L’evoluzione dell’UOMO

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L’evoluzione dell’uomo

Una domanda che probabilmente le persone si fanno mentre ricevono le notizie giornaliere di cronaca sempre più nera è:”Tutto ciò che accade ai tempi d’oggi accadeva anche in passato?”  Probabilmente la risposta resta incerta per vari motivi: da una parte, si dice che il mondo è sempre stato uguale, dall’altra è facile immaginare che oggi le notizie sono il pane quotidiano della nostra informazione e quindi sono molto evidenti.

Il mondo oggi è fatto sempre di più da notizie, che generano una reazione sempre più composta e contenuta, perché gli stimoli ripetuti, anche se forti, determinano abitudine. “Carne avvezza a patir dolor non sente”.

Ho avuto l’occasione di essere intervistato molte volte, ma ogni volta ho avvertito la sensazione che l’intervista dovesse essere così confezionata, da correre il rischio di perdere l’estemporaneità del fatto cui l’intervista era volta. Le notizie corrispondono forse sempre meno ai fatti? La risposta è opinabile, ma è legittima la domanda. In quale rapporto sono i fatti con le notizie? Quale eventuale trasformazione un fatto può subire quando si trasforma in notizia?

Negli ultimi anni, per esempio, è in via di affermazione un singolare neologismo: femminicidio. Le notizie possono creare anche parole nuove e nuovi modi di far vedere le cose. Il femminicidio altro non è che un omicidio. Mi associo ai commenti già fatti dalla giornalista Giusi Fasano in merito alla inopportunità di parlare di femminicidio. L’aspetto più interessante è che ho scoperto, soltanto dopo aver dissentito personalmente sull’uso di questa parola, che anche qualcun altro era del mio stesso avviso.

Femminicidio sembra aver creato una nuova realtà ci cui occuparsi, una specie di categoria del crimine, un ambito dei comportamenti, qualcosa insomma di cui dovremmo farci carico. Se dovessimo prestare attenzione anche alle differenze di sesso di chi cade vittima di impulsi efferati, forse potremmo perdere di vista altri argomenti che meritano senz’altro più attenzione e ci fanno rimanere più all’interno della reale analisi utile dell’accaduto e dei suoi meccanismi.

Il tono di voce dei giornalisti che citano il femminicidio si colorisce di sfumature di pronuncia, di un’enfasi particolare, che suscita sempre in me indignazione e disapprovazione. La vita è vita, la dignità è dignità, l’omicidio non merita classificazioni che non siano quelle classiche: colpa, volontà, praeterintenzionalità.

Ma lasciamo ritornare l’argomento nel desktop della nostra carrellata giornaliera di mostruosità, quelle che ci vengono propinate a turnover serrato con ogni mezzo di informazione, mentre facciamo colazione, mentre pranziamo, mentre siamo in auto, al ristorante, un vero e proprio background permanente che propone la verità dell’informazione come un bene inalienabile di una società civile e presente a sé stessa.

La presenza a sé stessi sarebbe dunque quella strana indifferenza che si crea progressivamente in chi ascolta le notizie, anche le più macabre, anche quelle più sconcertanti? Si, perché è questo che oggi appare evidente: una progressiva indifferenza alle cattive notizie. Un po’ è anche necessario, altrimenti saremmo continuamente in preda ad un senso di orrore, ma le considerazioni davvero sono tante.

Infatti, ogni comunità ha la sua immagine collettiva che aleggia come una nube al di sopra del gruppo sociale in questione: viene anche chiamata, con una parola insolita, “Egregore”. Questa forma di energia, che in letteratura, è stata anche riconosciuta capace di generare fenomeni misteriosi  corrisponde all’anima di un popolo, al suo inconscio collettivo, alla sua identità globale, alla coscienza comune in cui tutti si riconoscono. La coscienza, però, conosce i meccanismi regolatori, si modera leggendosi in retrospettiva, avanza promuovendo l’evoluzione dei comportamenti. Intanto le cattive notizie aumentano e vengono sempre di più spalmate come una crema, che se fosse almeno meno disgustosa, potremmo farci il bagno.

Dov’è la retroazione, dove sono i meccanismi regolatori, ove è quella oscillazione tipica di tutti i fenomeni, che ne caratterizza un ritmo, delle fasi, che insomma permette di correlare i fatti alla loro interpretazione? La sensazione che tutti hanno è quella di un crescendo illimitato e foriero di epoche buie, di cui nemmeno si può parlare, altrimenti la vita perde ogni suo senso.

Potremmo parlare allora del Paradosso della Coscienza! Ci si vede, ma non ci si riconosce, ci si riconosce, ma non si è in grado di attivare una controtendenza. Qualcosa non funziona. Lo sconcerto, la disapprovazione, il dolore vengono ovattati, misconosciuti, rimossi, rifiutati.

Una delle più antiche risorse della vita, assicurata da importanti aree del sistema nervoso centrale e periferico, una delle dimensioni animiche degli organismi più strutturati del cosmo, i mammiferi, la Cattedrale dell’evoluzione filogenetica: l’UOMO, il mezzo per generare autocontrollo per antonomasia, è reietto, negato, oscurato e lasciato senza interpretazione alcuna. La notte senza luna, il giorno con eclissi totale di sole, il buio senza la minima possibilità di capire dove siamo, dove andiamo, chi siamo e che cosa stiamo facendo.

Un vero Paese dei Balocchi, solo gioco e gaiezza, senza chiedersi che cosa accade se ci trasformiamo in somari. La favola si tinge di giallo, ogni volta che accendiamo la televisione, ogni volta che ci confrontiamo con la realtà, ogni volta che una nuova forma di dolore entra in casa, sfondando i vetri delle nostre finestre. Gli uccelli preistorici aggressivi e distruttivi erano lì, nel cielo, che volteggiavano e….noi li avevamo visti da dietro i vetri, ma pensavamo che non potessero mai avere l’ardire di violare il nostro spazio, fatto tutto di mobili di lusso e tendaggi fastosi.

La vita non perdona, vuole dolore, e non molla con le torture, finché non abbiamo il coraggio di riconoscerlo nella sua utilità evolutiva, teleologica ed escatologica.

Una società orchestrata ormai su sinfonie senza ritmi, senza feedback, senza la conoscenza dei nessi causali fra il dolore e le nostre responsabilità. Di che cosa si ciba la nostra mostruosità?  Si ciba del nostro silenzio, della nostra indifferenza, del perbenismo, della comodità, del nostro impegno ordinario, che è ritenuto sufficiente e necessario per rimanere vivi. Rimanere vivi, però,   è diverso dall’essere vivi, dal vivere, dall’esistere in pienezza, dallo svolgere il mistero della vita e della sua attitudine creativa e migliorativa.

L’uomo non ha più paura di sé stesso, egli disimpara sempre più il senso del limite, non vuole soffrire e viene educato pedissequamente a ritagliarsi la sua personale area di benessere, sia come singolo che come Genere e specie.

L’antropocentrismo impera, come sistema filosofico, teorico, etico, morale, conduttivo, giungendo alla spropositata convinzione che ogni diritto sia lecito, senza riconoscimento dei limiti che riconoscono i diritti non solo degli altri ma della Vita in ogni sua forma ed espressione, ma anche del creato in tutte le sue modalità. Così anche l’individualismo!

Il risultato, come già detto in altre occasioni, è una smodata tendenza all’apporto senza ritegno, alla pretesa di crescita abnorme, senza alcun senso di condivisione della condizione effettiva di ospiti temporanei del pianeta e dell’Universo.

La vita non deve incarnarsi troppo, altrimenti perde il soffio che la rende possibile.

Uno dei meccanismi più balordi al centro del dolore ad oltranza è la pratica tribale dell’antiinfiammatorio, dell’analgesico, dell’antipiretico. L’infiammazione, il dolore, la febbre sono volti diversi di una modalità antica della vita, tesa a ripristinare meccanismi di controllo sia strettamente biologici che estensivamente comportamentali: in due parole – LA VITA.

Dai libri di Fisiologia e di Patologia Generale, gli studenti imparano l’importanza di tali meccanismi e la loro indispensabilità. Poi si genera uno iato tra il sapere e l’agire quotidiano, si alimenta il meccanismo dell’omissione del riconoscimento dei fattori causali, della reiterazione degli errori, di vissuto, alimentari e di ogni genere. Infine si muore tutti di cancro, ci si meraviglia, si piange, si continua ad alimentare anche un filum di ricerca inconcludente, che allontana ancor più dalla conoscenza della verità, mentre si affonda sempre di più nelle sabbie mobili, tra osannamenti della nostra civiltà che sgorgano come conati di vomito insulso ed osceno.

L’opinione è chiara, personale, questa è la visione del vivere normale che ho messo a fuoco negli anni e contro cui mi ribello con ogni mia forza. Perché sono vivo, perché la mia vita ha un SENSO, perché il mio sapere, la mia sensibilità, la mia intelligenza e la mia volontà sono i doni più belli che io potessi mai aver ricevuto ed intendo spenderli sino in fondo, a costo di donare anche la mia vita, per la vita del futuro del mondo.

Occorre meno commercio di prodotti e più compravendita di sapere e di amore, a tutti i livelli, in ogni situazione, come regola generale. L’obiezione sarà: l’amore non si vende. Risposta:”Meglio vendere l’amore con cui vogliamo fare le cose, che essere costretti a comprare una lista infinita di articoli che ci impediscono di amare e di essere amati liberamente”.

Il mondo può superare l’amnesia in cui versa, ripristinando la consapevolezza del mistero da cui proviene. L’espressione Mistero non allontana l’uomo dalla realtà, ma lo colloca al  centro della coscienza dell’Universo, il senso del quid impalpabile che muove la vita, che genera la coscienza cristica, che pone l’uomo stesso nelle condizioni di poter rimanere in vita.

Gli erutti materialistici ostentati non servono a nessuno ed allontanano drammaticamente dall’armonia e dalla felicità che sono possibili e sono il vero motivo per cui vale la pena vivere.

Il piccolo nel grande, il grande nel piccolo: tutto ciò che funziona negli anfratti della realtà determina le basi per la perfezione delle grandi cose, come pure il contrario. L’uomo torni ad interrogarsi con umiltà, a riscoprire il senso della trascendenza, perché no, quello di Dio, che tanto irrita molte persone, non capisco perché!

Voglio spendere solo due ultime parole sul senso della medicina omeopatica: tale entità scientifico-sperimentale parla il linguaggio della vita e vorrei soltanto che mi si dessero tutte le opportunità per parlarne in tanti momenti ed in tanti luoghi, davanti a tante persone.

2 COMMENTI

  1. Caro Salvatore,
    l’articolo è molto interessante e bellissimo.
    Oggigiorno nelle nostre case, il dialogo, è scomparso. Quando ci si siede a tavola, ( Come dici tu: MOMENTO SACRO), assume una grandissima importanza la TELEVISIONE. Non si chiede più, per esempio, come abbiamo trascorso la giornata, ma la cosa che spesso si dice è : Sapete cosa ho sentito in TV??
    Quindi, tutti si incuriosiscono e cercano qualsiasi tipo di informazione. Ognuno poi racconta gli eventi a modo proprio, FORSE SI VOLA ANCHE UN PO’ TROPPO CON LA FANTASIA…
    Per quanto riguarda I GIORNALISTI, credo che gestiscano un potere immenso, tale da poterci manipolare. Per non parlare dei CONDUTTORI/CONDUTTRICI, sono tutti bravi a mostrare volti di massima compassione, scusate ” FALSA COMPASSIONE”.
    Per concludere, IL POPOLO non ha nessun potere o strumento per giudicare gli eventi accaduti.
    CERCHIAMO DI TACERE E RACCOGLIERCI IN MOMENTI DI UMILE RIFLESSIONE!

  2. E invece il popolo ha un enorme potere ed è quello della domanda sul mercato, quindi se solo la gente ragionasse più con la propria mente, essendo più viva e meno inerte, capirebbe cosa non deve domandare al mercato e solo così certe cose nocive e dannose non avrebbero motivo di esistere.
    Bellissimo articolo che racconta a pieno la verità di oggi.

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