La motocicletta è una passione che mi lega a persone anche molto diverse da me.
Succede nella vita di condividere degli interessi con qualcuno…interessi così forti da sentirsi davvero vicini per una buona fetta di esistenza.
Così, spesso mi fermo a chiacchierare con gli amici giù da Andrea.
Andrea è una delle persone con cui mi piace di più trascorrere del tempo a parlare di motori, motociclette, caschi ….ma non soltanto di questo.
Egli ha infatti una sorella, Maria, affetta da un tumore cerebrale, con una storia di dolore che è stato lenito non poco dall’omeopatia.
Quando entra la sofferenza in una famiglia, entra la complessità, la percezione di fatti che altrimenti forse non toccherebbero quelle persone.
Soltanto quando il dolore e i suoi problemi ci toccano, allora siamo in grado di immaginare cose che altrimenti potremmo ritenere anche lontane.
Conosco la famiglia di Andrea da molto tempo, perché in passato ho avuto modo di curare, in veste di allergologo, suo fratello Giuseppe.
E’ una famiglia semplice, onesta e poi ho sempre avuto la sensazione che vi fosse una scintilla di particolare intelligenza.
Questa mia sensazione ha preso più corpo, quando, fra le testate dei motori, i cavalli meccanici e i vari pneumatici, si sono insinuati i discorsi a base di tumori, chemioterapie e poi l’indecisione, le perplessità sulle strade da percorrere per tenere sotto controllo il male di Maria.
La paura di essere originali, di essere troppo alternativi, troppo omeopatici per fronteggiare una parola che si chiama tumore maligno.
I motociclisti… di strade se ne intendono, le fiutano, le percepiscono e generalmente non sbagliano…piegano in curva e senza paura sfiorano l’asfalto sicuri che la moto terrà la sua traiettoria.
Sono emozioni strane che fanno un poco paura, ma che spaventano soprattutto chi non le ha mai provate.
Anche l’omeopatia può fare paura o sembrare strana, ma soltanto a chi non l’ha mai provata.
Ho trovato Andrea capace di applicare doti da motociclista ad un percorso in cui al posto dell’asfalto c’è la strada della nostra vita e l’avventura della nostra salute.
Perché Andrea ha sposato, nella sua semplicità, la dottrina omeopatica come poche persone hanno il coraggio di fare.
Le mille chiacchierate motociclistiche hanno permesso alla magia della medicina omeopatica di esercitare il suo fascino e di impossessarsi dell’anima di Andrea.
Egli parla ormai in modo omeopatico, ha letto il mio libro e lo sta facendo leggere anche agli altri amici miei e della moto, imbianchini, carpentieri….persone senza una laurea, ma con l’attenzione di un motociclista, gente che non sbaglia facilmente sulla strada, gente abituata a prendere decisioni in milionesimi di secondo.
Rifletto sul fatto che le mie amicizie più disinvolte sono sempre nate con persone davvero diverse da me per formazione, lavoro e ruolo sociale, ma sempre molto simili a me per modalità che non centrano niente con le lauree, il pennello o i chiodi.
Esiste qualcosa di terribilmente accomunante in persone diverse, qualcosa che spesso viene dimenticato, facendoci perdere occasioni molto belle di amicizia e di comunicazione.
Accade a volte che si trasferiscano contenuti anche molto complessi fra persone che si incontrano più facilmente in occasioni di svago piuttosto che in sedute di lavoro o nelle situazioni che richiederebbero una reale trasmissione di pensiero.
Forse avrei potuto raccontare più omeopatia ai miei colleghi medici se questi avessero avuto una moto?
Può darsi, ma resta che è molto più piacevole una sosta con altri motociclisti e le chiacchiere sul filo del disimpegno specie quando l’argomento si fa piccante come l’omeopatia.
Una mattina ero con Andrea nel suo negozio …
era una mattina fredda, il sole intiepidiva l’ambiente e si parlava di Maria che doveva decidere se sottoporsi ad un altro ciclo di chemioterapia.
<<Soltanto le palline del tuo rimedio hanno cambiato Maria>>
Andrea mi ripeteva convinto.
Il rimedio che Maria aveva preso si chiamava Pulsatilla.
I miglioramenti erano sotto gli occhi di tutti, raccontati più timidamente agli oncologi, forse per non farli arrabbiare.
Ricordo che quando studiavo medicina, ero affascinato dall’idea di fare l’oncologo….forse perché…..
….non so bene perché, è difficile dirlo, ma penso spesso a ciò che potrei dire adesso dell’omeopatia se fossi oncologo….eppure sarei la stessa persona…
o forse no…
Prendi le persone e fai un gioco: svuotale e riempile di qualcos’altro per vedere che effetto fa.
E’ strano il meccanismo che può portare le stesse persone ad animarsi per storie diverse, a prendere strade che conducono ad emozioni e convinzioni completamente diverse.
Mi immagino oncologo, acerrimo sostenitore adesso di un protocollo ora di un altro schema sperimentale, tutto preso e certo non poco condizionato da meccanismi che non sarebbero soltanto di intimo convincimento, secondo, come si dice, scienza e coscienza.
Le relazioni, i congressi, i finanziamenti per il centro in cui lavorerei e tutti i sostegni che la farmindustria fornirebbe non solo ai pazienti oncologici, ma anche alle mie ricerche e perché no anche alle mie ambizioni professionali.
Non si offendano gli oncologi che per sbaglio leggeranno queste mie righe squinternate.
Tanto poteva accadere anche a me nella mia vita di essere al posto loro e poi, per molti anni ho visto le cose anch’io nello stesso modo.
In giro si parla di ricerca, di fondi per la lotta contro il cancro, ma alla fine ci sono sempre le persone con i contenuti della propria vita che si travasano da un anima all’altra, da una strada all’altra, finché, a turno, non si sperimenta l’atroce diagnosi di carcinoma su di sé e si capiscono tante cose che dall’altra parte della barriera non sono così evidenti.
Qualcuno ha detto che il tumore è il più grosso incidente dell’anima….
E se fosse vero?
Proviamo soltanto a pensare che tutta l’umanità per un attimo possa essere convinta di ciò….
Rimarrebbero immutati i protocolli terapeutici contro i tumori e gli schemi di ricerca per la lotta contro il cancro?
Può un’umanità attestata sulla lotta contro il cancro comprendere anche per un solo attimo quali possono essere tutti i meccanismi che davvero fanno ammalare una persona di cancro?
Quanta importanza diamo alle malattie!
Se ne dessimo anche soltanto una minima parte alle persone!
Pensate che ne sarebbe del cancro, se volgessimo la nostra attenzione alle persone che poi un giorno o l’altro si potrebbero ammalare di cancro.
Il cancro esprime bene la solitudine dell’uomo, ma anche il suo egoismo e la massima priorità che il sistema sociale concede agli interessi economici anziché al rispetto, alla conoscenza ed alla promozione della dignità della persona.
E gli stessi meccanismi si perpetuano quando si giunge alla terapia del cancro, al numero del letto del paziente della corsia oncologica, paziente di cui non ricordiamo nemmeno il nome di battesimo.
Se tutto ciò che vado dicendo offende qualcuno, allora bisogna ricordargli che basta ascoltare i racconti di chi ha perso un proprio caro per cancro eccellentemente “curato”. Il medico deve prestare anche attenzione a questi racconti. Io l’ho fatto.
Nel negozio di Andrea quella mattina c’era una strana atmosfera, qualcosa che ormai riconosco subito con quella maledetta malattia che si aggrava sempre di più in me… la mia sensibilità.
Sul più bello si avvicinò un ragazzo e, prima che entrasse, Andrea mi disse che questi era molto sfortunato.
Jerry era una persona distinta, con occhiali scuri e portamento sportivo, un cappotto grigio che stonava con la sensazione globale che forniva la sua persona.
Il discorso scivolò sui suoi incidenti di moto, tutti procurati da manovre maldestre di altre persone…ecco perché era sfortunato!
L’ultimo incidente era stato davvero maldestro: Jerry procedeva con la sua moto su via Gravina a velocità moderata, preceduto dal gruppo degli amici.
Una vettura proveniva in direzione contraria e si fermava al centro strada per girare sulla sua sinistra.
Un’altra vettura proveniva alle spalle di quest’ultima, ma il suo guidatore era distratto perché stava guardando le moto che lo incrociavano.
Jerry era l’ultima moto.
La seconda vettura si accorse all’improvviso dell’ostacolo rappresentato dalla prima vettura e per non tamponarla, istintivamente sterzava sulla sinistra.
L’impatto fu fatale….un contadino che stava lavorando la terra lì affianco si precipitò sulla strada inveendo sul guidatore della vettura…il corpo di Jerry sull’asfalto insanguinato….coma per giorni e giorni….fratture multiple….vivo per miracolo.
Jerry mi raccontava tutto ciò con flemma.
<<Aspetta>> mi disse e si allontanò verso la sua auto per prendere qualcosa.
Rientro’ con una fotografia cartacea ripiegata al centro e la aprì….
La scena dell’incidente invase il mio sguardo….il sangue sull’alfalto, il corpo di Jerry immobile fra la moto e la vettura…..un silenzio atroce.
La foto aveva davvero fermato il tempo, quel tempo che non poteva tornare mai più.
Jerry aveva ancora i postumi dell’incidente, i dolori non gli consentivano di riposare la notte e lui non poteva ancora riprendere il suo lavoro.
La moto ormai era un ricordo lontano, l’incidente no, rimaneva nella vita dell’amico come un momento congelato…il tempo fermo e con esso tutte le emozioni.
Io stesso mi fermai a guardare a lungo quella foto, senza parlare, straziato per la dinamica così sciocca ed ingiusta dell’incidente quanto per il dolore che Jerry ancora comunicava con tutta la sua persona.
Spesso ripeto che un medico non deve mai proporsi a nessuno, ma talvolta faccio delle eccezioni sempre mosse dalla pietà, cioè dalla condivisione profonda del dolore di chi incontro.
Così anche questa volta mi proposi ovviamente con l’omeopatia.
<<Posso farti un regalo?>> gli dissi all’improvviso.
Lui mi guardò meravigliato e subito gli spiegai che intendevo invitarlo ad assumere un rimedio omeopatico.
Era una persona che non conosceva ovviamente l’omeopatia e quindi la mia proposta era doppiamente oscena, prima perché offrivo aiuto ad uno sconosciuto che non sapeva nulla di me e dell’omeopatia, poi perché la proposta era per l’appunto di tipo alternativo e quindi doppiamente scandalosa.
Jerry accettò e gli spiegai di prendere subito in farmacia una dose unica di Arnica 200K e di raggiungerci poi al negozio dove lo avrei aiutato ad assumerla correttamente.
Prescrissi il rimedio su di un pezzo di carta che improvvisava una ricetta medica….di lì a pochi minuti Jerry era già di ritorno.
La farmacia però aveva sbagliato ed aveva consegnato un tubetto di Arnica 200K in granuli anziché in dose unica.
Ero perplesso ed anche un po’ arrabbiato…era un errore madornale e sinceramente non me lo aspettavo proprio in quell’occasione che già mi poneva in un certo imbarazzo per le modalità strane e fortuite con cui dovevo accostarmi a questa persona.
Comunque, dopo aver telefonato in farmacia ed aver segnalato l’errore alla dottoressa, decisi di dare cinque granuli di rimedio.
Andrea nel frattempo si era limitato ad ascoltare con grande interesse e qualche volta aveva si era impegnato nel far capire a Jerry chi ero e che cosa facevo.
Poi aveva raccontato dei miglioramenti di sua sorella ….era evidente che si sforzava di predisporre l’amico al mio dono.
Il discorso scivolò sulla sperimentazione e bastò uno sguardo di Andrea per spingermi a proporre anche a lui di assumere tre granuli di quell’Arnica che avanzavano.
Se la farmacia non avesse sbagliato, Jerry avrebbe preso una dose unica intera di rimedio e tutto sarebbe finito lì.
La vita però è un intreccio magico di situazioni, invisibile soltanto a chi non vuole riconoscerle.
Raccomandai ad Andrea di antagonizzare subito i possibili effetti dell’Arnica con della menta.
In quattro e quattrotto ecco messa su una sperimentazione, per quanto scherzosa ed assolutamente non rigorosa.
Quando si sperimenta il rimedio omeopatico sui soggetti sani, occorre selezionare i soggetti con un periodo adeguato di autoosservazione nell’intento di includere nello studio soltanto le persone in equilibrio e di addestrarle ad autoosservarsi.
Quindi si procede con un rimedio generalmente alla 30CH che si ripete nelle vesti di tre granuli ad esempio tre volte al giorno, continuando ad osservare gli sperimentatori in attesa del cambio, cioè della comparsa dei sintomi.
Gli sperimentatori cioè le persone che assumono il rimedio e coloro che consegnano il rimedio agli stessi non sono informati della natura del rimedio e soltanto una terza persona lo conosce.
Così si riducono fortemente i meccanismi che possono determinare artefatti dovuti al condizionamento.
Ma con Andrea andava bene ugualmente….la mia pretesa non era di fare uno studio, ma di muovere qualcosa in lui per fargli capire ancora meglio che cosa è la medicina omeopatica.
Non avrei mai potuto immaginare che il grande regalo non era quello fatto a Jerry ma era quello che Arnica avrebbe fatto ad Andrea.
Per qualche giorno non lo incontrai, a causa del mio lavoro.
Una mattina mi fermai da lui e ….non feci in tempo a chiedergli come si sentisse perché subito mi accorsi che era successa qualcosa.
Andrea trasmetteva contemporaneamente paura e gioia, meraviglia e soddisfazione.
Si precipitò a farmi notare dei segni sui bordi dei pneumatici della sua Honda Fire Blade….ripetendo che era impossibile, che non sapeva come era potuto accadere che gli fosse andata così bene, era concitato ….stava cercando di raccontarmi qualcosa di molto importante.
Il giorno prima stava procedendo con la sua moto, quando un’automobile gli tagliò la strada, mentre lui era in accelerazione piena con la seconda marcia.
Lo scarto fu improvviso come una frustata e la moto cominciò ad oscillare paurosamente tra due file di automobili.
Nel tentativo pazzesco di controllare la situazione, Andrea si ritrovò con la sua gamba sinistra fra l’asfalto ed il pedale del cambio….
Una mazzata terribile, la moto piegata all’inverosimile da una parte e dall’altra, come i segni funesti denunciavano sul bordo della ruota posteriore, ma nessuna caduta!
Al termine di una serie penosissima di manovre rocambolesche, Andrea era riuscito a non cadere, anche se la gamba sinistra era rimasta gravemente contusa.
Se ne tornò in garage scioccato sia per quanto accaduto che per come era riuscito a gestire quei secondi così drammatici.
Ciò che rimarcava ripetutamente nel suo racconto era la straordinaria abilità che aveva dimostrato nell’occasione.
<<Io non so come ho fatto a mantenere la moto in piedi>>.
Era profondamente meravigliato di ciò ed infine commentò dicendo che si era sentito mantenuto in piedi sulla moto da una forza superiore, da un’abilità che lui non avrebbe mai riconosciuto a sé stesso.
Per non parlare della misteriosissima assenza di conseguenze sull’arto leso, quella gamba che era rimasta letteralmente stritolata tra l’asfalto e la moto e che mostrava soltanto una lieve escoriazione, come se quasi nulla fosse accaduto..
Non c’era ematoma, non c’era impotenza funzionale, il dolore era lievissimo e grazie a Dio non c’era frattura, ma che dico, dimentico che la dinamica dell’incidente era stata descritta da Andrea come mortale, ma Andrea non era nemmeno caduto!
Qual è il senso di questa storia, dove finisce la sperimentazione e inizia la terapia?….
Quali sono i confini fra realtà e destino?….e quali fra l’amicizia e la provvidenza?
L’incidente è accaduto nelle braccia di una sperimentazione con Arnica 200K e questo spiega perché non si è formato nemmeno l’ematoma.
Ma attenzione, Arnica è il rimedio dell’audacia e della temerarietà.
Arnica è il rimedio dei piloti e non soltanto perché è il rimedio dei traumi, dato che esso è anche il rimedio della particolare abilità nella guida di un mezzo.
Ancora una volta la vita ci ha dato una lezione di mistero e ci chiede di restare in silenzio.
Sinceramente viene di pensare che Arnica, il rimedio degli incidenti, abbia creato, per così dire, un’atmosfera di incidente, abbia accomunato in qualche modo la storia di Jerry a quella di Andrea, ma abbia protetto quest’ultimo non soltanto in termini materiali, ma in un contesto finemente energetico che forse ha salvato Andrea, conferendogli capacità non comuni di controllo del mezzo meccanico, ma soprattutto di controllo di sé stesso in un momento di difficoltà estrema e ancora una volta ingiusta.
Dal tubetto di Arnica sono scivolati dei granuli per curare e dei granuli per proteggere!
Mi chiederete come sta Jerry?
Non lo so e non ho ansia di saperlo…
Aspetto che un giorno di questi la vita me lo faccia sapere.
Così potrò raccontarvelo, magari in un altro capitolo.
Vi prego, rimanete in silenzio.
Parlare non sarebbe scientifico!