Le energie viventi

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Presentato il 12 settembre 2011 in occasione della V Giornata dell’Energia Pulita – Fiera del Levante Bari

Siamo abituati a sentir parlare molto di energia, essenzialmente con riferimento   alle problematiche delle fonti energetiche e del rapporto fra vantaggi e ripercussioni per l’uomo e l’ambiente.

L’energia è attitudine al lavoro, energia elettrica, energia meccanica, eolica etc.

Comunque parliamo di energie che sfociano sempre nel concetto di lavoro di macchine, motori, ma questo è soltanto un modo di considerare la parola energia.

Una notte, mentre dormivo nel bosco in alta montagna, in assenza assoluta di vento e con una luna piena che illuminava tutto con la sua velatura silenziosa, sentii, per la prima volta in vita mia, un fruscio diffuso attorno a me e capii che si trattava dell’energia delle piante, degli alberi maestosi che crescevano lentamente e che in quella fortunata coincidenza mi permettevano di raccogliere i segni di un’attività molto diversa da quella cui siamo forse troppo abituati.

Credete che un fungo che si sviluppa in una notte non procuri rumore? Che non si muova? Che non generi lavoro? Che non sia energia?

Se chiediamo alle persone che cosa è l’energia di un ambiente, queste risponderanno probabilmente che questa è la disponibilità di energia elettrica in un luogo.

Un infarcimento scolastico e dottrinario diffusissimo ha formato le coscienze sulla scorta di nozioni libresche di fisica, di chimica, di biologia, di economia, di giurisprudenza. Chiediamoci se gli agonisti di tali dimensioni hanno mai la percezione di un linguaggio diverso da quello tecnico.

E’ facile per me  incontrare le persone quando non stanno bene ed ascoltare la loro esigenza profonda di recuperare un taglio percettivo diverso da quello codificato, così come è evidente che tale manovra di cambiamento genera in loro di per sé un effetto benefico e vivificante.

La società ci porta ad essere rispettosi di codici che per esempio sfociano nell’indossare la giacca e la cravatta in certe occasioni, ma poi dimentichiamo che stiamo soltanto obbedendo a copioni automatici che non rendono ragione delle nostre esigenze profonde.

In tali situazioni, ci caliamo in una strana energia dell’ambiente, che da una parte ci dà sicurezza e forse anche soddisfa il nostro bisogno di sentirci appartenenti ad un gruppo.

Tuttavia, resta una porzione interiore staccata da tale contesto ambientale e che non potrebbe nutrirsi della sua energia nel momento in cui dovessimo raccoglierci per dare il meglio di noi.

I costumi, le situazioni etc. finiscono per diventare una corazza che ci protegge ma non consente di esprimere la nostra originalità.

Nel frattempo si crea un’energia, che nulla ha a che fare con il tema dell’incontro sull’energia al quale stiamo partecipando. Tale forma di energia è l’espressione olografica di una parte di noi “che accontenta tutti quando sono assieme e nessuno quando è solo”. Di che cosa si tratta? E’ l’insieme delle nostre energie singole che trovano la propria egregore comune in ciò che meno che mai rappresenta l’originalità dell’individuo.

Allora piovono parole e cerimoniali che ovattano la comunicazione e ci lasciano meravigliati quando a distanza di settimane ci accorgiamo che quella comunicazione nella quale speravamo, andando a quell’incontro, è rimasta soltanto nel suo embrione ed ha volto in un inesorabile aborto.

Talvolta vi siamo abituati e non capiamo il perché dei nostri disagi, della nostra colite o della nostra depressione.

Corriamo a prendere farmaci, a chiedere aiuto al nostro medico, ma  tralasciamo di raccontare i meccanismi che sentiamo non funzionare liberamente dentro di noi.

La fiducia, il pensiero positivo, l’aspettativa di essere riconosciuti dall’altro nella nostra parte più audace e propositiva sono la pista sulla quale costruiamo l’andamento della nostra energia.

Vogliamo lasciare fuori del mondo pubblico le nostre emozioni e le nostre esigenze, ma poi non reggiamo quando, arrivati a casa, ci spogliamo e non ci riconosciamo e non ci sentiamo a nostro agio con noi stessi.

Uno dei problemi più ricorrenti oggi è la perdita del senso della propria identità. Allora le nostre energie si ritorcono contro di noi e, invece di lavorare a nostro vantaggio insieme a quello della comunità, remano contro e rendono tutto più difficile.

Che cosa è successo? Abbiamo trascurato le nostre energie viventi, la nostra sensibilità, i nostri sogni e le esigenze che più di tutte ci rendono uguali agli altri.

L’ambiente in cui ci muoviamo, quasi sempre un ambiente antropizzato, diventa lo specchio delle disarmonie createsi per i blocchi energetici del nostro divenire impossibile.

Emerge il risentimento, il rancore, la sfiducia, la rabbia, la solitudine e altre dimensioni interiori che sfociano in un ulteriore decremento delle possibilità globali costruttive che rendono l’interazione sociale un occasione irripetibile per migliorare il mondo.

Energie viventi quindi, legate al dualismo essere/non essere. Poi ce la prendiamo con il luogo o con la situazione, dicendo che “qui non si può fare nulla”!

Persino le scelte politiche ambientali, quelle sulle energie da utilizzare per fare andare avanti la macchina sociale, finiscono per essere legate a quell’aspetto ci cui abbiamo parlato e che riguarda altri tipi di energie, le nostre, le mie, le tue, quelle che riusciamo a porre insieme per il benessere collettivo.

Parliamo adesso dell’energia delle energie, quella vitale che presiede all’espressione della qualità energetica del nostro stile di vita.

Stanchi, depressi, nervosi, ma in etichetta, a posto con tutti e con nessuno, meno che mai con noi stessi e con ciò che vorremmo essere.

Da che cosa dipende la nostra energia? Dal cibo che introduciamo? Che cosa dà forza alle nostre azioni?  Come ci connettiamo con l’idea che vorremmo realizzare della nostra vita?

Come scegliamo il cibo che consumiamo? In che modo ce lo procuriamo? Dove lo compriamo? Quanta energia esso ci da e quanta ce ne toglie?

Non dovremmo mai dimenticare che il cibo è la causa più comune che può abbassare il nostro livello di energia, per farci sentire stanchi, che non dovremmo mai sottovalutare che il cibo veicola una forma di energia che non è soltanto calorica e chimica, ma soprattutto vibrazionale.

Sul corso che conduce il cibo alla nostra bocca vi sono infinite occasioni in cui esso si arricchisce o si impoverisce di amore e qualità.

Chiarito che il cibo percorre ed occupa ogni porzione del nostro essere, chiediamoci che cosa può accadere se non introduciamo il cibo giusto nel momento giusto.

Ingurgitiamo quantità industriali di cibo per placare il nostro vuoto esistenziale, poi andiamo a relazionare a dei colleghi sull’andamento  dei piani di borsa dei nostri ultimi investimenti in tema di energia ecosostenibile, ma non ci preoccupiamo della sostenibilità del nostro equilibrio energetico più sacro e profondo che poi firmerà i nostri comportamenti, le nostre scelte, lo stile che imprimiamo all’ambiente e lo stato d’animo che alimentiamo in coloro che ci ascoltano.

Quante forme di energia allora possono esistere? Di quante possiamo prenderne coscienza?

Scorre il tempo, quello della nostra vita ed il tempo dei tempi, e noi possiamo scegliere di accorgerci oppure no di tutto quello che possiamo chiamare energia.

Lungi dalle disquisizioni meramente filosofiche, occorre che ci educhiamo a reintrodurre, fra i significati vari di energia, forse quello più importante, la nostra energia, quella che determina la congruenza del nostro agire  dei sentimenti che condizionano le nostre chiavi di lettura nei confronti della vita, degli altri, dell’ambiente.

Proprio l’ambiente è più che mai il testimone purtroppo silenzioso e sofferente che racconta in questo modo ogni violenza subita da un fare collettivo in cui non è più possibile riconoscere le qualità più peculiari dell’umanità.

Le nostre strade sono costellate di rifiuti di ogni genere, gettati quasi sempre da automobili di passaggio i cui ospiti a bordo si sbarazzano di qualunque cosa, bottiglie, lattine ed ogni genere di oggetto, come se il problema della loro essenza d’uso finisse oltre quel finestrino dal quale lo abbiamo lanciato.

Percorrere le nostre strade è diventata occasione di dolore e tristezza per tante persone, che trovano tutto ciò deprimente e raccolgono dall’ambiente soprattutto energie negative che poi riversano nella propria interiorità.

Se così non fosse, perché ci rechiamo in vacanza in luoghi ameni che, tramite la propria bellezza, ci rinfrancano e generano in noi un rinnovato senso di benessere?

Immaginiamo le nostre rotonde, quelle che costeggiamo mentre ci rechiamo per esempio al lavoro: pulite, senza bottiglie e buste, rovi incolti. Immaginiamole belle, curate, piene di verde e fiori, capaci di illuminare ogni attimo in cui le guardiamo di benessere e felicità. Questo è un esempio di energia vivente, quella di chi vuole che un luogo sia così, quella di chi determina lo sfacelo di luoghi pubblici dove di passaggio è soltanto la nostra coscienza, quella che potremmo riversare attorno a noi in un comune ritmo di buongusto ed eleganza.

Energia vivente, energie viventi, qualità della vita collettiva per una maggiore qualità della propria vita.

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