QUALE CLINICA

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QUALE CLINICA

Siamo al 28 maggio 2020.

Bollettino delle sensazioni sull’andamento della Medicina attorno a me.

La formazione medica d’eccellenza è quella di ordine così detto clinico, da “clino”, in greco, che significa “sono disteso”, nel senso che l’ammalato nelle corsie diviene il soggetto di insegnamento e di ispirazione della Medicina.

Quando all’Università degli Studi di Medicina e Chirurgia, tenevo le esercitazioni agli studenti tirocinanti neo-Laureati, negli anni ottanta, iniziavo a notare che questi neo-colleghi non sapevano eseguire la percussione dell’addome o del torace, che è una manovra sofisticata capace di far rilevare importantissimi segni per decidere rapidamente in quale senso orientare le indagini e gli approfondimenti del caso.

Era un’epoca di transizione, in cui si ventilava l’idea di eliminare l’insegnamento della Semeiotica dal piano di studi.

Significava che gli studenti di Medicina non avrebbero più saputo utilizzare un vastissimo gruppo di strumenti clinici per muoversi con sapienza davanti all’ammalato.

Ricordo che persino i Docenti erano perplessi di fronte a questo scenario annunciato, che non li convinceva per niente, ma procedeva imperterrito, e che poi si è imposto, dato che, ben presto, gli studenti di Medicina non hanno più studiato la Semeiotica.

Che strano!

La Medicina si è sempre distinta per le capacità cliniche del Medico.

Poi, ad un certo momento, si è voluto puntare sulle metodiche strumentali e di Laboratorio, ritenendole più avanzate e scientifiche.

Il fatto è che i pazienti incontrano ancora degli esseri umani con un camice bianco, che sono chiamati a prendere decisioni di tipo sia veloce che lento.

Le decisioni veloci sono ancora improntate sulla famosa così detta “preparazione” del Medico, ma questo Medico è diventato una cosa totalmente diversa dal Medico che sono io, formato, al meglio, una quarantina di anni fa.

Le valutazioni mediche che si avviano all’incontro tra Medico e Paziente sono indissolubilmente legate alla preparazione del Medico.

L’incontro fra Medico e Paziente è un incontro fra esseri umani, mentre la dimensione delle macchine resta spostata in una fase successiva.

Perciò, qualunque, anche enorme, efficienza della fase strumentale e di laboratorio giunge dopo che una grande fetta del destino possibile dell’incontro fra Medico e Paziente si è già consumata, segnando irreversibilmente la qualità dell’incontro stesso, ed è nelle mani del Medico.

Facciamo un esempio.

Il Paziente giunge in Pronto soccorso con dolore addominale.

Il Medico visita frettolosamente il paziente, anche dopo molte ore, date le condizioni penose dei nostri Servizi.

Spesso il Medico demanda atti medici ai paramedici, che non hanno minimamente il “substrato formativo” per poter visitare una persona.

La sostituzione dei paramedici ai Medici è indice dell’impoverimento culturale della dignità medica.

Al momento della visita, il Medico non sa utilizzare tutta quella Semeiotica che era la linfa della Medicina di qualche decennio fa.

A causa di questa carenza, il Medico ha bisogno di un ventaglio investigativo, che è appannaggio di fasi strumentali e di laboratorio che richiedono tempo.

E’ vero che tali fasi apportano informazioni più spinte di qualunque visita effettuata al paziente, ma è anche vero che la carenza di discernimento iniziale, assieme alle difficoltà finanziarie che rimpiccioliscono il pannello di indagini disponibili in tempo reale, finiscono per sviare la massima obiettività medica evincibile sin dall’inizio e ritardare anche gravemente la qualità della prestazione medica in toto.

Insomma, il Medico deve conservare il massimo di decisionalità, anche se lavora in una tenda del deserto.

Altrimenti egli perde quella variegatezza clinica, tipica dei grandi Medici del passato e praticamente atrofizzata nei Medici moderni, che conoscono tanti esami di laboratorio, tante indagini strumentali, tanti protocolli, ma non effettuano autopsie nel corso di studi, non si “sporcano mai le mani” nel vissuto di trincea che è l’incontro fra ammalato e Medico.

Si è capito che ho assistito al tramontare della Clinica, mentre si ipertrofizzava la grande macchina diagnostica moderna, ma sempre più scollegata dal vivace impatto del Paziente che chiede aiuto al Medico.

La Semeiotica clinica è sparita dagli insegnamenti, un Medico non sa più studiare in pochi secondi le caratteristiche di un organo interno, mentre il Paziente attende il consumarsi del suo destino di individuo bisognoso, in mezzo a mille modi di tergiversare, burocratici,  logistici, ma soprattutto di limitazioni culturali, evincibili facilmente osservando medici giovani e medici anziani che discorrono di argomenti medici con stili completamente diversi.

Il Medico non sa più osservare, con quella maestosa abilità del passato, il Paziente, non sa più fare la così detta diagnostica differenziale, che una volta era tutto.

Il Medico, condizionato, impaurito, frettoloso, sa soltanto firmare dei protocolli, non guarda negli occhi il paziente, non lo tiene per mano, lo guarda da lontano e in modo superficiale.

Si aggiunga a tutto ciò il crescere delle limitazioni, per paura di andare incontro a responsabilità professionali, che animano la così detta Medicina difensiva, ove tutti sanno tutto e nessuno si assume la responsabilità, per scongiurare le beghe legali che “sapienti” avvocati non mancano di ispirare ai congiunti di vittime di un grande disservizio, ove raramente la responsabilità individuale è importante, perché l’intero sistema non funziona più.

Quando un Paziente arriva in Ospedale, si perde troppo tempo a raccogliere pedissequamente una vasta serie di informazioni che servono alla burocrazia, mentre una volta, di fronte all’emergenza si mettevano le mani sul paziente anche senza sapere come si chiamava!

Le carte venivano sempre dopo.

Oggi vengono prima le carte e poi il paziente, che magari muore, ma le carte sono ben compilate.

Per non parlare dello spezzettamento delle competenze in sede di Pronto soccorso, con chiusura di tanti Ospedali, fatto tipico degli ultimi vent’anni, che ha ucciso l’immagine del Medico eroe che salva la vita in pochi minuti, mentre si curano i dettagli paranoici delle super-competenze specifiche, che non servono però alla vera emergenza.

Dulcis in fundo, il fenomeno deprecabile, cui sto assistendo negli ultimi tempi.

Càpita che un paziente non sia gestibile a livello ambulatoriale, oppure che per telefono si ravvisi il bisogno di un rapido inquadramento ospedaliero.

Quando ho consigliato il ricovero, mi sono sempre pentito, perché invece di avere un’utilità diagnostica, ho potuto constatare tanta perdita di tempo, nervosismo e rabbia del paziente e dei familiari, tanta maleducazione e disumanità del personale medico e paramedico, tanta confusione e tanto disordine che, quando ho lavorato in Clinica universitaria, quando ho diretto un Pronto soccorso, trentacinque anni fa, non esisteva.

Alla fine di questi processi ospedalieri, oggi, molto spesso, manca la Diagnosi, ma si sopprimono i sintomi con stupide terapie mediche, che danneggiano soltanto la Prognosi della persona.

La persona esce dall’Ospedale, disorientata, avvilita, sentendosi non capìta, con i problemi non risolti, ma ingigantiti.

Vi è una mostruosa anomalia, che dipende dall’aver dato troppo spazio a persone non addette ai lavori, amministratori e avvocati, ai quali la politica ha chiesto di occuparsi di questioni che sono state rese deformi e disfunzionali dalla solita tracotanza dei numeri finanziari, che toglie importanza alla qualità effettiva e la riversa in sterili questioni di natura commercialistica.

E veniamo ai tempi Covid.

Il buon senso clinico ha ricevuto il colpo di grazia, perché i Medici, già al tracollo per i mille soggiogamenti strutturali, hanno perso definitivamente la logica delle cose, sono intimoriti, redarguiti, condizionati, distratti da mille inutili e false considerazioni indotte, che adombrano un comportamento clinico sano e dirimente.

Qualunque paziente introdotto in ospedale, a vario titolo, diviene solo un potenziale paziente Covid.

Qualunque sapienza clinica, già atrofizzata da tempo, come spiegato, diviene ancora più serva di un disordine indotto, che paralizza le decisioni, sposta troppo in avanti quelle utili, deforma la “presa del caso”, impronta il comportamento clinico e lo rende vittima della paura, non più foriero di quei ragionamenti d’eccellenza di una volta, che hanno reso grandi tanti Medici, e per fortuna, anche me.

Facciamo un esempio.

Una paziente che ho indotto a ricoverarsi, con gravi difficoltà esistenziali, diabetica, con stanchezza ingravescente e precedenti di ingestibilità del profilo glicemico, è finita in ambiente medico di un noto Ospedale della mia zona.

Al presentarsi di un vago addensamento polmonare diffuso, rilevato da una radiografia in posizione distesa, che è sbagliato, senza febbre, in buone condizioni generali, con alcuni parametri di laboratorio sospetti, ma da meglio definire, è subito stata ipotizzata come forse paziente Covid.

Iniziata una pesante antibioticoterapia, non giustificata, perché manca febbre.

Costretta a sottoporsi ad un tampone per Covid che, trovato negativo, ha preannunciato un rinnovo del tampone.

Mi chiedo: perché hanno fatto il tampone, prima di altre indagini?

Ancor di più mi chiedo: perché, se il primo tampone è negativo, vogliono ripeterlo?

Si rendono conto i Colleghi che questa paziente deve impegnare la loro intelligenza, la banca dati culturale, le percezione clinica, su altre piattaforme, che con il Covid non hanno nulla a che fare?

Si rendono conto i Colleghi che forse stanno tralasciando ragionamenti ben più importanti, che adesso paiono essere delle vere e proprie omissioni di ragionamento, di Diagnosi e di Clinica?

Si rendono conto i Colleghi che stanno facendo sprofondare la paziente e i familiari in una situazione psicologica orribile, ingiustificata, che hanno proposto da subito di inquadrare la situazione come se fosse una situazione da protocollo Covid?

Si rendono conto, fatto gravissimo, che hanno proposto di portare la paziente a casa in quarantena, come se avessero documentato una sindrome Covid?

Si rendono conto i Colleghi che io li osservo dall’esterno e che interagisco con gli intelligenti e colti parenti e che il loro comportamento non ci piace per niente?

E poi, non dimentichiamo che una persona ricoverata ha bisogno del conforto e dell’aiuto dei suoi cari.

Abbiamo raggiunto il minimo storico di cinismo, senza nessun giustificato motivo!

Questo è solo un esempio, ma potrei continuare con tanti altri racconti.

Avevamo perso già la vera Medicina, ma in questi mesi abbiamo una classe medica praticamente lobotomizzata, che obbedisce a cose che non comprende e a cui non crede, confusa, nella fretta, con la pressione dell’utenza che sbatte i pugni alle porte degli Ospedali.

Il numero di decessi per l’enorme disservizio sanitario è salito alle stelle, ma continuano a parlare solo di un fantasma e non vedono le orme di un gigantesco mostro che avanza e dilania la coscienza, la cultura, la deontologia, la vera scienza…..si chiama IGNORANZA PAUROSA, la forma più grottesca di miseria che vuole continuare a rimanere tale!

Questo è il mio invito di Medico esperto e responsabile a fare capo un po’ di più ai vecchi dettami, rinnovando i Valori della grande Tradizione Medica italiana, che ha dato il nome eponimico ai più grandi Ospedali.

Mi chiedo se oggi vi siano altri grandi personaggi ai quali avremo l’ardire di intestare i nuovi Luoghi di Diagnosi e Cura!

E, su quanto detto, non realizzo un video, perché “SCRIPTA MANENT”.

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