Dal particolare alla totalità oppure il contrario?

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Considerazioni sulle differenze tra

modello sperimentale frazionato

e modello sperimentale olistico.

  La sperimentazione di un farmaco  prevede come tappa obbligatoria preclinica lo studio sugli organi isolati sui quali l’azione terapeutica richiesta dovrebbe esplicarsi.

  L’azione considerata su una porzione di organismo, un organo oppure una cellula o su qualunque settore isolato dalla totalità psicofisica, pur potendo dare indicazioni importantissime dal punto di vista della farmacologia classica, non va oltre il piano strutturale e chimico.

Sono d’accordo con SWei Hsueh (Chicago, Illinois, USA), quando ella dice che la biologia, nel corso dei secoli, ha concentrato la sua attenzione sugli aspetti strutturali e chimici e mancano gli studi sulla segnalazione fisica fra le cellule.

Siamo d’accordo sul fatto che occorrano studi seri ed approvati dal sistema consolidato, ma bisogna trovare il modo per portare il sistema consolidato sui piani di una lettura alla quale non  è abituato.

Ad una preparazione di Langendorff (un sistema quasi-in vivo di cuore di maiale della Guinea isolato e perfuso) è possibile affidare una parte delle evidenze considerabili come prova d’efficacia, ma non bisogna dimenticare che le risposte biologiche hanno veramente profumo di futuro se riguardano la totalità dell’organismo, della persona, della sua complessità psicofisica  e spirituale.

La coscienza del proprio sé, per esempio, è un parametro che appartiene agli studi evoluti sulla vita.

Basti pensare alla differenza che corre fra la biologia e la vita. La biologia studia la vita, ma la vita può non centrare nulla con la biologia.

Una volta poi accordati sulla necessità di un nuovo linguaggio per revisionare il tipo di studio che scegliamo di voler condurre sulla vita, vorrei  invitare a non cadere nell’errore di aspettarci lo stesso tipo di fenomeni che possiamo osservare con gli studi classici che vedono l’azione di un farmaco come derivante dall’agonismo di una sostanza a carico di un recettore specifico.

Se infatti non parliamo più di farmaco, ma di segnale, diventa più importante la risposta interpretativa autonoma ed intelligente del principio omeostatico della persona.

Quindi  la risposta che ci attendiamo non è più prevedibile sulla scorta di ciò che ci aspettiamo dall’azione farmacodinamica della molecola, ma deriva invece da una miriade di componenti vettoriali che riguardano l’interezza della situazione biologica psicofisica e bioenergetica del momento.

Occorre allora tarare gli esperimenti su metodologie nuove di osservazione e probabilmente è utile reimparare l’arte dell’osservazione stessa apprendendola dal linguaggio che lo stesso organismo fornisce spontaneamente.

Insomma tutto quello che non si riesce a capire deve essere rivalutato come se si trattasse del negativo della fotografia che ci aspettiamo.

In un modello sperimentale del genere, la statistica viene completamente ridimensionata poiché lo studio dei fenomeni non viene più letto secondo un ragionamento lineare.

Un altro problema potrebbe essere rappresentato dal fatto di convogliare informazioni biologiche ritenute semplicemente come segnali elettromagnetici in strumentazioni che utilizzano come sistema di trasmissione un flusso di elettroni in un circuito elettronico e che usano come logica di interfaccia con la sfera cosciente dell’uomo il codice binario e la digitalizzazione.

Infatti la modulazione dei segnali biologici probabilmente viaggia in modo diverso. Basti pensare che i moti torsionali di Kozirev hanno andamento vorticale e che i fotoni viaggiano con traiettorie elicoidali.

Basterebbero già queste sole considerazioni per essere autorizzati a non fidarsi completamente delle informazioni che il sistema informatico ed il suo substrato elettronico sembrano fornirci.

La biologia e l’informatica potrebbero essere anche sistemi così differenti da essere incompatibili, se ci pensiamo.

Ecco perché io parlo di biotronicacioè di un sistema di trasmissione ed espansione dei segnali tramite codici non esprimibili con le logiche di tipo elettronico e non corrispondenti necessariamente al linguaggio pur possibile che conosciamo.

Non dovremmo dimenticare che la dimensione nella quale ci muoviamo secondo la percezione cosciente è soltanto una delle dimensioni possibili da immaginare e che, mentre stiamo parlando oppure pensando, esistono altri piani che si animano dentro di noi e che ci rapportano al mondo circostante anche se non riusciamo a “vederli”. Questi piani non sono meno importanti di quelli che conosciamo e che siamo stati educati a considerare come se fossero i soli che possano esistere.

Per esempio, gli esperimenti condotti con il mio virtualizzatore di sostanza hanno dimostrato che la risposta al segnale estratto da una sostanza è sempre la migliore possibile per garantire l’omeostasi del sistema in quel momento. Addirittura tali esperimenti hanno insegnato qualcosa che prima dell’esperimento non era prevedibile!

Se ci aspettassimo una curva di distribuzione delle risposte secondo una concezione superficiale della statistica, sbaglieremmo completamente l’impostazione delle nostre strategie di controllo per validare le varie tappe dell’esperimento.

Facciamo un esempio. Se somministro una sostanza eccitante, ottengo una risposta che corrisponde all’effetto atteso. Attenzione però, perché questa non è esattamente una risposta, ma è l’azione intrinseca della sostanza che muove la biologia.

Invece se somministriamo il segnale della sostanza, otterremo una risposta che sarà contraria all’affetto atteso se l’organismo è in equilibrio, altrimenti sarà quella desiderata se l’organismo ha bisogno di quell’eccitazione di cui la sostanza sarebbe stata capace.

Si apre allora una nuova strada per valutare le risposte agli stimoli anziché la perturbazione procurata dalla sostanza con il suo potenziale tossicologico.

1 COMMENTO

  1. Sono arrivato su questo sito cercando argomenti sulle “memorie dell’acqua”; gli argomenti trattati sono davvero interessanti! Complimenti agli autori…

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