L’arte della revisione

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L’arte della revisione

Potrebbe sembrare secondario occuparsi di un aspetto che non va per la maggiore, ma è proprio la sua rarità che può renderlo importante.

Infatti, se provassimo a sondare la collegabilità di un aspetto raro con i problemi che non sembrano risolvibili, potremmo trovare delle piste utili, per il miglioramento della vita.

Secondo voi, perché l’umanità subisce delle situazioni, che non riesce a risolvere?

Perché la realtà sembra articolarsi su alcuni limiti, che non possono essere superati?

Ordinariamente, viene ritenuta buona norma accettare i limiti, come se ciò fosse segno di maturità e di esperienza di vita.

Voglio fare esperienza della mia inesperienza.

Sembra quasi che una persona normale, per non crearsi problemi, debba accettare molte situazioni, che impongono limitazione, dolore, privazioni.

Il mio cervello non ha mai funzionato così, poiché ha istintivamente inaccettato qualunque così detta area di comfort.

Inaccettare è l’agonismo della negazione.

Significa che ove non quadravano i conti, non ha lasciato andare, pur praticando abitualmente la pazienza.

Non bisogna confondere la pazienza con la superficialità.

La prima consente di tollerare qualcosa che non va bene.

La seconda deprime l’intelligenza con cui si ravvisano i controlli da effettuare per vedere se è possibile migliorare la situazione.

Facciamo un esempio: sto guidando la mia autovettura, sento un rumore, all’inizio lieve, che poi aumenta, decido di sopportarlo, per non dimostrare intolleranza.

Passa qualche ora e, improvvisamente, sento un botto nel motore, la macchina si ferma con il motore in panne, capisco di aver sottovalutato un problema, che era grosso, e che adesso mi genera un danno serio, in quanto sono rimasto per strada, fuori nevica, ho poco carburante, il telefonino non funziona, non ho abiti sufficientemente caldi, non posso incamminarmi fuori dell’auto, perché è troppo freddo, chilometri dal più vicino centro abitato, non passa nessuno a soccorrermi…..è la fine.

Proviamo a rifare il percorso degli eventi.

Sono in auto, sento il rumore, che mi fa riflettere, decido di fare vedere la mia auto da un meccanico, che, aprendo il cofano motore, scopre che una puleggia sta per bloccarsi, mi illumina, la sostituisce, mi rimetto in marcia, al sicuro.

La differenza fra i due comportamenti possibili è sostanzialmente non avere avuto la stessa sicurezza di poter controllare un fenomeno che non riuscivo a comprendere.

Questo esempio la dice lunga, quando penso a tutte quelle volte che ho prestato attenzione a persone che magari non avrei degnato di troppa stima, ma mi hanno detto qualcosa, che mi ha cambiato la vita, in positivo.

Insomma, faremmo bene ad essere sicuri di tutto quello che non capiamo, piuttosto che di ciò che pensiamo di avere sotto controllo.

La regola si applica a qualunque ambito.

Parliamo della Medicina. Io sono un Medico, ma inseguo continuamente il baricentro delle mie sicurezze, come diceva Dante, sicché – ‘l piè fermo sempre era ‘l più basso – posando un piede sullo scalino più basso, senza disdegnare di sollevare l’altro alla ricerca di uno scalino più alto.

Saggia miscela di stasi e di volo, ricetta magica per non morire più velocemente di quanto già accada per destino naturale.

Ho dato in prestito la mia persona a mille rivoli di sapere, misti di un cemento di ignoranza, che ha legato i mattoncini, parvenze di scelte e di decisioni, mai troppo mie, mai troppo subìte.

L’esperienza professionale del Medico, mista di accadimenti fortuiti, trova la rotta nella soluzione delle incertezze, grazie a procedimenti reinsegnati dal dubbio.

Il problema è che parliamo di rotta, e non di punto di arrivo, quindi parliamo di direzione, ma non di un cammino compiuto.

Ho imparato a fermarmi, quando non capisco, ad azzerare le certezze, quando sento che non ho la chiarezza della situazione, a non sentirmi una nullità, se avverto che, nonostante tutto il lavoro svolto, capisco che ho sbagliato strada.

Quante volte ho ringraziato la Provvidenza di avermi fatto, anche faticosamente, ricominciare da zero.

Zero più zero uguale radice quadrata di più per più ancora.

Le procedure non sono analizzabili, a stabilimento aperto, dobbiamo fermarci per rivedere le logiche.

Davvero è il caso di dire:”essere o non essere”.

L’arte consiste nel fare del viaggio una meta, che si sposta sempre più, sapendo che qualcuno arriverà a dirci di modificare ancora una volta i ritmi, e gli stili, e che soprattutto faremo bene a non opporci con le nostre certezze.

Come si fa a capire se una nostra certezza è valida?

Semplice: basta fermarsi, e valutare se, da fermi, continua a sembrarci una certezza!

Come si fa a fermarsi, se si è costretti a procedere?

Semplice: si scandiscono i tempi interiori in modo che apparentemente rimaniamo in movimento e, invece, riusciamo ad ottenere un fermo immagini in sequenza, che possa farci vedere fermo ciò che è in movimento.

Oppure, facciamo finta di avere scherzato, così possiamo provare a fare più seriamente le cose.

Penso che prendersi troppo sul serio sia la principale causa di insuccesso.

Succede che non succede!

Non succede che succede!

Che confusione: meno male che non capisco più nulla.

Addio. Ci vediamo alla prossima revisione!

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