L’Isola d’Ischia

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1909

Col tempo realizzo sempre di più l’idea di essere su un’isola.
Ma sono sicuro di poter ritornare a terra?
Quanto mare mi divide da Napoli?
Come per incanto, ad un certo punto, mi convinco che non vi saranno mezzi per tornare a Napoli e così comincio a pensare al sistema che potrei utilizzare per lasciare l’isola.
Penso ad una zattera e poi addirittura ipotizzo di attraversare quel tratto di mare a nuoto, ma guardo le onde infrangersi sugli scogli ed inizio a provare lo sgomento.
Nella mente mi si ripete: l’isola, l’isolamento, isolarsi e penso a quella gente che vive sull’isola, a quelle persone che forse sono andate via perchè non riuscivano più a viverci.
Poi mi viene in mente una frase di Grandgeorge quando dice :”E’ facile trovare degli Arsenicum in riva al mare…”.
Mi rendo conto della forza immane che mi ha catapultato fuori della stanza del mio albergo e mi ha portato proprio sul mare, quel mare di cui la notte ho inteso le onde infrangersi sulla terra come se volessero scavarla, come se volessero portarsi via la mia stanza.
La cefalea che mi ha svegliato l’ultima volta alle cinque del mattino e mi ha costretto a sedermi sul letto disperato e poi mi ha costretto a camminare per quella piccola stanza in preda ad una profonda angoscia, insieme ad una prostrazione profonda, assoluta, tanto da non avere la forza di respirare e da respirare appunto affannosamente é vinta dal isogno di uscire da quella stanza e raggiungere un altro luogo, ma quale luogo…difficile immaginare un luogo ove possa ritrovare la pace.
Mentre mi aggiro per la stanza, avverto prurito in tutto il corpo soprattutto al capo e sul tronco con bisogno di grattarmi però leggermente anzi di frizionarmi leggermente la pelle.
Avverto l’addome gonfio ed una straziante indecisione fra il trovare una posizione che mi dia sollievo dal dolore ed il bisogno di scappare via di là.
Avverto che il problema é in quella stanza o più precisamente al di sotto di essa.
Così trovo la forza di vestirmi e nel piegarmi in avanti per indossare i calzini e poi le scarpe e poi per allacciarle, mi sento malissimo ed ho la sensazione, avvicinando il capo al pavimento, di perdere completamente le forze.
Poi ho bisogno di defecare e subito dopo ho nausea con vomito limpido ed inodore come acqua.
In vita mia non ricordo di aver mai vomitato acqua.
Un immane senso di solitudine si impadronisce di me ed in alcuni momenti ho la sensazione di essere l’unico uomo, ma che dico, l’unica creatura vivente al mondo o forse nell’universo.
Il vento di levante mi porta tutta l’essenza del mare addosso e sento che mi entra dentro sgretolando qualunque mia sicurezza.
Improvvisamente dubito di esistere e probabilmente subisco il fascino della morte pur non desiderandola.
Nel frattempo guardo da lontano l’alberghetto dove alloggio e mi rendo conto che é davvero molto antico, rimesso a nuovo tanto quanto basta per offrire un confort dignitoso agli ospiti.
In un certo senso mi piace, pur rendendomi conto della sua “diversità”.
Penso a quella donna vestita di nero che ci ha accolto, al suo sguardo misterioso ed alla cura amorevole con cui si appresta alla preparazione dei pasti.
Mi chiedo perchè, pur essendo scritto all’ingresso della cucina: vietato entrare in cucina, la donna meticolosamente si cura di cucinare con la porta aperta e ricordo il rumore del coltello che affetta le melanzane sul tagliere, il profumo dell’aglio e i guizzi dell’olio bollente in cui la donna come una mamma perfetta adagia le sfoglie di melanzana.
Mi dico:”quanto amore e forse quanta solitudine”!
Istintivamente sento il passato di quella donna e mi rendo conto che é molto sola e che senz’altro le manca qualcuno.
Penso che ormai é molto difficile trovare un posto dove l’albergatore trasmette tutto questo bisogno di prendersi cura di qualcuno.
Eppure quel luogo mi invia altri messaggi, sono messaggi di un passato profondo…ad un certo punto penso che forse quell’albergo poteva essere stato un monastero con le sue celle ed i suoi silenzi.
Penso ai miei affetti, alle mie sicurezze d’amore ed al bisogno di viverle.
Penso a mio padre che non c’é più e lo sento vicinissimo sulla mia destra mentre si accosta e silenzioso si occupa di me.
Vorrei la compagnia di qualcuno, ma preferisco non disturbare nessuno.

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