nelle competizioni ufficiali (79%) che negli allenamenti (21%), anche se, realisticamente, i secondi occupano molto più tempo delle prime. Il dato è davvero molto evidente e verrebbe spontaneo considerare che, nel corso delle competizioni ufficiali, vi possa essere qualche fattore che sfugge alla consapevolezza e che possa condizionare una situazione di notevole pericolo, paradossalmente proprio in atleti allenati e ben preparati ad un livello di prestazioni superiore.
E’ evidente che gli sportivi che usano Red Bull hanno una marcia in più, prima di tutto sono più disposti al rischio e sembrano avere un minore istinto di conservazione, meno paura e, nei vari video dello sponsor, sono esibiti anche molti incidenti nel corso della pratica sportiva, come se si volesse spingere ad un modello, ancora una volta, di sottovalutazione dei rischi. Ma sulla strada…tutto ciò è conveniente? Manca soltanto che gli istruttori di scuola guida insistano sull’opportunità di usare Energy drinks per tenersi svegli ed efficienti!
RED BULL ENERGY DRINK. TI METTE LE AALI.
PERSONE AL VOLANTE.
Red Bull è il compagno di viaggio ideale per chi percorre lunghi tragitti. Chiunque guidi, dal giovane neopatentato al guidatore incallito, sa che i fattori più importanti per viaggiare in sicurezza sono un corpo e una mente sempre all’erta.
E questo vale per il Gran Premio di Monaco come per il semplice percorso casa-ufficio. Se gli occhi si chiudono e la strada verso casa sembra interminabile, è ora di ascoltare un pò di buona musica ritmata e rinfrescare la mente con una lattina di Red Bull.
Una ricerca condotta dalla University of Loughborough, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e dei Trasporti*, ha dimostrato che Red Bull ha un effetto positivo sulle funzioni mentali e aumenta in modo sostanziale la capacità di concentrazione e reazione.
*Reyner LA and JA, Efficacy of a “funziona Energy drink” in counteracting driver sleepness, Physiology e Behaviour 75, 331 – 335 (2002).
Veniamo ora al momento in cui gli autori della pubblicità alle Energy drinks affrontano ufficialmente il capitolo scottante: Energy drinks e sicurezza stradale. La sicurezza stradale dovrebbe essere il fiore all’occhiello di un sistema sociale che è presente ai meccanismi che potrebbero salvare la vita di un numero enorme di persone, specialmente dei giovani, che più di altri si trovano esposti al rischio di incidente stradale, per la loro naturale propensione ad un numero maggiore di spostamenti ed attività, nonché per la propria naturale inesperienza nel gestire con cautela i comportamenti alla guida. Non soltanto: i giovani acquisiscono le abitudini che tenderanno a condizionarli per tutta la loro esistenza.
Grande attenzione è prestata, con sanzioni molto severe, per l’uso di alcoolici e droghe, ma è davvero deludente che non vi sia il minimo cenno alla pericolosità delle Energy drinks ed al fatto che, in altre nazioni, l’uso di tali prodotti sia vietato da anni. Perché in Italia la vendita e l’uso di tutto ciò è in vertiginoso aumento, mentre le forze dell’ordine seguono altre piste per garantire la sicurezza stradale? Perché non si impiega il minimo sforzo nel proporre, sia pur minimamente, un sospetto, almeno cautelativo, in relazione alla pericolosità di una cultura che istiga i conducenti a non prestare attenzione alla propria stanchezza, o meglio a farlo in modo discutibile?
In autostrada, entrando nei bagni delle stazioni di servizio magari per rinfrescarsi il volto, ci si trova davanti a cartelloni pubblicitari che ricordano IMPUNEMENTE di consumare qualcosa che cancella la stanchezza per proseguire la guida in condizioni che, a mio parere, e per quanto sto spiegando, sono di gran lunga più pericolose di un buon bicchiere di vino. Perché la gente non viene posta nelle condizioni di poter sapere a quale rischio va incontro? Perché i responsabili della sicurezza, di ogni ordine e grado, non sollevano il problema?
Per di più, nel trafiletto che sto commentando, vi è una pericolosa allusione al mondo della pista riportato a quello della strada! Ma non si è sempre detto che la strada non è una pista?
Attenzione! Ripeto, per chi eventualmente dovesse essersi distratto, che gli studi scientifici ostentati in cui si dimostra un incremento di tutte le componenti che rendono più sicura la guida, pur raccontando la verità, tacciono sull’elemento più importante, cioè sulle fasi successive a quella di stimolo, sulla quale nemmeno in queste righe io faccio obiezioni. Non penso che sia necessario ripetermi. Anche dal racconto di persone che hanno utilizzato le Energy drinks, è possibile trarre testimonianze tutt’altro che tranquillizzanti. Nel frattempo le nostre strade si riempiono sempre di più di lapidi satelliti ai bordi, mentre si inseguono obiettivi “di sicurezza” forse inadeguati al perseguimento dello scopo, ad esempio la velocità o altro.
L’uso delle Energy drinks è talmente diffuso e con un trend in continuo aumento, che, se davvero dovessero essere un problema, stiamo ponendo gli automobilisti nelle condizioni di estinguersi!
L’aumento delle prestazioni fornite dalla lattina può anche intendersi come incremento di una certa “vivacità alla guida”, oppure di una certa dose di “spregiudicatezza”, che non sarebbero poi dissimili da quell’incremento di tono necessario nel corso di una competizione sportiva, tale da consentire una maggior grinta tesa al conseguimento della vittoria. Però, tutto ciò non sarebbe proprio il meglio, sulla strada, dato che, pur volendo scongiurare la stanchezza delle persone, sarebbe necessario che la guida sia ispirata sempre a criteri di moderazione ed equilibrio che non si configurano, per definizione, all’interno di una condizione di iperstimolazione, potenzialmente anche difficile da gestire e che potrebbe spingere ad azioni ardite o decisamente esagerate.
Vorrei far notare che sporadiche Scuole Guida già si curano di raccomandare agli allievi l’evitamento di bevande energizzanti, ma tale insegnamento non è ancora stato reso obbligatorio, poiché l’argomento è assolutamente sottovalutato.
La vendita di Red Bull è a tutt’oggi proibita in Danimarca, Francia, Uruguay e Norvegia.
PIU’ CHE SVEGLI, DAL BANCO DI SCUOLA ALLA SCRIVANIA DEL CAPO.
Lo studente appartiene a una categoria molto speciale: viene considerato da genitori e professori un ibrido tra uno scolaretto delle elementari e un hippy. La sua vita però non è meno impegnativa di quella di un top manager. La voglia di studiare è indispensabile, ma, durante le nottate passate sui libri, uno studente che sa il fatto suo sa anche che troverà una marcia in più in una lattina blu e argento.
E più avanti, quando cercherà di far carriera, un Red Bull ghiacciato gli impedirà di addormentarsi su una pila di documenti. Persino il lunedì mattina, quando dovrà essere pienamente efficiente e concentrato anche durante l’ennesima riunione della giornata.
Perché affrontare una lenta e faticosa ascesa professionale quando Red Bull ti mette le ali per raggiungere la vetta?
Ora arriviamo alla scuola, ove anche si ha il coraggio di adombrare i più sacri valori che lo studio e qualunque attività intellettuale dovrebbero avere come argomento centrale. I risultati scolastici sono possibili soltanto con un metodo che, mi si creda, non c’entra proprio nulla con le Energy drinks. Il coraggio nel voler minare anche questo ambiente, che dovrebbe preparare alla VITA i giovani, sfiora davvero la criminalità e rischia di porre le premesse per un fallimento sistematico di qualunque sforzo atto all’apprendimento della gestione delle proprie risorse mentali e fisiche, nell’interesse della comunità in cui viviamo. Per non parlare dell’immagine di questo uomo in carriera che somiglia di più ad una scheggia impazzita che ad un vero modello di protagonista illuminato e consapevole di dover gestire situazioni e prospetti di estrema delicatezza e che, come tali, richiedono equilibrio, moderazione ed autocontrollo. Mi dispiace: tutt’altro che Red Bull!
QUANDO FUORI DALLA DISCOTECA IL GALLO CANTA.
Spesso i nottambuli incalliti, gli amanti della musica e del ballo raccontano la favola della notte lunga 24 ore. Sin dai primi anni Novanta è nata una nuova generazione di inguaribili festaioli che continua a crescere con tutta l’energia di un DJ set.
Quando il ritmo si fa più intenso, a quell’ora della notte in cui normalmente dovresti già stare a letto, una lattina di Red Bull è la tua compagna ideale. Naturalmente questo vale anche per i concerti pop, gli eventi sportivi e le sfilate di moda.
Per mantenere il ritmo giorno e notte ovunque ti trovi, il tuo corpo ha bisogno di energia e la tua mente di concentrazione.
Cosa c’è di meglio di una passeggiata verso casa all’alba?
Siamo infine al fatidico ritorno dalle discoteche e a tutte quelle situazioni in cui ci si trova costretti a rimanere svegli, quando, come anche il trafiletto ricorda, “si dovrebbe essere già a letto”. Si insiste sulla indispensabilità dell’apporto di energia tramite la famosa lattina, compagna ideale. Vi è quasi un meccanismo di personalizzazione della bevanda che viene presentata come l’angelo custode che consente di ritornare a casa.
In verità, come risulta da una serie di considerazioni di ordine biochimico, metabolico e fisiologico, nulla può rimettere a posto un corpo stanco che ha bisogno di riposare, se non lo stesso riposo, il sonno, la quiete. Non vi è apporto esterno che possa mimare i meccanismi finissimi e perfetti del ristoro legato alla sospensione delle attività. Questa verità è inopinabile e non bisognerebbe ingannare le persone. Torno a dire che il procrastinare il necessario riposo non fa altro che generare una grave condizione in cui qualunque meccanismo di controllo che possa rendere conveniente l’addormentarsi e garantire che ciò avvenga in tutta sicurezza salta definitivamente, lasciando la persona nella più assoluta perdita di controllo. E’ necessario indagare meglio sulle cause che ogni giorno sono effettivamente alla base dei colpi di sonno, di incidenti gravissimi e di tanti decessi. Parlare di colpo di sonno non è più sufficiente, come non si può essere, ancor oggi vaghi, di fronte alla sia pur remota possibilità che ci stia sfuggendo un elemento causale fondamentale: una cultura sbagliata del concetto di guida di un veicolo, assieme ad un vero e proprio attentato alle condizioni psicofisiche dei conducenti.
In situazioni in cui si è spinti ad ignorare la stanchezza, il colpo di sonno è ben più grave, incontrollabile e quindi pericoloso, di quando il soggetto ha invece le prime avvisaglie e può scegliere, con più presenza di spirito, il da farsi.
Si cita la bella passeggiata all’alba verso casa, come un idillio romantico: in effetti si tratta di un percorso straziante, all’insegna di una lotta impossibile contro il sonno che chiude gli occhi e più volte fa sobbalzare il cuore quando riesci a riaprirli in tempo e ti accorgi di quello che stava per accadere. Vorresti soltanto fermarti e recuperare le forze, ma non lo fai, costretto da una serie di folli condizionamenti che ti vogliono supereroe, capace di dimostrare che quello stile di vita che conduci è sostenibile e non è in grado di arrecare disagio. Piccolo angelo, fermati e riposa, e ritrova la forza di condurre a casa, sano e salvo, il tempio della tua vita, la tua persona, la preziosità del mistero del tuo essere. Getta via la lattina fuori dal finestrino: questa volta sei autorizzato a farlo, perché essa è ancora piena, mentre normalmente lo fai dopo averla bevuta e, senza nessun buon senso, esprimi soltanto la bestialità e il disordine in cui la tua nobile figura è finita. Deprivazione di sonno, attentati biochimici (la lattina) ai reali meccanismi di recupero del tuo sistema nervoso, false culture, di cui l’uso di certi prodotti è il totem al centro del culto tribale della sua pubblicità, logorano sia la salute che la personalità degli individui, spingendoli a comportamenti sempre più insulsi ed irresponsabili, come è insulso morire al ritorno dalla discoteca.
Mi meraviglio che i gruppi industriali, leaders di certe Energy drinks, si facciano promotori e sponsors di mille eventi “sportivi”, che dovrebbero essere esempi di armonia ed equilibrio, quando invece contribuiscono a distorcere le idee sul senso della vita e sull’importanza di alcune regole che davvero sono alla base di una visione sportiva dell’esistenza.
Inammissibile poi che alcune dinamiche, che possono anche essere tollerate nell’ottica di una competizione sportiva “all’ultimo sangue”, vengano fatte passare nella vita giornaliera e sulle strade ove persone normalissime guidano dei veicoli e rappresentano un pericolo potenziale di entità incalcolabile. Occorrerebbe che, una volta tanto, le aziende di cui sopra promuovessero eventi in cui si condizionano le persone, i giovani, le masse con messaggi sani ed in grado di diminuire le tragedie, ma forse così alcuni dovrebbero rivedere i loro progetti imprenditoriali. Eppure si potrebbe fare!
LA DONNA CON 10 LAVORI.
Le eroine segrete della nostra società non sono le manager in carriera o le donne assetate di adrenalina che vivono costantemente con il piede sull’acceleratore, ma le donne che si dividono tra un ambiente di lavoro moderno e altamente tecnologico e pressanti responsabilità, come allevare un figlio da single. Va da sé che, prima o poi, tutto questo diventa troppo.
E tra l’affanno delle pulizie di casa, la corsa per prendere i bimbi a scuola, l’inevitabile incombenza dei fornelli e un salto in palestra, la sferzata di energia di un Red Bull è proprio quel che serve ad una “Supermamma” per ricaricarsi.
In ultimo, non poteva mancare il riferimento alle prestazioni lavorative, che vengono ancora una volta poste in un pentolone gigantesco, assieme a mille altri ingredienti, e mescolate vorticosamente, nello stile frettoloso, disordinato e fuorviante che tutto l’opuscolo Red Bull propone senza nessuno scrupolo.
Il termine “sferzata” la dice lunga sul falso luogo comune celebrato dal rito del consumo di Energy drinks, ove, al posto di infondere buon senso ed equilibrio, si inducono le persone ad un vero e proprio scatenamento.
Conclusioni:
Nel contesto vitale in cui ognuno di noi trascorre la propria esistenza, esiste un network intessuto fra le vite di tutti quanti noi.
Nell’ultimo film “Razza bastarda” di Alessandro Gassman, con Manrico Gammarota, lo spacciatore, Roman, che non vive altro che per dare una vita felice a suo figlio, dovrà subire la tossicodipendenza del figlio da eroina, la stessa sostanza per cui la madre di una ragazza, morta per una dose da lui fornita, incessantemente lo insegue per vendicarsi. Ognuno di noi è agonista e vittima dei suoi stessi comportamenti, così come gli è data continuamente l’opportunità di interrompere dei meccanismi sociali dannosi con il suo solo intervento.
Occorre uno spirito di responsabilità personale, molto diverso dall’inerzia con cui abitualmente sopportiamo di tutto, soltanto perché magari non ha ancora toccato la nostra famiglia. Basta a ritenere la famiglia il solo interesse per il quale ha senso fare sacrifici ed esporsi a qualunque situazione, mentre lasciamo correre fatti che offendono la dignità di qualunque famiglia e, alla fine, sfondano anche la porta della nostra casa.
Gli studi sulla performance di soggetti che hanno assunto una Energy drink devono essere riletti in modo critico e alla presenza di scienziati che possano commentarli come me. Il modello degli studi deve essere modificato in modo che siano osservati anche altri parametri, per esempio quelli successivi al periodo che segue immediatamente l’assunzione della bevanda. Per esempio, bisognerebbe valutare se i tempi di ripresa o la reattività agli stimoli nelle ore successive al termine dell’azione più propriamente stimolante siano comparabili con quelli che normalmente si avrebbero se non vi fosse stata precipuamente l’azione biochimica delle sostanze energizzanti. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la qualità dei comportamenti, la coloritura emozionale delle reazioni ad eventuali stimoli contraddittori, l’ideazione e l’affidabilità globale dell’individuo. In questo modo si potrebbe dimostrare che la somministrazione delle stesse non arreca soltanto dei vantaggi iniziali, ma modifica il setting reazionale, sotto ogni punto di vista, del soggetto, esaminato in un tempo più lungo. Questi parametri sono ricavabili dalle nozioni scientifiche della letteratura, ma anche desumibili da una rilettura critica delle azioni specifiche che proprio i produttori vantano a favore delle loro Energy drinks. A fronte di un maggior tempo trascorso dal momento in cui un soggetto sente il bisogno di assumere una bevanda energizzante, dopo una “ulteriore” spremitura di efficienza, gli standards necessari per rimanere svegli e attenti calano a livelli che non consentono più la gestione lucida della realtà. L’utilizzatore della lattina, però, non sa nulla di tutto ciò e non può prevedere nemmeno il momento in cui, proprio in virtù degli ennesimi sforzi compiuti per sostenere una “innaturale” richiesta di efficienza, avrà il crollo con il fatidico blackout definitivo.
Nello schema biochimico riportato, è possibile fare un semplice esempio relativo all’azione nel tempo della caffeina su una persona. Una importante via dell’energia è quella in cui l’adenosintrifosfato si trasforma in adenosinmonofosfato grazie ad un enzima chiamato adenilciclasi. L’adenosinmonofosfato viene quindi smontato da un altro enzima che si chiama fosfodiesterasi. La caffeina (una xantina metilata) ottiene un aumento di energia dovuto ad una maggiore disponibilità iniziale di AMP, tramite l’inibizione della fosfodiesterasi. Questa è soltanto l’azione iniziale, seguita successivamente da una minore disponibilità di ATP, grazie a meccanismi di controregolazione a feedback negativo, tipici dei sistemi biologici spontanei.
La somministrazione di dosi ripetute conduce a cali progressivamente più imponenti di ATP (substrato per avere energia), che diviene via via più carente, mentre ciò è responsabile del fatto che, per esempio, chi consuma molti caffè, è sempre ugualmente stanco, anzi più di quanto possa essere normalmente, cioè se non ne facesse uso (down regulation).
Questo è solo un esempio, ma bisogna immaginare che tale meccanismo è tanto più grave quanto più le dinamiche che producono energia sono coinvolte su più fronti, come accade per la contemporanea somministrazione di più sostanze energizzanti. Ciò è per le Energy drinks.
Inoltre, col tempo, subentra una sorta di abitudine che rende la stessa stimolazione meno efficace, anche in acuto, e spinge ad assumere una maggiore quantità di stimolanti, e più spesso: insomma come accade in qualunque vera e propria dipendenza di tipo farmacologico e psichico. E’ il modello farmacologico e psicologico delle sostanze che promuovono l’asservimento morboso alle sostanze tossicomanigene (drugs addiction).
Sono un uomo di scienza ed, in misura di quanto le mie conoscenze mi consentono, ho il dovere di segnalare nuovamente questa drammatica storia delle Energy drinks (ho già reso pubbliche alcune considerazioni scientifiche sperimentali sull’argomento, all’interno di un mio lavoro, intitolato Red Bull).
Dopo aver esaminato l’argomento, ritengo assolutamente plausibile che la diffusione sempre più marcata di questa abitudine sia la causa di molte morti e di enormi dolori che attanagliano la nostra società.
Sembrava una volta impossibile sconfiggere l’apartheid, eravamo abituati al fatto che i neri non potevano entrare nei bar, mentre un cane si. Ci sarà anche un modo per fare saltare questa cultura folle che ci espone al rischio delle Energy drinks e ci lascia inermi a subirne tutte le conseguenze. Così era per il Ku Klus Clan!
I pericoli della Red Bull sono già stati posti al centro di una discussione anche nella comunità scientifica ufficiale, e sono stati denunciati di recente in alcuni articoli apparsi in letteratura. In particolare, ci si è soffermati sui rischi derivanti dall’assunzione simultanea di Energy drinks ed alcool: possibilità che soggetti che non hanno una sufficiente percezione del loro stato di ebbrezza possano procurare incidenti; mancata percezione degli effetti sgradevoli dell’alcool, tale da indurne l’assunzione di quantità eccessive e di conseguenza aumentare le probabilità di sviluppo di dipendenza da alcool.
Personalmente penso che gli argomenti apportati siano stati pochi e soprattutto poco definiti, ma che, per di più, non vi sia stata la volontà di istituire un “tavolo tecnico”, sul quale fare davvero chiarezza.
Nel 2007, la Società Italiana di Farmacologia ha chiesto al Ministero della Salute di imporre che sia aggiunta sulle etichette delle Energy drinks una avvertenza che sconsigli l’uso in soggetti cardiopatici ed ipertesi e avverta sui rischi derivanti dall’associazione con alcool. Un’iniziativa simile, sia pure non drastica e incisiva come quella adottata in Paesi che ne hanno vietato la distribuzione, è stata presa dalla Gran Bretagna che sconsiglia l’uso di Energy drinks in dosi elevate, tra i minorenni o in associazione a superalcolici.
Tali raccomandazioni sono scritte sugli involucri con caratteri grafici a dir poco invisibili, ma ciò non mi sembra corretto ed ispirato a quella trasparenza cui i consumatori hanno diritto.
Per alcune schede tecniche di farmaci di uso quotidiano, le aziende produttrici hanno avuto cura di fornire dei bugiardini di dimensioni pari ad una federa di cuscino. Almeno la leggibilità, quella grafica, è salva!
Prestare attenzione a questi fattori mi sembra comunque ancora insufficiente, rispetto all’ampiezza dei contenuti svolgibili sul piano di farmacovigilanza, su quello psicologico, etico e tout court “sociale”. Le cautele non dovrebbero essere soltanto di mera natura precauzionale.
Sul tavolo pongo una seria discussione scientifica, guidata da principi etici diversi da quelli per i quali le aziende hanno commissionato dei lavori scientifici ad alcune Università, al fine di supportare una lettura parziale dei risultati e convincere le persone ad accettare ciò che viene presentato come un vantaggio, in effetti soltanto iniziale. Non è possibile dissentire dall’attribuire a queste così controverse lattine il significato IN PIENO di doping, di droga legalizzata, di truffa ai danni della comunità che resta esposta a pericoli che non sono degni di una società che si dice garante della sicurezza pubblica e del controllo tramite le forze dell’Ordine di ciò che chiamiamo sicurezza. Quale sicurezza?
Il destino delle persone dipende moltissimo dal destino che sappiamo imprimere al reale grado di civiltà della nostra società. Nell’uso delle Energy drinks non vi è nulla di civile e sicuro, tanto meno di innocuo. Da alcuni ho sentito dire che basta non usarle. Anche chi non le usa, sappia che, ogni volta che sale nella sua auto, oppure fa una passeggiata per strada, rischia di essere travolto da un altro conducente al quale è appena terminata la sferzata di energia che la sua fedele compagna, la lattina, gli aveva dato. Ma potrebbe essere anche che la condotta del conducente abbia risentito di una “sferzata” di energia troppo esagerata. E per chi dice di essere concentrato solo sul benessere della sua famiglia, vorrei invitarlo ad immaginare che lo stesso potrebbe accadere a suo figlio, sia come agonista che come vittima, e non solo al ritorno dalla discoteca.
E’ ipotizzabile anche che, in alcuni soggetti predisposti a livello latente, per riduzione del freno inibitorio, prevalgano comportamenti di natura francamente asociale e pericolosi.
Dal punto di vista strettamente medico, come già spiegato, i danni possono essere sia acuti (rischio anche di morte improvvisa) che cronici (abitudine ed azione deleteria sulla funzionalità cardiaca e sul comportamento).
La salute, così violentata da continue richieste di performance spropositata, declina sulla coscienza collettiva che infine si configura asservita e dipendente all’uso di sostanze che nulla hanno da dare a nessuno, che non siano gravi danni e tanta incoscienza e superficialità.
In più, seguendo molti casi clinici, ho notato che alcuni disturbi psichici con ansietà, turbe della personalità, angoscia notturna ed incubi, erano legati chiaramente all’uso di Energy drinks, in quanto si sono completamente risolti con la sospensione della loro abituale introduzione. Viene da pensare anche a molti fatti di cronaca in cui appare palesemente, ma inspiegabilmente alterato il comportamento delle persone. Personalmente ho notato che i consumatori abituali hanno facilmente visioni terrificanti e disturbi percettivi di vario genere e che trovano una notevole difficoltà ad iniziare la giornata e a gestire la stanchezza, se non facendo capo all’introduzione delle bevande.
I danni, oltre che biologici, sono di natura etica, morale, pedagogica, sociale, ma non soltanto. Il conducente di un autobus per le gite scolastiche raccontava che bambini di V elementare consumano Energy drinks abitualmente nelle gite scolastiche e poi hanno comportamenti, a suo dire, atipicamente vivaci, violenti e facilmente distruttivi.
Secondo una logica ufficiale, dovremmo, ad un solo sospetto di tal genere, avviare almeno una seria indagine scientifica, per appurare eventuali nessi causali che andrebbero resi noti e superati.
Parliamo adesso delle responsabilità.
Vi sono precise responsabilità da parte di chi produce, di chi vende, di chi autorizza tutto ciò o, in ogni caso non pone in essere le misure per appurare la verità su questa storia. In altre nazioni civili è stato interrotto il consumo di Energy drinks, in modo documentato e responsabile. Vi sono precise responsabilità anche da parte di chi è posto a tutela della sicurezza sia alimentare, che di vario altro genere, per esempio quella stradale, in cui precise competenze dovrebbero intervenire per arginare gli ormai incalcolabili danni da incidenti.
In relazione a tale argomento, anche la ricostruzione dei fatti, anche a morte avvenuta, dovrebbe scansionare l’eventuale uso di Energy drinks nelle ore che hanno preceduto l’incidente e condurre una ricostruzione epicritica più fine.
Le indagini, che siano serie e circostanziate, non possono più continuare a tener conto soltanto di alcool e droghe o altre sostanze, per i motivi di cui ho abbondantemente fornito spiegazioni. Un livello di civiltà adeguato deve concedersi questo ulteriore step evolutivo.
Occorre introdurre, tra le metodiche per accertare le cause di incidente, anche il dosaggio di laboratorio dei vari metaboliti in relazione all’introduzione di qualunque tipo di Energy drink.
Non è possibile rimanere indifferenti di fronte al mio appello, né rimanere timidamente sospesi a mezz’aria, in considerazione del valore della vita delle persone e dell’importanza di non creare una cultura fallace che occulta i pericoli, per non porre in discussione una linea di marketing che ormai sta dilagando tramite una continua diversificazione di nomi commerciali e di proposte che allettano il consumatore ignaro e indifeso e che rappresentano una forma di strapotere assolutamente ingiustificato.
Ricordo, che tanti anni fa, senza rendermi conto di ciò che facevo, stavo per propinare alla mia figlioletta una lattina di Red Bull!
Tutti i tecnici che si rendono conto, come me, sono gentilmente invitati a scendere in campo a supportare ulteriormente il mio coraggioso sforzo interventivo ed esplicativo.
L’aforisma del prestigiosissimo Corpo dei NAS recita:
”SALUS POPULI – SUPREMA LEX”.
Il dramma di una società che ha disimparato ad interrogarsi sui grandi temi della vita e sulle regole per custodire la preziosità della nostra esistenza ha generato talmente tante morti “ingiuste”, che è arrivato il momento, anche in Italia, di riprendere il controllo della situazione, almeno in questo settore così delicato e drammatico, quanto ignorato. Questo è un appello pubblico a tutti i responsabili a tutti i livelli.
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Questo documento è impresentabile senza la consapevolezza di dover collaborare da parte di chi viene a conoscenza. Il livello di pericolosità del rendere note queste informazioni è inversamente proporzionale al numero e all’importanza dei latori impegnati nello svolgimento dei piani successivi alla resa del documento stesso.
L’efficacia del documento dipende dall’importanza dei destinatari e dal loro spirito di responsabilità, probabilmente meglio elicitabile tramite una comunicazione contemporanea del documento a più rappresentanti di importanti ruoli sociali.
Una possibilità sarebbe di organizzare una Conferenza dedicata alla sicurezza della vita quotidiana in relazione alle nostre abitudini, in cui leggere il documento, invitando all’evento gli amministratori regionali e provinciali, le autorità sanitarie, gli Uffici di Igiene e Medicina Preventiva, le alte sfere delle forze dell’Ordine (Carabinieri, NAS, Guardia di Finanza, Polizia stradale, Polizia Provinciale e Locale), i rappresentanti governativi dei vari Ministeri interessati, il Nucleo Ispettorato del Lavoro, tramite lo SPESAL (Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro), le alte cariche dello Stato, la Magistratura, i rappresentanti della Chiesa, gli organismi di tutela del consumatore, gli organismi direttivi delle attività sportive, come il CONI, e tutte le altre figure che possono essere in qualunque modo coinvolte, anche in termini di responsabilità penale.
E’ possibile immaginare di ottenere anche un sequestro cautelativo delle partite attualmente in vendita, in attesa di decisioni ulteriori.
E’ proponibile anche uno Studio prospettico ed epidemiologico, articolato e circostanziato, mirato ad un tema di rilevanza sociale, quale la prevenzione degli incidenti stradali, e possibilmente anche meritevole di finanziamenti statali, in cui dimostrare con modelli scientifici adeguati che il vantaggio della stimolazione energetica può non essere soltanto foriero di esiti positivi, nonché porre in essere i dosaggi necessari a verificare, se e con quale frequenza, i soggetti che hanno avuto incidenti stradali risultano essere consumatori di Energy drinks nelle ore precedenti alla disgrazia e nella loro vita in genere (possibilità di interazione con gli Istituti di Medicina Legale ed i NAS).
Tale tipo di attività potrebbe essere svolta, anche grazie a commissioni esterne, da parte di un’Associazione neocostituita, avente come scopo centrale del suo Statuto lo studio delle dinamiche possibili alla base degli incidenti e delle disgrazie, con riferimento all’inquadramento di nuovi eventuali comportamenti di natura preventiva (consentendo quindi di “smascherare” il ruolo delle Energy drinks).
L’Associazione si servirebbe di studi investigativi, epidemiologici, statistici, medicolegali e tossicologici, nonché di ogni mezzo ritenuto necessario per far luce sulla questione e trarrebbe argomenti per ottenere il divieto di vendita.
Un’altra possibilità è di coinvolgere una delle associazioni già esistenti formate dai parenti di vittime della strada, ove si troverebbe un terreno purtroppo già sensibilizzato a causa dei lutti gravissimi già patiti.
La natura di tale attività sarebbe di indispensabile utilità sociale ed umanitaria.
La situazione attuale vede la Red Bull sempre più protagonista di eventi pubblici di ogni genere, ove la bevanda viene pubblicizzata e distribuita gratuitamente, mentre il mercato pullula di nuovi nomi commerciali che si basano sulla stessa ricetta di base. Trattasi di una vera e propria campagna massiva per creare sempre più nuovi adepti ad un’abitudine che evidentemente si presta bene ad alimentare dipendenza e che, per questo motivo, dovrebbe essere considerata in tutta la sua effettiva pericolosità sociale.
Altamura, 14/05/2013. Salvatore Rainò
Questo articolo, caro Salvatore, è a mio avviso ancora più bello ed importante, perché, attraverso l’eloquio di un medico ‘normale’ (ma parlo della ‘normalità’ nella cultura aristocratico/pagana, che è in realtà rarissima e sublime, perché è lo stadio ottimale del qualitativo e del quantitativo), illustri, non solo la perniciosità di queste folli bevande per la salute, ma la loro antiteticità alle logiche stesse in cui le vite dovrebbero svolgersi, ed analizzi il loro essere abiette nel quadro dell’abiezione che caratterizza la ‘modernità’. Un’abiezione di fronte alla quale, anche tu, sconfortato come me, rivolgi il tuo parere di scienziato, di uomo illuminato, al giudice, che è solo un simulacro, perché l’abiezione è riuscita ad imporsi al punto che è ormai abietta anche la normativa e la giurisprudenza. Speriamo di farcela, caro Salvatore, altrimenti.. Gino
È l’inappagata irrisolta volontà di andare oltre che ci fa assomigliare sempre più a menti alienate